La storia. La villa seicentesca dove i malati di Alzheimer ricostruiscono il loro mondo
Uno scorcio di Villa Cenacolo
Adattare la realtà alle necessità dell’altro senza pretendere che avvenga il contrario. È la rivoluzione compiuta con il “Paese Ritrovato”: un piccolo borgo a due passi dalla Reggia di Monza in cui gli abitanti sono tutte persone con il morbo di Alzheimer che vivono in appartamenti protetti ma che possono muoversi in modo autonomo nella piazza, nei negozi, al cinema, nella chiesa. Il regista Marco Falorni lo ha reso il protagonista del suo docufilm “La Memoria delle Emozioni”, presentato durante la 80esima Mostra del Cinema di Venezia. È un racconto che supera una narrazione stereotipata della malattia, e che l’Rsa Villa Cenacolo di Lentate sul Seveso, in provincia di Monza e Brianza, ha scelto di proiettare, in presenza del regista, oggi in occasione della giornata mondiale dell’Alzheimer.
Nella residenza, una villa seicentesca fatta costruire dal cardinale Stoppani, è presente un nucleo Alzheimer, con 17 posti letto. Vengono proposte attività fisioterapiche, educative e animative specifiche, con progetti pensati per la stimolazione cognitiva e sensoriale. «Abbiamo grande attenzione per le terapie non farmacologiche, anche perché ad oggi non c’è una terapia per l’Alzheimer vera e propria spiega la direttrice sanitaria dell’Rsa Erica Sibillo. «Da tempo usiamo la doll therapy: sono bambole appositamente studiate per soggetti con decadimento cognitivo che riprendono le caratteristiche di un bambino», racconta la dottoressa Sibillo. Tra le novità in partenza ci sono anche un progetto di pet therapy con il coinvolgimento di coniglietti e uno legato all’ambito musicale: «Ad oggi, gli studi scientifici – chiarisce Sibillo – dimostrano che l’Alzheimer non intacca l’area cerebrale legata alle vibrazioni sonore». Sono attività utili anche per lavorare sulla memoria a lungo termine. Non a caso si è scelto di ricostruire all’interno della residenza un ambiente familiare anche a livello strutturale. «Le porte, ad esempio, ricaricano le caratteristiche di una porta di casa, e i tavoli sono apparecchiati come si farebbe nella sala da pranzo di un’abitazione classica. In questo modo lo stesso ambiente diventa terapeutico e gli ospiti si sentono a casa».
Anche in questo caso è la realtà ad adattarsi, e non viceversa. Ed è un segno di quella stessa capacità di mettersi in ascolto abilmente messa in campo anche nella costruzione del docufilm “La Memoria delle Emozioni”. «È stato un viaggio lungo, durato tre anni», racconta il regista Falorni. «Quando abbiamo saputo del Paese Ritrovato siamo rimasti affascinati e abbiamo subito capito l’importanza di parlarne: per tantissimi motivi, ma in primis perché bisogna far sapere che un modello diverso non solo è possibile, ma andrebbe anche adottato in più luoghi possibile».
Falorni dice che c’era poca fiducia nel fatto che un documentario su una tematica simile potesse fare ascolti, ma è stato il più visto nel 2023 tra Rai 3 e Rai 2 e in prima serata gli spettatori sono stati 850mila. A rendere possibile questa piccola magia è stato uno sguardo differente: «La chiave è stata entrare nella malattia: quando ci sei dentro non pensi se quello che vedi ti spaventa, lo vivi e basta, non serve drammatizzare», dice il regista.