Sotto gli occhi distratti dell’Europa, pare profilarsi una staffetta istituzionale fra il Consiglio d’Europa e la Conferenza dell’Aja sul diritto privato internazionale volta ad approdare a una regolamentazione di fatto della maternità surrogata. In Francia, a lanciare l’allarme è lo stesso fronte femminista già in prima linea nell’organizzazione delle Assise per l’abolizione universale della maternità surrogata, ospitate il 2 febbraio dal Parlamento transalpino. Il 15 marzo sarà votato a porte chiuse all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa un controverso rapporto affidato alla ginecologa belga Petra De Sutter, figura che suscita da tempo forti riserve circa un conflitto d’interessi. Da una parte, infatti, la specialista ha ammesso di dirigere a Gand un’unità dove la maternità surrogata è già praticata, nonostante ciò sia possibile solo grazie a un vuoto legislativo nazionale in materia. Dall’altra, la ginecologa è pure una senatrice eletta nei ranghi ambientalisti, ovvero la rappresentante di un partito favorevole alla surrogata. Secondo l’analisi dell’associazione femminista Corp (Collettivo per il rispetto della persona), a cui dà voce la nota filosofa Sylviane Agacinski, per capire quanto sta accadendo occorre fare un passo indietro, tornando alla recente condanna della maternità surrogata da parte dell’Europarlamento di Strasburgo. Grazie a un emendamento adottato a dicembre nel quadro del suo Rapporto sui diritti dell’uomo e la democrazia nel mondo, la massima assemblea democratica continentale ha messo nero su bianco la sua «condanna» contro la «pratica della maternità surrogata che è contraria alla dignità umana della donna, il cui corpo e le cui funzioni riproduttive sono utilizzati come delle merci». L’Europarlamento «considera che questa pratica, per la quale le funzioni riproduttive e il corpo delle donne, soprattutto le donne vulnerabili nei Paesi in via di sviluppo, sono sfruttati a scopo finanziario o per altri profitti, deve essere proibita e che deve essere esaminata in priorità nel quadro degli strumenti di difesa dei diritti dell’uomo». Secondo Corp una condanna tanto netta da poter scombinare i piani delle lobby pro-surrogata può essere probabilmente aggirata solo attraverso un sofisticato grimaldello giuridico: il ricorso al principio di una necessaria «regolamentazione internazionale» di fronte alla varietà di quadri legali nazionali esistenti. In proposito, la lettura del rapporto De Sutter rivela una particolare insistenza proprio sul processo di «regolamentazione». Fra le raccomandazioni del rapporto si può leggere in particolare che l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa «dovrebbe incoraggiare sia gli Stati membri del Consiglio d’Europa, sia il Comitato dei ministri a collaborare con la Conferenza dell’Aja sul Diritto privato internazionale privato tenendo conto dei diritti umani e delle questioni etiche legate alla maternità surrogata all’interno di qualsiasi strumento multilaterale che possa risultare da questo lavoro». Al contempo, come ha appena ricordato un’esperta di questioni etiche aderente a Corp, Ana-Luana Stoicea Deram, l’istituzione dell’Aja finora non ha mai neppure risposto alle sollecitazioni del fronte associativo internazionale, anche perché la Conferenza non ha scopi strettamente etici: nel caso della surrogata l’istituzione si è anzi mostrata «orientata fin dall’inizio, in modo deliberato ed esclusivo, verso le parti che hanno un interesse diretto e finanziario in questa pratica». Come tante altre voci del campo abolizionista, l’esperta di Corp osserva che «la Conferenza dell’Aja non s’interroga sulla compatibilità della maternità surrogata con la dignità umana, ma la considera come una pratica già insediata, che si svolge secondo regole differenti da un Paese all’altro, e che procura, a causa di queste differenze, delle difficoltà alle parti interessate».Il rapporto De Sutter lascia l’impressione di una logica di fondo in gran parte analoga, corroborata da un altro dettaglio inquietante denunciato da Corp: da settimane il Consiglio d’Europa e la Conferenza dell’Aja sembrano addirittura «allineare le proprie agende», come per agire di concerto il 15 marzo e in seguito. Per aggirare meglio il recente "imprevisto democratico" giunto da Strasburgo?