Nei giorni scorsi le telecamere di sicurezza dell’aeroporto thailandese di Suvarnabhumi hanno ripreso una giapponese che accompagnava un connazionale in partenza per Macao; la stessa donna, hanno confermato al Bangkok Post fonti della polizia locale, ha lasciato il Paese domenica. Anche l’ultimo racconto di traffici internazionali in partenza dalla Thailandia, travolta dallo scandalo degli uteri in affitto delle ultime settimane, riguarda i bambini fabbricati su ordinazione in pance thailandesi. La donna, Yuka Unno, sarebbe soltanto una complice: il personaggio centrale è Mitsutoki Shigeta, manager nipponico 24enne scappato in seguito all’irruzione delle forze dell’ordine in un appartamento che aveva affittato a Bangkok. All’interno sono stati trovati una donna incinta e nove bambini fra i sei e i 12 mesi, nati da surrogate e biologicamente suoi figli (con ovociti per la maggior parte di razza caucasica). Shigeta avrebbe già portato all’estero altri tre bambini, due di loro in Cambogia, che portavano il suo nome sul certificato di nascita. Sarebbero quindi 13 i figli avuti dal giapponese: il suo avvocato ha confermato che l’uomo è il padre di tutti e che «tutti saranno accuditi». Nel frattempo sono stati mandati in una struttura, mentre la donna è stata trattenuta come testimone. L’uomo invece è accusato di traffico di esseri umani. Il principale interrogativo sollevato dal caso (nonché il più inquietante) riguarda le finalità: perché pagare per ottenere una quantità tale di prole, a 24 anni? E perché portare i figli all’estero? Perché poi – se lo scopo fosse cederli a ricche coppie infertili – in un Paese povero come la Cambogia? Le supposizioni sul tema, raccolte dalla stampa locale, sono da brividi: vanno dal traffico di cellule staminali a quello di schiavi, dalla rete internazionale dei pedofili al traffico di organi. Secondo la polizia (che sta indagando anche per scoprire chi siano le madri biologiche) sarebbero almeno cinque gli ospedali, «per la maggior parte privati», coinvolti: avrebbero organizzato gli accordi fra Shigeta e le donne.Questa vicenda è l’ennesimo spin off drammatico della storia di Gammy, bimbo Down partorito da una surrogata e abbandonato dalla coppia di australiani che lo aveva commissionato. Al crescere dello scandalo, il Governo Thailandese – guidato da una Giunta militare, tutt’altro che desiderosa di sembrare lassista sul piano internazionale – aveva deciso di mettere finalmente in atto la stretta recentemente annunciata sulla maternità a pagamento. Così aveva fatto scattare indagini a tappeto sugli oltre 40 centri di fecondazione assistita che garantiscono al Paese un business da 4,5 miliardi di dollari l’anno. L’attenzione delle autorità ha così finito per concentrarsi, settimana scorsa, su uno dei centri più frequentati dagli occidentali (gay ed etero), All IVF Center. La struttura, trovata già vuota, non risulta in possesso delle autorizzazioni necessarie a svolgere la sua attività: oltre 700 fecondazioni in vitro l’anno. Da queste indagini è emerso il nome di Shigeta. Alla chiusura della clinica – dove si sarebbe rivolto il 70% degli australiani che hanno cercato un utero in Thailandia – il ministro degli Esteri di Canberra, Julie Bishop, durante un vertice delle Nazioni del Sud-Est asiatico in Myanmar, ha risposto chiedendo a Bangkok un «periodo di transizione per ragioni umanitarie»: troppi bambini geneticamente australiani rischiano di restare intrappolati alla frontiera, o con le donne che li partoriranno prossimamente o ancora nei congelatori delle cliniche. Il Dipartimento per la Salute thailandese sta indagando su almeno altri cento casi di maternità surrogate a favore di australiani e minaccia sanzioni ai medici che, attuando questa pratica per fini commerciali, abbiano infranto il codice etico. Sarà inoltre perseguito ogni ospedale che abbia pubblicizzato la vendita di gameti o la scelta delle caratteristiche del figlio in provetta. Intanto il Parlamento thailandese si prepara ad approvare, in fretta, il progetto di legge "Protezione dei bambini nati da Procreazione medicalmente assistita", pensato dal Governo per rimpiazzare le linee guida attuali e riempire i vuoti normativi. Il primo obiettivo: rendere illegale (e non solo non-etico) il mercato delle pance in affitto.