Vita

INTERVISTA. Vanoni: «Non riconoscerli? È quel che li salva dall’aborto»

mercoledì 25 settembre 2013
Intanto non tutti i figli non riconosciuti hanno l’esigenza di conoscere i propri genitori biologici. Anzi, spesso l’attaccamento a quelli adottivi è talmente radicato e la discussione è stata affrontata talmente tante volte «che quei figli non hanno nessun desiderio di toccare con mano le proprie origini». Ma il nodo della questione «sta nel diritto alla segretezza del parto, che non si può mettere in discussione».Alda Vanoni – fondatrice di Famiglie per l’accoglienza, madre adottiva e magistrato in pensione – non ha dubbi: «Proprio il diritto al “segreto” ha permesso a quei figli di nascere – spiega –. Senza questo tipo di tutela quelle madri avrebbero senz’altro scelto per l’aborto, negando ai propri figli il diritto fondamentale di ciascun essere umano, prioritario rispetto a tutti gli altri: quello alla vita». Di nuovo, diritto contro diritto. «Anche se – lamenta la Vanoni – in realtà nessun diritto dovrebbe mai essere assoluto». Oltre all’Italia solo la Francia, in Europa, tutela la madre in questo modo, ma Oltralpe c’è la possibilità per un figlio di chiedere una deroga al Tribunale. In Germania, invece, non esistono analoghi paletti, ma per arginare gli abbandoni e gli aborti sono state installate numerose “culle per la vita”: «Forse dovremmo chiederci cosa è meglio – continua la Vanoni –. Che i bambini vengano inseriti nelle vecchie “ruote” o che una legge permetta alle madri di partorirli in sicurezza e poi non riconoscerli?».Figli a parte, è ai diritti delle madri che pensa invece l’Associazione famiglie affidatarie e adottive (Anfaa): «Anche per noi il parto in anonimato, con la certezza per la madre di non essere mai più contattata, significa ridurre gli abbandoni, gli aborti e gli infanticidi e aumentare la possibilità che figli non voluti nascano ben assistiti negli ospedali», spiega la consigliera Frida Tonizzo. Ma soprattutto significa «rispettare anche i diritti di una madre fragile, che spesso arriva in ospedale senza sapere come comportarsi. Pensiamo alle donne immigrate. E immaginiano – continua la Tonizzo – cosa succederebbe di queste madri se la segretezza del parto venisse meno: verrebbe anche turbato l’equilibrio che queste donne possono aver raggiunto, sconvolgendone di nuovo la vita, tanto più se le stesse hanno costituito una loro famiglia e se hanno dei figli».Proprio quello che, peraltro, la stessa Corte di Strasburgo si è premurata nel maggio 2012 di evitare sancendo un altro diritto, quello «al rispetto della vita privata [...] da intendere come il diritto a essere protetti dalle intrusioni (pubbliche o private) nella sfera intima delle persone». «Quale maggiore intrusione – si chiede Pier Giorgio Gosso, presidente onorario aggiunto della Corte di cassazione – di quella realizzata nei confronti della donna che si trova a essere chiamata, per lo più a parecchi anni di distanza, a render conto di una scelta fatta in situazioni di drammatica gravità personale e familiare?