40 anni fa il referendum sull'aborto. La speranza che ci guida oltre ogni assuefazione
Ripensare a quel 17 maggio di 40 anni fa, e all’«estate per la vita» del 1980 che lo precedette, suscita in me il ricordo di qualcosa di grande che andava preparandosi e che aspettava un popolo per realizzarsi. C’era una ricca trama di energie positive che si risvegliavano, che maturavano, che si concentravano attorno all’idea che la questione della vita nascente fosse 'la' questione che regge tutte le altre. Era chiaro infatti che fosse collegata ai più importanti problemi dell’uomo di oggi, e tale da imprimere forza e significato a molto altro: laicità, politica, uguaglianza, pace, solidarietà, giustizia, libertà, democrazia, nella prospettiva di un rinnovamento generale della società. Una forza rivoluzionaria e progressista.
E quanti giovani seppero mobilitarsi con passione! Un’esperienza da comprendere a fondo nel suo significato positivo, nonostante l’esito dei numeri. Tornano alla mente le parole di san Giovanni Paolo II: «Non vi spaventi la difficoltà del compito. Non vi freni la constatazione di essere minoranza. La forza è nella verità stessa e non nel numero». In quel 'Sì' sulla scheda verde c’era davvero il germe di un rinnovamento generale, la spinta per fare un salto di civiltà, il sigillo di autenticità nella difesa di tutto l’uomo, di ciò che lo riguarda da vicino e che ne realizza l’umanità. Non qualcosa di compiuto ma che dev’essere portato a compimento. Da quel 32% si sono moltiplicati i Centri di aiuto alla Vita e le Case di accoglienza, sono nati Progetto Gemma e Sos Vita, hanno preso il via molteplici iniziative culturali e politiche, in Italia e in Europa, che al di là dei risultati immediati hanno impedito rassegnazione e assuefazione mantenendo sveglie le coscienze.
È ancora attualissimo ciò che fu scritto allora: «È l’aborto che lacera, non è l’affermazione del diritto alla vita. Questo – al di là delle apparenze – unifica la società, così come sono elementi di unione la pace e non la guerra, i diritti umani e non la loro violazione. Viviamo in una società disgregata, satura di violenza. Abbiamo bisogno di riscoprire i valori fondamentali che giustificano il nostro vivere insieme. Abbiamo bisogno di battere la violenza prima di tutto riconoscendo il valore e la dignità dell’uomo, di ogni uomo. Quanto più l’uomo è piccolo, povero, emarginato, tanto più importante è tutelarne i diritti. E chi più del bambino non ancora nato 'conta di meno'? Se vogliamo elevare i meno fortunati tra gli uomini, lottare contro la fame nel mondo, cambiare il nostro modo di affrontare i problemi sociali e politici, dobbiamo cominciare da qui: dove all’inizio della sua esistenza l’uomo vive la povertà assoluta.
Queste considerazioni sono valide per tutti. [...] La ragione è patrimonio di tutti gli uomini. In questo senso affermare il diritto alla vita non significa dividere, ma – al contrario – unificare». È il nucleo di ciò che abbiamo imparato e che attende di essere realizzato pienamente, consapevoli della gioiosa fatica del cammino fatto, con la fiducia per quanto va fatto, sospinti – come scrissero Carlo Casini e Vittoria Quarenghi – dalla «speranza in un avvenire migliore, perché questo – nonostante tutto – è il senso ineluttabile della storia. Che la Speranza, la gioia, la luce crescano per tutti!».
Presidente nazionale Movimento per la Vita