Vita

I politici rispondono alla lettera. «Lorenzo non sarai solo». Ora la Camera s'interroga

sabato 4 marzo 2017

Le risposte dei politici alla lettera appello di Lorenzo Moscon, giovane disabile, contro l'eutanasia, a pochi giorni dal dibattito sul fine vita che inizierà alla Camera il 13 marzo.

Rosato, Partito democratico
«Non ci sarà mai l'eutanasia, qualunque legge faremo sarà mite»


Caro Lorenzo,
ho letto la tua lettera e penso di aver compreso la tua preoccupazione. Rispondo quindi a te e a tutti coloro che convivono con la disabilità, lottando ogni giorno, e temono che qualcuno si arroghi il diritto di stabilire quali vite sono degne di essere vissute. Non abbiamo alcuna intenzione di legiferare sull’eutanasia. La proposta di legge che va in aula ha tutt’altro scopo. Vuole rimettere la persona malata, con le sue convinzioni, il suo carattere, la sue reti familiari e amicali, al centro delle decisioni che attengono alla sua salute.
A fronte di una medicina tecnologica sempre più avanzata e dei ritmi a volte convulsi dei nostri ospedali, si rischia di perdere quell’umanità nella relazione tra medico e paziente che è essa stessa componente essenziale del percorso di cura. Mettere la persona al centro significa fare il possibile per garantire a tutti un adeguato livello di cure e una rete efficace di assistenza a casa. Su questo punto c’è tanto ancora da fare. Significa rafforzare la rete delle cure palliative che pure è cresciuta (dal 2010, anno di approvazione della legge, ci sono ora 261 strutture). Ma è ancora debole la rete di assistenza domiciliare. Significa cambiare la formazione di medici e operatori sanitari.
Vuol dire anche accettare che ci sia chi rifiuta la cura, chi dice "basta non ce la faccio più", per mille personalissime ragioni. Se è vero che non esiste un diritto a morire, è anche vero che non possiamo obbligare a curarsi con la forza. Non ho avuto occasione di incontrarti, ma ho incontrato invece Max Fanelli che lottava da anni contro la Sla, con la moglie accanto che non lo ha mai fatto sentire solo. Ne ho tratto la lezione che davanti alla sofferenza noi possiamo solo imparare e che qualsiasi legge si faccia non può che essere una legge mite.

Brunetta, Forza Italia
«La legge va corretta. Le tue parole ci interrogano»


Caro Lorenzo,
considerando la delicatezza della materia, ti rispondo, intanto, a titolo personale, garantendoti che all’interno del gruppo che ho l’onore di presiedere si concluderà presto un’ampia e approfondita discussione, già avviata in queste settimane, in merito ai temi che legittimamente poni.
Io sono contrario all’introduzione in Italia dell’eutanasia. Daltra parte nessun gruppo parlamentare ha esplicitamente detto di voler usare in tal senso la legge sul cosiddetto "testamento biologico". Vigileremo sugli emendamenti che saranno proposti in Aula e ne proporremo di nostri per evitare ogni dubbio in tal senso, per meglio precisare gli ambiti di applicazione delle "dichiarazioni anticipate di trattamento". Sono contro l’eutanasia così come contro l’accanimento terapeutico. Nel mio personale convincimento occorre sempre tenere insieme libertà di scelta e rispetto della vita.
In merito al che cosa fare per scongiurare che chi versa in disabilità grave sia lasciato solo nella sua sofferenza, non è esclusivamente una questione legata allo stanziamento di piu fondi. Bisogna garantire la vicinanza delle istituzioni, a ogni livello, a famiglie e realtà del terzo settore operanti per e con i disabili gravi.
Occorre inoltre dare forma e visibilità a una cultura che sia a favore della "libertà di vivere" una vita degna di questo nome. Per fare questo occorrerebbe una "grande alleanza" tra politica, cultura, media. Esattamente l’opposto dello "spettacolo" che abbiamo visto in questi giorni, fatto per intimorire e condizionare i parlamentari. Serve serietà, responsabilità, equilibrio e rispetto da parte di tutti.

Pisicchio, Gruppo misto
«Colpito dalle tue parole. Bisogna fare di più per chi soffre»

Caro Lorenzo,
ho letto e ho riflettuto sulla tua lettera. Che mi colpisce, oltre che per la cifra di profonda umanità che la pervade, anche perché mi interpella come legislatore, sbattendomi in faccia la parte di responsabilità che mi compete. Quel che tu dici è vero: le leggi non sono l’effetto di un’onda emozionale, non sono epifanie di un <+CORSIVOBA>marketing<+TONDOBA> elettorale sensibile ai sondaggi d’opinione, non sono e non possono essere la risposta a una campagna mediatica. Le leggi sono la regola di civiltà che il consorzio umano si dà. Il dovere del legislatore è di adottare buone leggi, chiare, coerenti con i principi costituzionali che reggono l’ordinamento e, soprattutto, guardando con attenzione alle conseguenze: si chiama eterogenesi dei fini quel risultato che contraddice la volontà iniziale a tal punto da capovolgerla con effetti contrari alle intenzioni. Nella nostra Costituzione non esiste un "diritto al suicidio".
L’articolo 32, secondo comma, stabilisce che nessuno può essere sottoposto a un determinato trattamento sanitario obbligatorio, certo. Ma questo può significare soltanto che non può darsi l’accanimento terapeutico, cosa ben diversa dal dilagare dei commenti senza un briciolo di pietas umana che abbiamo visto nei giorni scorsi a sostegno dell’eutanasia.
Il comma precedente dell’articolo 32 parla invece del diritto alla salute, definendolo fondamentale. In questo concetto c’è, evidentemente, il diritto a veder lenita la propria sofferenza con cure efficaci. Nei prossimi giorni, nel dibattito in aula alla Camera, avrò ben presenti le tue parole ed anche quelle di una donna che mi diceva dal suo letto di malattia e di sofferenza: «Ricordati che un solo giorno di vita vale più di tutto». Era mia madre e se ne è andata troppo presto.

Fedriga, Lega Nord
«Uno Stato civile non abbandona i propri cittadini a una fine rapida»


Caro Lorenzo,
voglio iniziare questa breve risposta ringraziandoti per l’iniziativa che hai deciso di intraprendere. Senza clamore e senza atti eclatanti hai sottolineato in modo molto evidente le criticità della norma sul fine vita che sarà in discussione nell’Aula della Camera il 13 marzo. Troppe volte i legislatori si sono fatti guidare, invece che dal bene comune, dall’ondata emotiva del momento, rischiando di non comprendere a quali drammatiche conseguenze possano condurre scelte sbagliate.
Gli esempi che tu hai portato rispetto alle situazioni che si sono venute a creare in altri Paesi purtroppo non sono le uniche: ci sono casi di anziani, senza alcun tipo di problema fisico, che hanno ottenuto l’eutanasia; ci sono persone depresse che già oggi hanno messo fine alla loro vita tramite l’assistenza dello Stato.
È inaccettabile, dal mio punto di vista, che si parli di suicidio assistito ed eutanasia e invece non si ponga rimedio all’abbandono sociale ed economico che troppe volte le persone affette da patologie irreversibilmente debilitanti e le loro famiglie subiscono. La dignità di una persona non trova compimento nell’autoeliminazione, bensì nella qualità della vita che lo Stato deve essere in grado di garantirle attraverso aiuti economici, assistenziali e sanitari.
Sono pienamente d’accordo con te, Lorenzo, quando sottolinei l’importanza delle cure palliative, che purtroppo in molte strutture non vengono adeguatamente offerte ai pazienti sofferenti. Su questo aspetto chiederò al ministro di presentare una relazione al Parlamento affinché si possa affrontare il problema nel più breve tempo possibile.
Ti assicuro che il mio gruppo parlamentare si opporrà all’approvazione di questa legge e, al contempo, presenterà una proposta capace di garantire assistenza, servizi e cure palliative individuando le necessarie risorse. Investire in questo ambito significa investire sulla civiltà di un Paese che non abbandona i propri cittadini a una morte veloce, ma che invece sta al loro fianco per offrire a tutti una vita dignitosa.

Dellai, Des - Centro democratico
«Mai in Italia la morte di Stato. Ecco i nostri quattro paletti invalicabili»


Caro Lorenzo,
la tua lettera colpisce per lucidità ma anche per spessore morale. È un segnale di luce e di speranza in una fase piuttosto confusa della vita pubblica del nostro Paese. Una fase nella quale la politica rischia di assolutizzare i diritti individualistici perché ormai incapace di garantire i diritti sociali, ivi compresi quelli ai quali tu ti riferisci quando parli della carenza di servizi pubblici e di contesti comunitari adeguati a sostenere chi vive momenti di forte sofferenza e non vuole rassegnarsi a gettare la spugna.
Per quanto riguarda l’eutanasia - ribadito che la legge in discussione non considera questa opzione - voglio assicurarti che il nostro gruppo non sarà mai d’accordo a introdurre questa pratica nell’ordinamento italiano. Non voteremo mai una legge che autorizzi lo Stato a dare la morte ad una persona, neppure su sua richiesta. Non è indifferenza ai drammi delle persone, ma precisa coscienza dei limiti invalicabili che la legge deve rispettare sul terreno della vita e della morte.
Per quanto riguarda invece la legge in discussione dal 13 marzo alla Camera voglio ricordare che il nostro gruppo ha cercato fin dall’inizio un compromesso ragionevole. Lo ha fatto attraverso l’azione del presidente della Commissione affari sociali Mario Marazziti e attraverso le posizioni chiare e precise del collega Gian Luigi Gigli, il quale si è battuto, a nome anche nostro, proprio per evitare che nelle disposizioni sul fine vita vi fossero appigli anche involontari idonei a legittimare forme surrettizie di eutanasia.
Noi abbiamo posto quattro punti: non equiparazione tra alimentazione/idratazione e terapie; rispetto del ruolo del medico; garanzia che le Dichiarazioni siano rese in condizioni di effettiva libertà e consapevolezza; tutela dei diritti dei minori e degli incapaci. Il testo che arriva in Aula ha subito in Commissione alcuni miglioramenti, ma non corrisponde ancora pienamente al nostro pensiero. Auspichiamo che il dibattito tra i gruppi parlamentari possa quindi svolgersi in modo positivo, senza forzature e senza cedimenti a quella che sempre più appare come una moda da pensiero individualistico prevalente: se così non sarà, la legge certamente non avrà il nostro consenso.
La nostra posizione è chiara, anche se la esprimiamo rispettando il monito di Papa Francesco alla misericordia. La chiarezza e la coerenza infatti non sono incompatibili con la cautela e il rispetto per le convinzioni di tutti.

Monchiero, Civici e Innovatori
«Rilanciamo l'alleanza tra medico e paziente»


Caro Lorenzo,
la tua lettera richiama una esistenza segnata dal dolore e, tuttavia, ancorata al valore della vita. Su questa base, esprimi dubbi sulla proposta di legge in discussione alla Camera, temendone una applicazione eutanasica.
Ho fatto parte, in Commissione, del comitato ristretto che ha elaborato il testo e ne condivido l’impostazione. Ti rispondo, serenamente, che non si tratta di una legge finalizzata all’introduzione dell’eutanasia e neppure del suicidio assistito. Tanto è vero che, sull’onda dell’emozione suscitata dalla morte di dj Fabo, dà più parti si è accusato il Parlamento di essere lontano dalla società al punto da meritare l’epiteto di "medievale".
Capita, su temi così delicati, di scontentare le visioni contrapposte. Ebbene, la legge si propone due finalità . Da un lato, partendo dal consenso informato, costruire una relazione più forte tra medico e paziente destinata a tradursi, in ogni fase di cura, in un programma di interventi terapeutici pienamente condiviso; dall’altro, declinare nella prassi sanitaria il principio costituzionale che riconosce al cittadino il diritto di rifiutare le cure, anche attraverso una preventiva manifestazione di volontà.
Credo che l’alleanza medico-paziente ne uscirà rafforzata e, con essa, l’attitudine dei sanitari a prendersi cura del dolore dei propri assistiti.

Rampelli, Fratelli d'Italia
«All'autodeterminazione anteponiamo la sacralità della vita»

Caro Lorenzo,
ho pensato alla tua lettera, ai tuoi legittimi timori per l’eutanasia, alla tua richiesta di combattere la sofferenza dei malati piuttosto che ucciderli in nome della pietà. Le ragioni sanitarie o economiche diventano spettri di fronte alla vita, alla sua meraviglia e alla sua imperfezione. La tua è una testimonianza che stride, scomoda quanto quella di Fabo, la cui vicenda straziante sembra diventare non una tragedia cui assistere in silenzio ma un grimaldello da agitate sguaiatamente per accelerare l’iter parlamentare sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat). Ma legiferando sull’onda dell’emozione, si rischia di sbagliare. E su questi temi non si può scherzare, né farsi strumentalizzare. Il generico rispetto delle libertà individuali non basta per dipanare l’intrigata matassa del rapporto tra vita e morte.
Come per la campagna abortista si sono utilizzati casi estremi per imporre un “diritto” che poi si è diffuso a macchia d’olio con conseguenze imprevedibili, così ora rischiamo di trascurare la richiesta di vita da cui la società può scindersi solo minimizzandola, riducendola a un calcolo. Al mistero della vita, al dolore, alla dignità umana che toccano la sensibilità più profonde di ognuno noi rispondiamo con il desiderio di tutela della vita. La constatazione che il welfare italiano non è nella condizioni di sostenere i costi sanitari e assistenziali per le non autosufficienze è inaccettabile e rappresenta un dramma nel dramma. Quanti disabili gravi, costretti al letto, sono sfiorati dal pensiero del suicidio per non pesare sui familiari? Vorrei dirti, Lorenzo, che Fratelli d’Italia sta discutendo e si sta confrontando con serietà sul tema, come è giusto. Né i dogmi né l’ideologia stanno orientando la nostra scelta. Al principio dell’autodeterminazione individuale sul fine vita anteponiamo il principio dell’inviolabilità e della sacralità della vita. Siamo davvero sicuri che la nostra vita ci appartenga totalmente, siamo davvero sicuri che la progressiva degenerazione del principio della libertà assoluta individuale non diventi un varco verso l’autodistruzione della società? L’eugenetica, che ha attraversato la storia della civiltà, da Platone al Nazismo, oggi si è trasformata in turbo-ingegneria genetica che trova la sua applicazione nei Paesi del Nord Europa. Argomenti da far tremare le vene ai polsi.

Lupi, Area popolare
«Vita sempre degna. Mai togliere acqua e cibo»


Caro Lorenzo,
tu sei testimone del fatto che la vita vale la pena di essere vissuta perché ha un significato anche nel dolore e nella malattia. «Non sarebbe meglio contrastare le sofferenze dei malati piuttosto che ucciderle?». Come meglio si potrebbe dire la dignità di un’esistenza se non con queste tue parole... Chiedere allo Stato che ti assista nel suicidio getta un’ombra non solo sul senso della propria vita, ma sul senso della vita di tutti e sul senso di tutte le cose, anche dell’amore della persona cara al tuo fianco. Di questo anche tu sei testimone, si apprezza la vita quando si è accompagnati a viverla, come succede a ogni bambino con suo padre e sua madre. Uno Stato che riconoscesse come valore il diritto alla morte toglierebbe senso alla speranza di ognuno di noi e al desiderio di mettere al mondo dei figli. E renderebbe solo parole retoriche quelle sulla socialità, sulla solidarietà, sulla vita in comune.
Per questo farò il possibile perché l’eutanasia non diventi legge. È un mio dovere di politico, così come è nostro dovere fare il possibile per alleviare la sofferenza, innanzitutto non lasciando solo chi vive situazioni come la tua e in secondo luogo immedesimandosi con chi, nel mistero della libertà, chiede di non ricevere più cure. È una richiesta che va rispettata per chi è in stato irreversibile a patto che nelle cure non siano comprese idratazione e alimentazione. Non si può condannare nessuno a morire di fame e di sete.
Grazie Lorenzo.

Romano, Scelta civica - Ala
«Diffidare di chi ritiene che la migliore cura sia la morte»


Caro Lorenzo,
sono in larga parte d’accordo con te. Naturalmente parlo a titolo personale perché, su temi così delicati e che riguardano la propria coscienza, nessun parlamentare - a nessun titolo - può rappresentare altri se non se stesso.
Nella mia concezione di Stato, quest’ultimo è al servizio dell’uomo, l’uomo in quanto tale, e deve poter contribuire a che l’uomo sin dalla sua concezione possa crescere e vivere nel migliore dei modi.
Ho sempre diffidato dello Stato che si prende cura di sopprimere l’individuo, sia quando si tratta di una sanzione penale sia quando invece viene incontro ai desiderata dell’interessato o dei suoi familiari.
Penso che comunque vada rafforzato il sistema di assistenza per i malati che non vedono la luce in fondo al tunnel. Il sistema di assistenza sanitaria nel nostro Paese è uno dei migliori al mondo per qualità e gratuità, purtroppo non è sufficiente la rete assistenziale che dovrebbe accudire i malati più gravi, quelli cronici, quelli che come speranza hanno soltanto la qualità di quel poco di vita che a loro rimane.
Se uno sforzo legislativo ed economico il nostro Paese deve fare è proprio in questa direzione, chiamando a collaborare coloro i quali hanno sperimentato nella sofferenza quotidiana - medici, operatori, assistenti, familiari - ciò che va fatto e ciò che va evitato.
Su un tema come questo il legislatore deve porsi come lo studente pronto ad apprendere dai maestri della vita, non certamente da chi ritiene che la migliore cura sia la morte.

Palese, Conservatori - Riformisti
«Il vero tema è l'assistenza. Ora lo Stato torni a fare lo Stato»


Caro Lorenzo,
voglio dirti in primo luogo che sono molto colpito dal coraggio e dalla forza con cui vivi la tua malattia e, soprattutto, continui giustamente ad amare la vita. Da medico, prima ancora che da uomo e da esponente delle istituzioni, conosco bene l’entità e la complessità della tua condizione e i molteplici aspetti della tua sofferenza. Così come, purtroppo, sono ben consapevole della condizione delle strutture e dell’assistenza sanitaria nel nostro Paese, in generale e, purtroppo, soprattutto in casi come il tuo. È per questo che, pur essendo fermamente convinto che la vita sia un valore assoluto e un dono, leggendo le tue parole e spesso assistendo alle sofferenze patite in situazioni simili alla tua, sono stato seriamente messo in crisi. Ma poi, ogni volta che mi sono interrogato, e anche oggi leggendo il coraggio e la forza con cui vivi la tua condizione, mi rendo conto che ciò che mi mette in crisi è l’assoluta incapacità dello Stato a fare lo Stato, e quindi a garantire, come sarebbe giusto, le condizioni minime di umanità, di affetto, di assistenza adeguate alle enormi sofferenze degli ammalati e delle loro famiglie.
A titolo personale, come è inevitabile che sia su questioni etiche e delicate come questa, non posso che darti ragione e ti garantisco il massimo impegno affinché ogni iniziativa che verrà intrapresa non prescinda dalla necessità che lo Stato faccia tutto quanto deve e può fare per alleviare, dare sollievo a chi come te vive questa condizione. Uno Stato che sia Stato deve avere il coraggio e la capacità di affrontare questi temi e di non lasciare soli i malati e le loro famiglie. Con grande affetto e stima.

Marcon, Sinistra italiana
«Testamento biologico con nuove risorse per il sociale»


Caro Lorenzo,
la vita va rispettata all’inizio, durante e alla fine. E parimenti vanno rispettati il corpo, le emozioni, la sofferenza e la volontà di ciascuna persona. Per questo penso che quello che il Parlamento debba fare rapidamente è approvare un provvedimento sul cosiddetto testamento biologico che preveda la possibilità per ciascuno di noi di decidere autonomamente e anticipatamente se - in determinate e future condizioni - intenda avvalersi di cure, farmaci e anche di forme di idratazione e alimentazione forzata.
La persona con grave disabilità va seguita e abbracciata con l’amore, la condivisione fraterna e la solidarietà dalla società e dalle istituzioni, che devono fare la loro parte: servono molte più risorse, strutture più adeguate (negli ospedali e non solo) e iniziative concrete - valorizzando il volontariato - a favore della non autosufficienza, per tutte le persone che soffrono l’isolamento, il dolore, l’abbandono. Ogni vita, ogni persona è un dono bellissimo da curare e rispettare con amore.