Il governo interverrà con un decreto legge «prima della pausa estiva» a regolamentare il ricorso alla fecondazione eterologa - ossia con l’intervento di "donatori" esterni alla coppia - introdotto dalla sentenza della Corte Costituzionale del giugno scorso. Sentenza che "smontava" il divieto contenuto dalla legge 40.Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin in commissione Affari Sociali della Camera, in un clima di grande rispetto fra esponenti politici portatori di diversa visione sul delicato tema, ha esposto i nove "paletti" che ispireranno il provvedimento. Interventi in larga misura condivisi, anche perché frutto delle riflessioni e delle proposte del tavolo tecnico - composto da 23 esperti e responsabili di centri clinici pubblici e privati - convocato dal ministero all’indomani della decisione della Consulta. Ma il vero argomento di discussione è proprio lo strumento con cui intervenire a limitare il rischio di "fai-da-te".Il ministro, a fronte delle obiezioni di esponenti del Pd e anche di Sel che continuano a ritenere sufficiente un intervento amministrativo (con un’estensione delle linee guida che la legge 40 già prevede in capo al ministero), ha spiegato perché si rende invece necessario un intervento di tipo legislativo, con un decreto del governo che dovrà poi andare alla ratifica del Parlamento. Per scongiurare «fughe in avanti» delle Regioni, con la Toscana che ha già adottato le sue linee guida. La forma del decreto è stata quindi dettata «dall’urgenza di dare omogeneità su tutto il territorio». Nessuna intenzione di rinviare, però. Il ministro assicura che «si potrà partire già da settembre». E l’eterologa rientrerà nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), fra le prestazioni garantite a tutti i cittadini e sarà dunque a carico del Servizio sanitario nazionale.Fra i paletti previsti, il limite di 10 donazioni in capo alla stessa persona, con l’eccezione prevista per eventuali richieste da parte delle coppie di una nuova donazione dalla stessa persona. Il limite ricalca la media delle previsioni in vigore in altri Paesi, anche se il Tavolo tecnico aveva ipotizzato un numero più elevato. Previsto per il "donatore" anche un intermezzo di età di 18-40/45 anni per gli uomini e 20-35 per le donne. Pur escludendo la «garanzia del figlio sano» si prevedono inoltre dei test genetici per evitare di propagare su larga scala gravi malattie genetiche, come ad esempio la fibrosi cistica.Possibile anche la «doppia eterologa», ossia la donazione sia del gamete maschile sia di quello femminile. Piena condivisione del principio del divieto di commerciabilità: sarà previsto per il "donatore" solo un «rimborso delle spese effettive».Verrà istituito presso l’Istituto superiore sanità, nell’ambito del Centro nazionale trapianti, un Registro Nazionale donatori a cui le strutture autorizzate dovranno far riferimento per permettere la tracciabilità completa donatore-nato. Questo però introduce il delicato tema della contemperazione fra diritto del donatore all’anonimato e diritto a conoscere le proprie origini che non può essere negato ai nati da eterologa. Non foss’altro per ragioni sanitarie che potranno manifestarsi, ma anche per garantire un naturale diritto della persona. Su questo però non c’è identità di vedute, e il ministro si augura una «laica riflessione» del Parlamento.
Le reazioniPaola Binetti (Udc), alla luce di tutte queste criticità, ha difeso la
ratio che aveva portato a prevedere un divieto di questa pratica. Ma per Eugenia Roccella (Ncd), in questa fase, occorre concentrarsi sugli aspetti medici, essendo ormai sanciti i temi giurisdizionali. E mentre per il Pd la capogruppo Donata Lenzi, Barbara Pollastrini e Michela Marzano, al pari della capogrupppo di Sel Marisa Nicchi, continuano a dire no al decreto, Roccella si schiera con il ministro, che ricorda: «Non stiamo parlando di somministrare antibiotici». «Non bastano le le linee guida - concorda Roccella - l’esperienza di altri Paesi impone un intervento legislativo, soprattutto con lo sguardo ai diritti dei nuovi nati».Visto il significativo mutamento della Legge 40, per il presidente del Forum delle Associazioni familiari,
Francesco Belletti, «non si può procedere alla cieca, ma è dovere delle istituzioni (in questo caso del Ministero) costruire nuove procedure, per fare in modo appropriato quello che prima non si poteva fare. Non si tratta di problemi marginali: l’anonimato del donatore, il numero di donazioni possibili, la gestione delle differenze tra le diverse “forme” della genitorialità, l’organizzazione delle varie banche dati, le procedure, la gestione dei possibili conflitti tra le diverse “maternità” che entrano in gioco…». Se la fecondazione eterologa sarà inserita nei Livelli essenziali di assistenza "perché non inserire anche l'adozione?". Questo il commento di
Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello, presidente e copresidente nazionali dell'Associazione Scienza & Vita. "Nell'apprendere che la fecondazione eterologa sarà inseritanei Livelli essenziali di assistenza - affermano in una nota -non possiamo fare a meno di chiederci perché lo Stato non siattivi allo stesso modo per le adozioni, che rappresentano unarisposta all'infertilità che esiste già e che coinvolge migliaiadi coppie che ora sono vittime di un'ingiustificata disparità edi un'inaccettabile disuguaglianza. Forse - si chiedono - sonoconsiderate meno adatte all'accoglienza della vita di chisceglie l'opzione artificiale?".