Vita

Cure palliative. 500mila italiani ne hanno bisogno, ma serve il doppio dei medici

Enrico Negrotti sabato 30 marzo 2024

Assistenza in un hopisce

Il quadro attuale delle cure palliative (Cp) nel nostro Paese può essere rappresentato come un bicchiere mezzo vuoto (soprattutto guardando all’assistenza domiciliare) o mezzo pieno, a partire dal quadro normativo molto avanzato (dalla legge 38/2010 ai nuovi standard per l’accreditamento delle reti di Cp e di terapia del dolore adottati nel 2020 di concerto con le Regioni) all’avvio, tre anni fa, delle prime Scuole di specializzazione in Medicina e cure palliative.

L’accesso alle cure palliative può essere definito «un diritto universale», come è stato sottolineato dagli esperti della Società italiana di cure palliative (Sicp) presentando all’Università di Milano un Documento di raccomandazioni per gli standard di personale medico e infermieristico necessari per le reti di cure palliative elaborato da un gruppo di 16 esperti e in collaborazione con la Federazione di cure palliative (Fecp). «Si tratta di riconoscere le cure palliative non come una opzione terapeutica – ha sottolineato Gino Gobber, presidente della Sicp – ma come l’unica pratica clinica assistenziale riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per le persone che ne hanno bisogno. Sono un diritto dei cittadini e un dovere dell’organizzazione sanitaria».
Come è noto le Cp comprendono non solo medicina palliativa e terapia del dolore, ma anche una presa in carico dei bisogni sociali, psicologici, spirituali ed esistenziali, e gli operatori sono medici e infermieri, ma anche altre figure professionali: psicologi, fisioterapiisti, assistenti sociali, dietisti, operatori socio-sanitari, assistenti spirituali.

Secondo dati dell’Oms si stima che ogni anno nel nostro Paese abbiano bisogno di cure palliative nel loro ultimo periodo di vita tra le 450mila e le 540mila persone. E che oltre un terzo di queste presentino bisogni di complessità elevata che richiedono l’intervento di équipe specialistiche. Confrontando gli standard calcolati dal gruppo di lavoro della Sicp con i bisogni, emersi in una precedente analisi realizzata dalla Sicp su mandato della sezione O del Comitato tecnico scientifico del ministero della Salute, è emerso che attualmente le carenze si registrano soprattutto nelle cure domiciliari.

Infatti nei 306 hospice sparsi su tutto il territorio nazionale, anche se con evidenti squilibri (52,9% al Nord, 27,45% al Centro, 19,6% al Sud), lavorano circa 500 medici palliativisti e oltre 2.100 infermieri per 3.199 posti. Si tratta di numeri, precisa la Sicp, in linea con quanto previsto con il decreto ministeriale 43 del 2007 riferito ai pazienti oncologici, ma insufficiente secondo gli standard stabiliti dal decreto ministeriale 77 del 2022: mancano 100 medici e 600 infermieri, pur con notevole variabilità regionale.
Del tutto differente è la situazione per le cure palliative a domicilio. In questo campo, segnala la Sicp, operano circa 750 medici palliativisti e 1.500 infermieri. La carenza rispetto alle necessità, pari a 1.600 medici e 4.550 infermieri, è del 50% tra i primi e addirittura del 66% tra i secondi.

Ma il momento appare favorevole per una correzione di rotta, ha sottolineato ancora Gobber: «Siamo in presenza di una grande occasione di sviluppo, difesa e potenziamento del Servizio sanitario nazionale», potendo contare sui fondi straordinari del Pnrr. Alcuni provvedimenti sono intervenuti negli ultimi anni: la legge 106/2021 («che chiede di assicurare entro la fine del 2025 le reti di Cp devono essere articolate su tutto il territorio nazionale»), gli accordi della Conferenza Stato-Regioni sull’accreditamento delle reti,. e il Dm 77 del 2022 sulla sanità territoriale («che riconosce un ruolo centrale delle Cp e propone uno standard di 8/10 posti letto ogni 100mila abitanti per gli hospice») e la legge 197/2022 (legge di Bilancio) dice che «entro il 2028 le cure palliative devono raggiungere il 90% del bisogno della popolazione».

All’impegno del mondo sanitario-assistenziale, «si aggiunge quello cruciale del Terzo settore – ha ribadito la presidente della Fecp, Tania Piccioni – frutto di un impegno trentennale e capace di mobilitare reti sociali che evitano situazioni di abbandono».