Vita

La storia. Nicole, 13 anni, e la sindrome di Pandas: «Un lupo nella mia vita»

Maria Cecilia Scaffardi, da Parma mercoledì 9 ottobre 2024

Nicole Minardi premiata al Quirinale dal capo dello Stato Sergio Mattarella il 13 maggio 2024

Una madre può andare a dormire tranquilla per poi svegliarsi la mattina dopo e non riconoscere più suo figlio. Non capisce cosa sia entrato nel corpo del bambino, che improvvisamente inizia a sviluppare strani tic e comportamenti inusuali. Lo testimoniano le storie di tanti genitori che si trovano a vivere con un figlio colpito dalla sindrome Pans Pandas. Il 9 ottobre è la Giornata mondiale della consapevolezza di questa patologia oscura. Le famiglie sono protagoniste di una conferenza a Palazzo Chigi su «Le neuroinfiammazioni di origine autoimmune» organizzata dall'associazione di genitori Pans Pandas Gbe insieme ad Alessandra Locatelli, ministra per le Disabilità. «Da tanti anni – dice la ministra – si parla della Pandas/Pans, è arrivato il momento per cercare di unire il tema della ricerca, della diagnosi precoce, del benessere bambino e famiglia, per portarlo all’attenzione di tutti e magari anche riuscire a ottenere questo riconoscimento». La sindrome Pandas/Pans è una malattia rara che si manifesta con sintomi prevalentemente neuro psichiatrici post infettivi provocati da batterio, virus o altro fattore scatenante, e che non è ancora riconosciuta in Italia. «Davanti a una sofferenza così grave – aggiunge Locatelli – credo sia necessario fornire tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione dal punto di vista sanitario, sociosanitario e sociale, per garantire un percorso più equo a tutti i bambini». Una storia aiuta a capire di cosa stiamo parlando.

Succede che i mostri e gli animali feroci, protagonisti delle favole o di racconti avventurosi, prendano forma nella vita di ogni giorno. Così, nella giovane esistenza di Nicole Minardi – 13 anni, di Parma – è apparso un lupo, che incarna la crudeltà di una malattia ancora troppo poco conosciuta e riconosciuta, la Pandas. Un lupo che la stessa Nicole ha descritto nel libro dove si racconta Sindrome Pandas. Il mio viaggio nell’oscurità; un lupo dall’aspetto bello, con occhi gialli che la guardano, mentre lei – stremata – attende l’affondo dei denti. Non solo. Compaiono anche scorpioni che attraversano la sua schiena, facendola contorcere e procurandole molta sofferenza, al punto da chiedere aiuto alla mamma per poterli cacciare via.

In questo viaggio di Nicole si presenta anche un cavaliere armato: immagine che non rappresenta la forza ma la pesantezza che invade il suo corpo, lo rallenta, fino quasi a immobilizzarlo. E tunnel bui, fulmini, rami che prendono il posto di braccia avvinghianti, pronte per afferrarla... L’oscurità, così minacciosa, è alla fine attraversata da farfalle colorate, che la coprono come una soffice coperta e parlano della sua guarigione, quando la stessa Nicole si sente finalmente libera di volare.

Sembrano frammenti di incubi notturni, e invece raccontano – con crudo realismo – il percorso di Nicole e della sua famiglia, anche lei aggredita da questo “lupo”. Che ha fatto irruzione quando Nicole aveva solo tre anni. Il nome al lupo, cioè la diagnosi, è arrivato solo quando lei aveva 10 anni. Sette anni di sofferenze, di buio, in cui ha dovuto fare i conti – come lei stessa ci spiega – «con una malattia brutta, che toglie dignità e ti fa essere una persona che non vuoi essere», non compresa dagli altri, che ti prendono per matta. Provocando non solo uno stigma, ma anche diagnosi errate e, di conseguenza, terapie inadeguate, basate in particolare su psicofarmaci. Mentre, - spiega la mamma – «basterebbero antibiotici, penicillina, un’alimentazione corretta e integratori».

Il lungo viaggio di Nicole testimonia che «la Pandas è una malattia da cui si può guarire, soprattutto se presa agli esordi». Per questo Nicole ha vinto la sua timidezza e riservatezza, mettendoci la faccia e facendosi voce di tanti suoi coetanei che aspettano la cura e i farmaci giusti. Ha scritto alle istituzioni, sia locali che nazionali. Arrivando anche all’incontro col Papa. «Vorrei salvare i bambini che ancora non hanno una diagnosi e far conoscere questa sindrome». Sostenendoli, invitandoli a «essere forti, a continuare a lottare e a non mollare mai». Coraggio e determinazione che le sono anche valsi recentemente il riconoscimento di “alfiere della Repubblica” da parte del presidente della Repubblica Mattarella.

Ma la sua battaglia non è ancora terminata: c’è ancora da fare per far conoscere ai medici questa malattia, e per farla riconoscere, in modo che i farmaci necessari vengano approvati e non siano a carico dei familiari. Come sta avvenendo, ad esempio, anche in Emilia Romagna. Uno dei compiti che attende il nuovo governo della Regione.