Piemonte. Dal cancro ai migranti: l'altruismo di Marta, “alfiere” a 15 anni
Marta Camerlo
Prima la malattia vissuta con coraggio e trasmettendo coraggio, poi il ritorno a una vita gioiosa e ancor più fatta di dono, di attenzione agli altri, coinvolgendo ed entusiasmando con quello spirito di chi si sente grato e vuole condividere la sua gioia per gli affetti, per la possibilità stessa di vivere e di rendere il mondo migliore nel servizio a chi è in difficoltà. Questa è Marta Camerlo, 15 anni, di Rivarolo Canavese, in Piemonte. Uno dei 29 nuovi «Alfieri della Repubblica» scelti dal presidente Mattarella sabato 27 aprile.
La notizia della nomina l’ha raggiunta mentre nel “ponte” del 25 aprile stava vivendo un campo diocesano per futuri animatori della sua diocesi, Ivrea (To). «Quando l’ho saputo – racconta – mi sono sentita molto felice perché non credo sia un riconoscimento soltanto per me ma soprattutto per le tante persone che mi sono state vicine. Per me è un modo ora per ringraziarle per quello che hanno fatto aiutandomi a vivere il tempo della malattia senza sentirmi mai sola e facendomi capire quanto il bene ricevuto può generare altro bene».
Concorde nell’estendere il valore dell’essere “Alfiere” ai medici del Regina Margherita di Torino, a tutto il personale di oncologia, agli insegnanti della scuola media Gozzano di Rivarolo (che hanno voluto proporla), ai familiari e agli amici, alla comunità parrocchiale di Argentera e al Sermig di Torino, è la mamma Isabella che ripercorre la storia della figlia. Una sera di luglio del 2021, appena finita la prima media, Marta accusa dolori alla pancia. Portata in ospedale, riceve la diagnosi di cancro all’addome in stadio avanzato. «Quella sera – racconta – Rachele, la sorella maggiore di Marta, era a un campo con il Sermig di Torino: da quando le abbiamo comunicato quello che stava succedendo i giovani che erano con lei e quelli dell’Arsenale, senza neanche conoscerla, l’hanno costantemente accompagnata nella preghiera e con la vicinanza. Le hanno anche scritto giorno dopo giorno un quaderno di messaggi».
«Quella vicinanza, così come il dono della fede – prosegue la mamma – non ci ha fatto mai sentire soli, e poi Marta ha dimostrato una capacità di reazione che è stata davvero un esempio per tutti, anche nei momenti più difficili, senza capelli, con un fisico già gracile mentre affrontava la terapia, le operazioni... Così come al suo ritorno in classe, quando si è messa subito a disposizione di chi era più in difficoltà. Ora con il Sermig continua a fare doposcuola ai bambini del quartiere multiculturale di Porta Palazzo a Torino, a smistare gli indumenti che arrivano per i poveri, a mettersi a disposizione della diocesi come animatrice». E quasi a suggellare il perché della scelta del capo dello Stato, ecco una frase sulla quale Marta stava proprio riflettendo quando le è arrivata la notizia dell’onorificenza e che riferisce come messaggio che vorrebbe condividere: «Non siamo liberi di scegliere quello che ci accade, ma siamo liberi di scegliere come reagire a quello che ci accade!». Per l’Alfiere Marta la scelta è stata prima il coraggio, e ora il servizio.