Maternità surrogata. Corte d'Appello riconosce paternità di due bambini nati negli Usa
La Corte di Appello di Milano ha ordinato all'Ufficiale di Stato civile milanese di trascrivere integralmente nel registro degli atti di nascita del Comune i certificati di due bambini nati in California grazie alla tecnica dell'utero in affitto. Un altro riconoscimento a suon di sentenze di quella maternità surrogata che per legge in Italia invece è vietata. I due bimbi, che hanno la stessa madre (la venditrice di ovociti, ignota e con ogni probabilità semplicemente scelta su un catalogo in base a caratteristiche somatiche e genetiche), sono figli biologici di due uomini italiani, coniugati tra loro negli Usa e soci dell'associazione Famiglie Arcobaleno. Si parla dunque di due papà, perché i bambini sono stati concepiti in provetta dagli ovociti di una sola donna e dal seme di entrambi gli uomini. Ma di madri, a ben vedere, ce ne sono due: oltre a quella genetica c'è infatti quella che li ha portati in grembo e partoriti, e che per la legge italiana sarebbe la loro vera madre. L'una e l'altra donna, però, vengono estromesse da ogni legame con i bambini in tutti i contratti di maternità surrogata, dunque si presume anche in questo caso. La madre, in altre parole, viene cancellata.
I bambini negli Stati Uniti risultano figli dei due papà ma in Italia resteranno figli del solo papà biologico - come indicato negli atti di nascita -, ottenendo però il cognome di entrambi gli uomini ma senza essere fratelli.
L'ufficiale di stato civile milanese aveva rifiutato la richiesta della coppia ritenendola contraria all'ordine pubblico perché i bambini erano nati per il tramite della maternità surrogata (tecnica riproduttiva vietata in Italia dalla legge 40) e perché riportavano i cognomi di entrambi i committenti, pratica non consentita dalla legge italiana nel caso di due persone dello stesso sesso.
Dalla mancata richiesta di trascrizione discendeva che i bambini non potevano provare di essere riconosciuti in Italia come figli dai due uomini e, quindi, non potevano godere della cittadinanza italiana. Il Tribunale in primo grado aveva rigettato il ricorso dei due, i quali hanno però deciso di impugnare il provvedimento denunciandone l`ingiustizia al giudice di grado superiore, assistiti dai legali della rete Lenford, specializzata in vicende giudiziarie di persone "Lgbt".
Secondo la Corte di appello, gli atti di nascita dei due bambini non contrastano con l`ordine pubblico: il compito del giudice, a parere dei magistrati milanesi, è salvaguardare l`interesse preminente dei minori, che in questo caso si sostanzierebbe nel diritto a conservare lo status di figlio, a circolare liberamente nel territorio italiano ed europeo, ad essere rappresentato dal genitore nei rapporti con le istituzioni italiane, e a preservare la propria identità. La Corte d'Appello ha anche evidenziato come diniego dell`Ufficiale di Stato civile violasse il disposto della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Cedu), che presta tutela ai legami familiari a prescindere dal modo in cui sono sorti. Il Consiglio d'Europa cui la Cedu fa riferimento ha tuttavia recentemente respinto la proposta di legalizzare la maternità surrogata. Un dato che fa riflettere sull'interpretazione assegnata alla Convenzione dal giudice di Milano.