Analisi. Con la bambina "parcheggiata" in Ucraina ecco le ombre sull'utero in affitto
La pediatra della Croce Rossa coccola la piccola "Serenella" nel viaggio verso l'Italia
Nella vicenda della bambina nata da maternità surrogata e parcheggiata per un anno in Ucraina, c’è una narrazione che omette, distorce, occulta oppure addirittura nega. La piccola, che Avvenire ha ribattezzato "Serenella" (in realtà il suo è il nome di un’altra fata) giovedì scorso è stata trasferita in Italia, affidata a una famiglia transitoria in attesa di completare le procedure per l’adozione. Ma ora gli avvocati della coppia italiana che aveva commissionato la nascita della bimba sostengono che i due, marito e moglie, sono disposti ad accogliere la piccola, che a rigor di legge ucraina dovrebbe essere figlia biologica dell’uomo. Tutto bene, dunque? Si tratta "solo" di una storia triste con un lieto fine? Non proprio. Esistono aspetti poco illuminati dalla narrazione di questi giorni e che, a prescindere da come finirà la vicenda di "Serenella", portano a riflettere sulla intrinseca inumanità della pratica dell’utero in affitto, e di quanto sia foriera di conseguenze negative per i singoli e per la società.
Relazioni umane «minate». "Serenella" è stata riconosciuta alla nascita, nell’agosto 2020, da una coppia di italiani che anziché portare la neonata con sé, l’ha lasciata a Kiev, a una baby sitter arruolata con una agenzia interinale. Non ci sono spiegazioni ufficiali del comportamento della coppia. Una delle ipotesi è che la committente abbia patito la mancanza di un legame biologico con la bambina, che sarebbe assicurato invece al padre grazie all’utilizzo dei propri gameti per il concepimento. Nella Gravidanza per altri, nella "madre legale" può sorgere in effetti una "rivalità invidiosa" con la madre surrogata, colei cioè che ha portato in grembo, sotto contratto, la neonata. È solo una ipotesi, ripetiamo. Ma è un esempio di come la Gpa sia in grado di «minare nel profondo le relazioni umane», come ha scritto la Corte Costituzionale nella sentenza del 2017, in cui si interrogava sul «migliore interesse del minore» e riconosceva che, a differenza di quanto accade con la fecondazione eterologa, in cui il disconoscimento di paternità è escluso, nel caso della Gpa, stante il divieto in Italia, «non è possibile disciplinare univocamente la filiazione che da essa discende». Insomma, chi è la madre di "Serenella"? La donna che l’ha portata in grembo e che l’ha partorita, quella che ha donato gli ovociti, quella che l’ha commissionata, quella che l’ha allevata per un anno o quella che la adotterà? Troppe possibilità, troppo sfilacciamento delle relazioni.
Percezione del figlio cambiata. Il desiderio di un figlio è sempre legittimo, fa parte dell’umanità di ciascuno di noi. Ma quando questo desiderio si trasforma in pretesa o si percepisce addirittura come un diritto, le conseguenze possono essere rilevanti. Se un figlio si può ordinare consultando un listino prezzi, anche online, comprensivo di eventuali sconti per il Black Friday (lo abbiamo documentato in queste pagine), se si esige che i fornitori di gameti e la madre surrogata abbiano determinate caratteristiche e si è in grado di pagare perché questa richiesta sia esaudita, allora è possibile anche non essere soddisfatti del "prodotto finale". E siccome il rimborso non è previsto, può esserci il "reso". La storia di "Serenella" – ricordiamo che nonostante le precisazioni tardive degli avvocati, la versione ufficiale della Polizia parla esplicitamente di «abbandono» – assume questi contorni. Se si afferma che per diventare genitori, come notava domenica Assuntina Morresi su queste pagine, ciò che conta è l’intenzione, allora si può anche cambiare idea, rescindere il contratto, restituire il bambino. È un nuovo paradigma antropologico, quello che vede nel figlio il frutto di una "intenzione" e non di un legame e di una generazione fisica.
Il silenzio della sinistra italiana. La vicenda ucraina ha suscitato un’eco ridotta nella politica italiana. Solo alcune voci isolate dal centrodestra si sono sollevate a biasimare il comportamento della coppia committente. Dai partiti della sinistra, il silenzio. I diritti della bambina, qui calpestati con ogni evidenza, non interessano ai paladini dei diritti civili? Restare silenti di fronte a una così evidente mercificazione dell’essere umano (madre surrogata e figlio) appare oramai come una colpevole adesione all’idea della più assoluta libertà di "fare" tutto ciò che è tecnicamente possibile, compreso acquistare vite e corpi. Nella Gpa si consuma anche – e non è secondario – il paradosso del corpo femminile trasformato in "luogo" di lavoro, dove oggetto del contratto è proprio l’alienazione del frutto di quel lavoro: temi che non sembrano più coinvolgere i partiti di sinistra. Questo cul-de-sac è frutto dell’ambiguità. Si tace sull’utero in affitto perché, nonostante l’eterosessualità di 8 coppie su 10 tra quelle che vi ricorrono, non si vuole affrontare esplicitamente il tema della genitorialità omosessuale. Ma il retropensiero è quello, tanto che la posizione anti-surrogata viene spesso etichettata come "discriminatoria" e "omofobica" dai suoi fautori. In nome del "diritto" di tutti ad essere genitori.
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La solidarietà impossibile. Situazioni assurde come quella che ha coinvolto "Serenella" possono essere arginate con una legge che consenta la Gpa "solidale", cioè portata avanti senza alcun compenso? Sì, secondo l’Associazione Luca Coscioni, di ispirazione radicale, perché così si metterebbe «al centro la tutela dei nati, della gestante per altri e dei genitori intenzionali». L’Associazione dal 2016 sta lavorando a una proposta in tal senso depositata alla Camera. Occorre però approfondire. Il concetto di Gpa solidale è per la stragrande maggioranza dei casi solo una finzione: per la madre portatrice, in Gran Bretagna come in Canada, c’è sempre un compenso, anche se mascherato da "rimborso spese" o "indennità". Infine, rispetto a una gravidanza normale, quella surrogata ha un profilo di rischio sanitario maggiore, e che sia "commerciale" o "altruistica" non c’è differenza. Chi si sottoporrebbe gratuitamente e "altruisticamente" a questo rischio, e alla separazione coatta da un figlio portato in grembo per nove mesi, se non un numero infinitamente esiguo di donne (è quel che accade in Gran Bretagna, in effetti)? Un dubbio che porta a pensare che la Gpa solidale sia, nelle intenzioni, un cavallo di Troia per arrivare a regolamentare, in tempi successivi, anche quella commerciale.
Una battaglia internazionale. La Gravidanza per altri è vietata dalla legge italiana, che ne punisce anche qualsiasi forma di pubblicizzazione. Ma il divieto non impedisce a un numero indeterminato di coppie di farvi ricorso all’estero e di aggirare la legge anche per quanto riguarda la filiazione, mettendo tribunali e anagrafi di fronte al fatto compiuto. Se si concorda sul fatto che la Gpa è la sottomissione della vita umana al mercato e alla biotecnologia, serve una battaglia a livello mondiale per renderla reato universale, perseguibile cioè in tutto il mondo da un cittadino di qualunque Paese, così come è accaduto per il turismo sessuale. Serve un fronte ampio come quello che oggi è in campo contro la pena di morte. In Italia sono state depositate diverse proposte di legge in tal senso ed è ora di metterle all’ordine del giorno. È una battaglia lunga e complessa. Ma vale la pena combatterla.