Vita

Ricerca. «Mamma dopo il tumore al seno»: la storia di Benedetta, la sfida di Laura

Enrico Negrotti giovedì 17 ottobre 2024

Mamma Benedetta e papà Marco con una delle loro bimbe, Sole

Il tumore al seno rappresenta una delle patologie oncologiche più diffuse e anche tra le più impattanti per la vita di chi ne viene colpito. In Italia ogni anno oltre 55mila donne (e 500 uomini) ricevono questa diagnosi. Fondazione Airc per la ricerca sul cancro aderisce alla campagna Nastro Rosa che in tutto il mondo, nel mese di ottobre, si sviluppa per sensibilizzare la popolazione sulla necessità di fare prevenzione e diagnosi precoci, e per sollecitare un sostegno concreto ai ricercatori. Infatti, nonostante gli ottimi progressi ottenuti finora, con un aumento delle donne che sono vive dopo 5 anni dalla diagnosi – passate dal 78% del 1992 all’88% di trent’anni dopo –, resiste un 12% di pazienti per le quali non ci sono terapie valide. Ecco perché il “nastro rosa” della Fondazione Airc appare “incompleto”: indica che manca ancora uno sforzo per offrire prospettive di guarigione a tutti. Di qui le campagne di raccolta fondi, grazie anche alla collaborazione di molte aziende (tutte le notizie su www.nastrorosa.it), per offrire sostegno a circa 6mila ricercatori. «Il traguardo che vogliamo raggiungere (curare tutte le donne con tumore al seno) è ambizioso – osserva Anna Mondino, da settembre direttrice scientifica di Fondazione Airc – ma la storia della Fondazione ci insegna che ciò che sembrava impossibile alcuni anni fa è diventato oggi realtà scientifica».

Quest’anno la campagna di Fondazione Airc si avvale della figura di una testimone, Benedetta, ora felicemente sposata con Marco e mamma di Sole e Noa, ma che a 25 anni dovette affrontare il tumore. «La diagnosi fu una doccia fredda. C’è voluto molto tempo per metabolizzare la malattia, anche se non posso dire di averla “accettata”. Ricordo che cosa provavo guardandomi allo specchio. Non trovai nemmeno sollievo dagli amici, più interessati a sapere come l’avessi scoperto che a chiedermi come stessi». E Benedetta stava male: non solo la assalivano le “classiche” domande («Perché a me?») ma cure, operazione chirurgica e farmaci l’avevano abbattuta. Nel momento più buio, la luce dell’incontro con Marco: «È andato oltre le mie paure, la mia malattia e il mio limite. In pochissimo tempo abbiamo costruito una famiglia stupenda con le nostre due bambine». Anche la gioia della maternità si è portata dietro preoccupazioni: «Volevo allattare mia figlia, ma temevo di non riuscirci con un seno solo – ricorda Benedetta –. Invece non soltanto ho allattato Sole per 19 mesi, ma per un certo periodo ho allattato contemporaneamente anche Noa. Poi ho dovuto svezzare la più grande, ma continuo con la più piccola: sto allattando da 36 mesi. Un fatto che mi ha riempito di orgoglio e che rappresenta un riscatto personale».

Il ruolo di testimone per Airc «prosegue un impegno avviato subito. Ho ripetuto ovunque – osserva Benedetta – il consiglio di prendersi cura di sé, fare prevenzione e diagnosi precoce: possono salvarci la vita. Essere volto della campagna Airc significa poter diffondere il messaggio a un numero di persone ancora maggiore». Ma oltre alla consapevolezza e alla prevenzione, serve ricerca per combattere la malattia. Per questo nel 2024 Fondazione Airc ha stanziato oltre 14 milioni di euro per sostenere progetti di ricerca e borse di studio. Tra i beneficiari c’è Laura Cerchia, coordinatrice di un gruppo di ricerca all’Istituto per l’endocrinologia e l’oncologia sperimentale (Ieos) del Cnr a Napoli: «Siamo focalizzati sullo sviluppo di terapie innovative per aggredire il tumore al seno triplo negativo. Si tratta di una forma che rappresenta circa il 15% di tutti i tumori al seno, ma è molto più aggressivo, insorge in genere in giovane età, e a differenza di altri carcinomi mammari ha opzioni terapeutiche molto limitate». Infatti la maggior parte dei tumori al seno «presenta sulla propria superficie alcune proteine che sono diventate bersaglio di terapie mirate con farmaci innovativi: il recettore degli estrogeni, il recettore del progesterone, la proteina Her2. Invece le cellule del tumore “triplo negativo” sono negative per queste tre proteine, e pertanto non possono essere colpite con le terapie mirate a disposizione». Ne deriva che le cure utilizzate contro questo tipo di tumore si limitano alla chemioterapia: farmaci con molti effetti collaterali, perché colpiscono sia le cellule tumorali sia quelle sane. «In più – sottolinea Cerchia – la maggior parte dei tumori triplo negativi sviluppa una resistenza ai farmaci, progredisce e diffonde metastasi. È il motivo per cui la mortalità di questi tumori è molto più alta degli altri carcinomi mammari».

Ecco perché l’approccio innovativo del gruppo dell’Ieos di Napoli fa intravedere prospettive incoraggianti. «L’obiettivo del nostro progetto di ricerca finanziato da Airc – racconta Laura Cerchia – è quello di sviluppare nuove strategie terapeutiche mirate, con farmaci innovativi, contro il tumore al seno triplo negativo». Spiega la ricercatrice: «Abbiamo sviluppato nanoparticelle riempite con farmaci antitumorali e “decorate” in superficie (cioè rivestite) con nuove molecole che sono capaci di riconoscere in modo molto specifico le cellule del tumore triplo negativo, perché si legano a proteine presenti unicamente sulle cellule di questo tumore». Si tratta di una tecnologia del tutto innovativa: «Queste molecole di riconoscimento si chiamano “aptameri”, corti filamenti di Rna, che il mio gruppo di ricerca – chiarisce Cerchia – produce in laboratorio grazie a una tecnologia che abbiamo noi stessi sviluppato, validata negli anni e brevettata. Gli aptameri hanno la capacità di riconoscere la cellula tumorale-bersaglio, attaccarsi e far entrare in maniera mirata i farmaci antitumorali, senza danneggiare le cellule sane». Non solo: le nanoparticelle con aptameri possono attaccarsi anche «alle cellule stromali, il microambiente che circonda il tumore, che ne favoriscono la crescita e la diffusione metastatica». Ma il gruppo di Laura Cerchia è andato oltre: «Abbiamo prodotto otto aptameri, che legano le proteine presenti sul tumore triplo negativo, con cui abbiamo sviluppato diverse tipologie di nanoparticelle caricate con diversi tipi di farmaci, da veicolare contemporaneamente per ridurre il rischio che il tumore sviluppi resistenze. Il tutto avvicina alla possibilità di realizzare terapie personalizzate».

I risultati finora sono promettenti: «Non solo in laboratorio, ma anche nei topi – precisa Cerchia – si è osservata una inibizione pressoché completa della crescita del tumore triplo negativo». Il prossimo obiettivo è la sperimentazione clinica: «Speriamo di realizzare i primi test di tossicità entro cinque anni», conclude Cerchia.