Vita

èVita. Malati di Sma, un futuro dopo Stamina?

Francesca Lozito venerdì 2 ottobre 2015
Carrozzine super veloci, palloncini colorati, tutori per tenere in piedi bambini che da soli non riuscirebbero. Genitori che dialogano e si scambiano informazioni, sostegno e amicizia. Medici che seguono passo passo il cammino di questi bambini, che gioiscono dei progressi. Che non dimenticano le sofferenze. Il popolo dei malati di Sma, l’atrofia muscolare spinale, è tutto in quest’immagine: una famiglia allargata che, in vent’anni, è cresciuta insieme. E che insieme oggi vive il delicato passaggio di due trial clinici – le sperimentazioni – arrivati alla fase di testaggio sulle persone e che, se andranno a buon fine, potranno dare una possibilità di cura lì dove ancora non c’è guarigione, in tutte le forme di Sma.
Anita Pallara ha 26 anni, vive a Bari e ha la Sma 2. Si sta per laureare in psicologia: «Dopo la vicenda di Stamina, nonostante una parte delle famiglie si sia staccata dal gruppo per tentare la strada della terapia di Vannoni, la maggioranza è rimasta unita. A partire dal quotidiano: ci sono bimbi con la Sma che vanno all’asilo, stanno con gli amici». Una ragazza solare Anita che fa, nonostante le grosse limitazioni della malattia, cose come i ragazzi della sua età che non sono in carrozzina: la scorsa estate ha partecipato alla maratona Color run. Anche lei spera nella ricerca: «Abbiamo portato in Italia due trial. Che non sono ancora una cura (la sperimentazione sull’uomo è cominciata lo scorso maggio, ndr) ma sono promettenti. Le nostre famiglie sono molto unite, sanno che bisogna aspettare. E sia le famiglie che sono entrate in sperimentazione sia quelle come me che seguono l’evolversi dello studio dall’esterno, stiamo facendo il tifo perché questo diventi un trattamento per tutti».A che punto è dunque la ricerca? La sperimentazione clinica al momento in corso in Italia con il farmaco «Isis-Smnrx» coinvolge il Policlinico Gemelli di Roma, l’Istituto Gaslini di Genova e il Policlinico di Messina. In Italia al momento sono più di 20 gli arruolati per la fase 3, quella con l’obiettivo del controllo dell’efficacia. Nonostante non sia ancora possibile diffondere i dati raccolti, il professor Eugenio Mercuri, responsabile della sperimentazione per il Gemelli, afferma che gli effetti collaterali finora registrati sono stati irrilevanti.A Mercuri si deve gran parte del lavoro di questi anni per cui l’Italia è stata coinvolta nella sperimentazione mondiale. Al recente congresso di Famiglie Sma a Bologna ha voluto dare un segnale di realistico ottimismo: «Possiamo lavorare bene sul presente – ha detto – per darvi un futuro migliore». La sperimentazione chiamata «Moonfish», invece, che ha coinvolto in Italia 5 pazienti dai 2 ai 55 anni in fase 1b, la fase deputata ad accertare la sicurezza del prodotto, al momento è stata interrotta in quanto in alcuni test di controllo paralleli sui macachi è stata riscontrata un’anomalia a livello oculare nel momento in cui è stato somministrato un alto dosaggio del farmaco. Si attende la decisione degli organi di controllo su come portarla avanti.
E intanto c’è l’assistenza da garantire a tutti: è di qualche giorno fa l’appello dei genitori di Noemi Sciaretta, che vennero ricevuti due anni fa da papa Francesco, a non essere abbandonati. E le persone che vivono la Sma sulla propria pelle sanno molto bene che la chiave fondamentale è fare rete.Dice ancora Anita: «La grande differenza rispetto a cinque-sei anni fa è che oggi quando una famiglia riceve una diagnosi di Sma non è sola, una rete le si crea attorno sia sui social che come associazione. La sosteniamo sia per la parte pratica che psicologica. Tante persone che pensavano di essere sole, sono entrate nella comunità e ora ci si appoggia le une alle altre, in tante circostanze».Il numero verde 800.58.97.38 è sempre aperto per le famiglie che chiedono aiuto all’associazione. «In questo modo è l’associazione che si interfaccia con la Asl, con il Comune, che cerca di trovare la soluzione migliore. Magari a una famiglia è più facile che venga detto di no, a unì associazione risulta più difficile», dice ancora la giovane barese. In questi giorni è in corso la campagna di raccolta fondi e di sensibilizzazione di Famiglie Sma: con un sms 45508 (con il quale è possibile donare 2 euro da qualsiasi operatore telefonico) e tanti banchetti nelle piazze italiane sabato e domenica. Tra le iniziative per cui si chiede il finanziamento, i centri Smart che fanno da tramite tra le famiglie e gli specialisti.Dice Daniela Lauro, presidente di Famiglie Sma: «Anche grazie all’aiuto che gli italiani ci hanno dato abbiamo potuto portare questi trial in Italia. Ma abbiamo anche garantito l’assistenza attraverso i centri Smart a dieci regioni italiane».Hanno una forte senso di concretezza misto alla speranza questi genitori. Sostiene il papà di Orlando che ha la Sma 1: «Cerco di capire non com’è vivere con la Sma, ma com’è vivere con mio figlio. La scienza non dà false speranze. È concreta».