Vita

Sanità. Malattie rare, varata la nuova legge. Malati e famiglie apprezzano

Enrico Negrotti mercoledì 3 novembre 2021

Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica

Malattie rare, varata la nuova legge, che era attesa da una popolazione stimata in 2 milioni di persone in Italia. Stamani, come previsto, c'è stata l'approvazione da parte della XII commissione Igiene e sanità del Senato, riunita in sede deliberante. «Il testo del disegno di legge, licenziato dalla Camera, è già stato vagliato e condiviso all’unanimità dalla XII commissione. Viste le premesse, ci auguriamo che l'approvazione finale avvenga senza ulteriori intoppi» auspicava ieri Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo, la Federazione italiana delle associazioni di persone con malattie rare. E così è stato.

Molti i punti qualificanti, apprezzati dalle associazioni dei pazienti: «Innanzitutto la creazione del Comitato nazionale per le malattie rare, una sorta di “cabina di regia” con la presenza di tutti gli attori del sistema (ministeri, Aifa, Inps, società scientifiche, associazioni dei pazienti). Non ci illudiamo di avere risolto tutti i problemi, ma è importante avere un luogo di confronto istituzionale e strutturato, perché nel corso degli anni abbiamo visto che gli enti pubblici ai diversi livelli faticano a parlarsi».

Altrettanto cruciale, per un discorso di equità, «la norma che stabilisce che i farmaci approvati dall’Aifa diventino disponibili subito su tutto il territorio nazionale, mentre attualmente possono esserci mesi di differenza nell’ingresso nei diversi Prontuari farmaceutici regionali». «Poco più che un segnale» è il fondo di solidarietà istituito («poco più di 50 centesimi l’anno per ogni paziente»), ma «gli incentivi alla ricerca, dati dall’aumento dell’aliquota per le aziende e da uno sgravio fiscale su alcuni studi, possono aiutare a mettere a norma un sistema e costituiscono un inizio».

Anche se molti provvedimenti dovranno attendere l’emanazione dei decreti attuativi, Uniamo ritiene un fatto positivo l’approvazione della legge, in lavorazione da due anni. Oltre alla legge, molti temi sono stati affrontati ieri a Firenze, nell’ambito del Forum Sistema Salute, agli Stati generali sulle malattie rare. Infatti le problematiche sul tappeto restano molte, anche in relazione a come inciderà sul Servizio sanitario nazionale il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che destina alle malattie rare 100 milioni per la ricerca (da dividere con quella sui tumori rari).

«Su tutti spicca il modello di presa in carico – spiega Scopinaro –. Per la medicina del territorio si parla di case di comunità: bisogna capire quale ruolo avranno nel percorso di un paziente che ha bisogno di cure estremamente specialistiche, e di terapie domiciliari, e allo stesso tempo che il territorio sia in contatto con il proprio centro specialistico di riferimento. Il modello “case di comunità” funziona se è polo di coordinamento, “cuscinetto” tra il paziente e i centri della Rete delle malattie rare (che è molto specifica e preziosa). E se la casa di comunità diventa il luogo dove il paziente trova una serie di specialisti che lo valutano e seguono in équipe».

Altre difficoltà per i pazienti, attualmente, sono i ritardi nell’implementazione dei Livelli essenziali di assistenza: «I nuovi Lea sono stati approvati nel 2017, ma molte prestazioni esistono solo sulla carta, perché mancano i decreti attuativi relativi al nomenclatore e al tariffario. E tante patologie restano ancora escluse ». Sui Lea i malati rari hanno alcune necessità inderogabili: «Non possono essere aggiornati ogni cinque anni, perché le terapie sono in continua crescita, e vanno integrate celermente tra le prestazioni garantite».

In più, puntualizza Scopinaro, c’è un problema di equità: «Molte prestazioni utilizzate dai malati non sono inserite nei Lea: mi riferisco a farmaci di fascia C, oppure a integratori e cosmetici, che non sono salvavita, ma che per i malati rari possono essere decisivi per un miglioramento della qualità della vita. Per loro bisognerebbe prevederne l’inserimento dei Lea, perché c’è una forte disparità basata sulla residenza del paziente: alcune Regioni riescono a garantire queste prestazioni con finanziamenti extra Lea. Quelle in piano di rientro (perlopiù al Centro-Sud) non possono per legge». La Federazione Uniamo auspica che per i malati rari si giunga «al finanziamento a funzione, come accade per i Pronto soccorso. Finora le prestazioni del Ssn sono pagate singolarmente, ma per le malattie rare spesso serve un insieme di professionalità che lavorano insieme, e la presa in carico deve essere multidisciplinare con consulti tra specialisti diversi.

Con il finanziamento a funzione (decreto legislativo 502/92), l’ospedale farebbe meno fatica a sostenere la presa in carico multidisciplinare del malato raro, stabilita dalle leggi e dalle linee guida scientifiche, avrebbe una compensazione del lavoro aggiuntivo e sarebbe incentivato a potenziare i reparti destinati ai malati rari». Inoltre «le terapie innovative hanno bisogno di interventi infrastrutturali, soprattutto al Centro-Sud, meno dotato di centri di riferimento. È un problema sostanziale di equità ».

Il Covid ha “rilanciato” la telemedicina: «Ma non dobbiamo ridurla alla telefonata per sapere come sta il malato. Occorre incrementare le prestazioni e le dotazioni tecnologiche (per esempio radiografi portatili) che permettano al paziente di essere seguito con più agio al proprio domicilio. È in gioco una fetta importante di qualità della vita. Oltre al fatto che la teleassistenza non deve valere solo tra medico e paziente, ma anche tra medico e medico, tra ospedale specializzato e assistenza sul territorio».