L'attivista. Abby Johnson (Unplanned): «Così ho denunciato la clinica degli aborti»
Abby Johnson
Le vittime dell’aborto? Sono tre: la madre, il bambino e la società. Abby Johnson, autrice del libro-rivelazione 'Unplanned' (non previsto, inatteso) che nel 2010, partendo da una imprevista esperienza personale, ha denunciato la squallida realtà delle cliniche per gli aborti, e a cui si è ispirato l’omonimo film che il 28 e 29 settembre è stato proiettato in 40 sale italiane, risponde alle domande di Avvenire dagli Stati Uniti (il libro è stato tradotto in Italia da Rubettino con il titolo 'Scartati. La mia vita con l’aborto' ed è ora in libreria con una ristampa).
Signora Johnson, quando ha iniziato a lavorare a Planned Parenthood che aspettative aveva?
Pensavo ciò che tutti pensano quando vanno a lavorare per una clinica degli aborti: che avrei aiutato le donne.
Pensava cioè di poter anche aiutarle a tenere i figli?
La nostra missione a Planned Parenthood era di spingere per l’aborto, a qualsiasi costo. Dovevamo raggiungere delle quote. Avevamo modi eccellenti per convincere le donne ad abortire. A causa della mia esperienza terribile con la pillola abortiva Ru-486, cercavo di indirizzare le donne verso altre opzioni.
Prima di lasciare Planned Parenthood aveva avuto problemi di coscienza?
Ho iniziato a capire che Planned Parenthood non si prendeva davvero cura delle donne. Ciò a cui erano interessati erano i soldi e la maggior parte dei soldi arrivava con gli aborti. Così mi fu chiesto di au- mentare la quota di aborti, di convincere le donne a interrompere la gravidanza. Questo fu l’inizio dei problemi con i miei datori di lavoro.
Dopo aver lasciato Planned Parenthood, ha avuto pressioni da loro o da attivisti pro-aborto?
Ho lasciato Planned Parenthood nell’ottobre 2009 dopo aver assistito all’aborto, con una sonda ecografica, di un feto di 13 settimane. L’anno precedente ero stata premiata come dipendente dell’anno. Mi hanno citata in giudizio dopo che me ne sono andata, cercando di fermarmi dal testimoniare pubblicamente ciò che facevo lì dentro.
E com’è finita?
Il giudice ha rigettato la causa, dicendo che era stata una completa perdita di tempo. Planned Parenthood non ha più citato in giudizio né me né i produttori del film 'Unplanned'.
Altri colleghi hanno seguito il suo esempio?
Prima non c’era nessuno che aiutasse i dipendenti delle cliniche degli aborti a lasciare il proprio impiego. Da quando ho iniziato a parlare, abbiamo aiutato 600 dipendenti ad abbandonare.
Il film 'Unplanned', tratto dal suo libro, è stato boicottato e censurato in molti Stati americani e in Canada. Anche in Italia l’uscita del film è stata contestata. Perché è così difficile mostrare la verità sull’aborto?
Se la mia storia non fosse vera, Planned Parenthood mi avrebbe denunciata molto tempo fa. Non l’ha più fatto. La mia storia non è unica, molti dipendenti delle cliniche degli aborti che abbiamo aiutato a uscire dal business hanno raccontato storie simili in diversi parti del Paese.
Quando ripensa ai due aborti cui si è sottoposta da giovane che sensazioni prova?
Io sono stata già perdonata, anche se penso ogni giorno ai miei due bambini. Sono grata per il dono della misericordia di Dio.
Molti sostengono che l’aborto è un diritto delle donne. Cosa ne pensa?
L’aborto uccide i bambini non nati e ferisce irreparabilmente la donna. Le donne dovrebbero sapere cosa sta succedendo dentro il loro corpo e al loro bambino. Questo è l’autentico consenso informato.
Il film mostra senza ombra di dubbio che le vittime di un aborto sono due, la donna e il bambino. Perché così tante persone rifiutano questa verità?
Io penso che le vittime di un aborto siano tre: il bambino, la mamma e la società. Perché la società perde così tanto con l’aborto. In molti ora rifiutano di vederlo. Ma sento che presto ci sarà una conversione. Mi piacerebbe immaginare che il Texas (dove è stata approvata una legge che vieta l’interruzione di gravidanza dal momento in cui si avverte il battito cardiaco del feto, ndr) sarà un modello per tutti gli Stati.
UNPLANNED, IL FILM PIU' VISTO PER SALA
Dopo avere conquistato nei giorni scorsi, alle anteprime, il primo posto nella classifica Cinetel come numero di spettatori per sala, il film “Unplanned” ha fatto altrettanto martedì sera nella prima delle due giornate di proiezioni in 40 sale dell’intero territorio nazionale. E nonostante l’esiguo numero di schermi rispetto a kolossal come “Dune” (il più visto, con 24.519 spettatori) o “Space Jam” (secondo con 14.699), il film ispirato alla storia di Abby Johnson risulta al nono posto della classifica Cinetel con 1.908 presenze nella sola giornata di martedì (5.738 totali finora). A portare “Unplanned” in Italia dagli Stati Unti (dove è uscito nel 2019) è stata Federica Picchi, fondatrice di Dominus Production: «Ora si potrà farlo vedere nelle scuole, nelle sale della comunità, alle associazioni e a privati cittadini che vogliano organizzarne la proiezione». Scrivere a info@unplanned.it.