L’appuntamento è per oggi in un centro per la procreazione assistita di Portland, l’invito su Facebook esorta a portarsi dietro le amiche, fra i 20 e i 28 anni, per una chiacchierata sulla donazione di ovuli. Ci sarà da bere e da mangiare, oltre alla possibilità di guadagnare 10mila dollari (a ciclo, se ne possono fare fino a sei) e aiutare altri ad avere un bimbo. Allettante, come proposta di aperitivo, ma forse finiremo per preferirle il pacchetto "vacanza benessere in Spagna o Grecia offerta in cambio della donazione di ovociti" di una famosa banca di gameti danese, la Cryos International (quella che attirava le aspiranti madri single con lo slogan: «Congratulazioni, avrai un vichingo!»), per sua ammissione a corto di materia prima e «con esigenze di profitto». Perché gli ovociti di donne giovani e sane sono il prezioso petrolio per la mastodontica macchina della procreazione artificiale, che ha già disponibilità di seme anonimo in quantità e oggi anche uteri di donne povere disposte per pochi soldi a ospitare un figlio conto terzi.Quindi le stesse ragazze alle quali si additano zucchero e carne come veleni, quelle che si dovrebbero rasare piuttosto che usare shampoo con agenti chimici, sono disposte a subire una dose massiccia di ormoni per dare ad altre la possibilità (spesso non realistica) di diventare madri. La retorica del reclutamento è sempre «Fai la cosa giusta, aiuta altri a essere felici». «E chi non vorrebbe aiutarli, con quei volti sorridenti nelle pubblicità?», commenta Jennifer Lahl, presidente del
think tank californiano «Center for Bioethics & Culture Network» e autrice di
Eggsploitation, il documentario che nel 2011 svelò lo sfruttamento dell’ingenuità di fanciulle americane trasformate in pericolose fabbriche di uova (talvolta rese sterili, talvolta morte). «Anzi, temo che la retorica dell’aiuto prenderà di mira donne povere, i cui ovociti saranno usati per la ricerca – continua l’attivista californiana che dal palco del Family day romano denunciò il mercato degli uteri in affitto–. Anche perché la pratica dell’ovodonazione è pura eugenetica: gli annunci sono rivolti a donne intelligenti e belle, nessuno vuole concepire eredi da donne povere e ignoranti, magari di colore». Questa è quindi la prossima frontiera della vendita (legalizzata) di pezzi del proprio corpo per poter sopravvivere. A monte della scelta delle donatrici di ogni nazionalità c’è comunque la possibilità di guadagnare soldi, spesso sotto forma di "rimborso spese", che portano anche le più salutiste a maltrattare le proprie ovaie senza conoscere i reali rischi anche per la futura possibilità di diventare madri loro stesse. «Ho venduto i miei ovuli per soldi», ha raccontato una scrittrice, Sarah Jean Alexander, sulla newsletter femminista più
liberal d’America,
Lennie. Lei, che all’epoca mollò lavoro e fidanzato perché per sei mesi troppo concentrata sulla sua «impresa di allevamento di ovociti», disse che non ne era valsa la pena, di rovinarsi corpo, salute e vita per 8mila ridicoli dollari. Si è messa il cuore in pace pensando che alla fine quei soldi le servivano, e se non avesse ceduto lei lo avrebbe comunque fatto un’altra.Secondo Lahl, l’unica speranza di cambiamento risiede nei figli di donatori anonimi, che pretenderanno di poter risalire alle proprie origini. Non certo nell’industria della fertilità, per la quale gli ovociti sono merce piccola, facile da congelare e spedire ovunque. Questo è il mestiere delle "banche di ovociti", imprese private che rimborsano le proprie donatrici per il disturbo e forniscono cellule alle cliniche di tutto il globo. Da alcuni forum di aspiranti mamme – che nel loro essere carichi di sofferenza funzionano meglio di uno stridente Tripadvisor per la fertilità – si scopre che in Nord America avere figli con ovodonazione ha costi proibitivi, ma soprattutto che gli europei lo fanno meglio: donatrici più controllate e anonime, procedure meno invasive e costi più bassi. Così l’Europa è diventata il nuovo suk di ovuli per sterili e ricche americane.La maggior parte delle donne italiane che intervengono online ha tentato (spesso invano) di avere figli con ovociti comprati dalla Spagna e impiantati nel loro grembo a Roma, a Bologna, a Trento, a Firenze, ad alcune pare anche prima che l’eterologa fosse legalizzata, da dottori conosciuti nel settore. Si legge, senza malizia alcuna, che la spagnola Ovobank va per la maggiore per l’approvvigionamento di gameti fra le cliniche private italiane. O che usare gli ovociti di donne già pazienti dei centri costa molto meno, da 5.000 a 3.500 euro. Perché il mercato dei corpi si muove in fretta: dopo il viaggio la nuova tendenza è offrire, in cambio di una donazione, la possibilità di congelare i propri ovociti per rimandare la maternità a tempi migliori. Con la capacità della provetta di anestetizzare la carne e l’essenza di una donna al punto da far cadere nel nulla la parossistica certezza che nel mondo potrebbero esistere – chissà quando, dove e con chi – figli di sangue di quelle stesse donne che speravano di poter programmare il loro arrivo.