Vita

La rubrica. Volti e storie: dieci anni di “Sintomi di felicità”

Marco Voleri martedì 25 marzo 2025
Marco Voleri

Marco Voleri

Ci sono cose che succedono piano. Non te ne accorgi, mentre accadono. Le vivi, le attraversi, le racconti se puoi. E solo dopo, voltandoti, capisci che nel frattempo è passata una vita.

Dieci anni fa nasceva questa rubrica, “Sintomi di felicità”. Un titolo che sembrava una carezza, ma anche un azzardo. Perché la felicità non è mai una certezza. È più simile a un passaggio segreto, a una luce che si infila nelle crepe, a un respiro che non pensavi di poter ancora fare.

E quei sintomi li ho cercati ovunque. Nel fondo delle cadute, nei sorrisi improvvisi, nei silenzi pieni, nelle parole che – a volte – ci salvano la pelle. Ho raccontato fatti, certo. Ma soprattutto persone. Volti, storie, occhi che sperano. Giorni in cui tutto sembrava perduto, e poi invece no.

Ogni volta che mi sono messo davanti alla tastiera è stata una bella prova: trovare il sintomo di felicità, la scintilla che brilla in una vita che spesso è una folle corsa senza fermate. Il tutto con la consapevolezza che niente è mai solo come sembra. Che ogni dolore, a guardarlo bene, ha una sua nostalgia di gioia. E la felicità, quando arriva, non fa rumore. Si appoggia. Come fa la neve quando decide di restare. In dieci anni siamo cambiati tutti. Io per primo. E no, non è una frase fatta. È proprio così. Ho avuto giorni in cui scrivere era l’unico modo per restare intero. Altri in cui non riuscivo nemmeno a cominciare. Ho incontrato anime ferite che mi hanno insegnato più dei libri. Ho imparato che la felicità, quella vera, non è uno stato. È un istante. Una traiettoria. È l’attimo in cui riconosci che, nonostante tutto, sei ancora capace di sentire.

E allora sì, forse questo è il vero sintomo di felicità: sentire. Sentire forte. Sentire fragile. Sentire ancora. Nonostante i crolli, le partenze, le rughe nuove e le risposte che non arrivano mai. Sentire, e avere il coraggio di restare. Restare dove pulsa la vita. Anche quando fa male. Soprattutto quando fa male. A chi ha camminato con me in questo tempo – lettori, amici, sconosciuti – va la mia gratitudine più sincera. Mi avete insegnato che la felicità si riconosce sempre dopo. Come il messaggio che mi è arrivato ieri da Cristiano: «Ciao Marco, sono inciampato in questo tuo articolo delizioso poco fa». Un sorriso. Con la tastiera davanti, ancora pronto a cercare sintomi di felicità. Con i tasti un po’ più consumati, ma il cuore sempre spalancato.