Il governatore Enrico Rossi afferma di averla voluta per evitare il Far West nell’accesso delle coppie alla procreazione medicalmente assistita eterologa. Ma la delibera approvata dalla giunta regionale toscana, in assenza di linee guida nazionali, rischia, al contrario, di creare difficoltà a tutto il sistema sanitario. Ne è convinto Federico Gelli, pisano, medico, deputato del Pd (lo stesso partito cui appartiene Rossi) e componente della commissione sanità della Camera. Gelli teme che il clamore sorto intorno alla normativa della Toscana spinga «diverse coppie del nord o sud Italia ad un viaggio della speranza in uno dei centri pubblici e privati», dell’ex Granducato. Se così fosse, si porrebbe un primo problema: chi pagherà quelle prestazioni? Normalmente quando un cittadino viene operato lontano da casa, il servizio sanitario della regione in cui è stata offerta la prestazione emette fattura alla Regione in cui risiede il paziente. In assenza di un «quadro normativo nazionale – commenta Federico Gelli – dubito che una regione che ha scelto di aspettare le indicazioni ministeriali, vorrà farsi carico di una prestazione – peraltro non ancora compresa tra i Livelli essenziali di assistenza – erogata in una struttura della regione Toscana». Per il parlamentare toscano, la delibera della Regione Toscana è supportata da accurate valutazioni scientifiche, ma lascia aperti diversi problemi di tipo etico ed organizzativo. Un esempio su tutti: Gelli ritiene essenziale che venga predisposta una banca dati nazionale dei donatori e dei riceventi – da affidare al centro nazionale trapianti – che consenta di tener traccia dei soggetti coinvolti nell’eterologa. Ebbene «in assenza di una banca di questo tipo, come verranno gestiti i donatori in Toscana? Da dove proverranno? Saranno solo toscani? Come evitare donazioni multiple in regioni diverse? E in tutte le regioni i donatori saranno sottoposti ad identici, approfonditi esami clinici e strumentali? Una questione di non poco conto, specie se si rendesse necessario risalire al padre biologico o ai fratelli in caso di particolari malattie». Insomma, il tema «è delicato e va trattato con molto equilibrio. L’obiettivo principale del legislatore è quello di garantire un diritto in totale sicurezza per i pazienti e i futuri nascituri ... visto anche l’ultimo caso del Pertini».E se Federico Gelli critica la "fuga in avanti" della Toscana chiede anche che adesso «il Governo e il Parlamento facciano la loro parte». Al Ministero il compito di emanare «nuove linee guida (le attuali risalgono a tre anni fa) che definiscano per tutti con chiarezza dove ci si può rivolgere per l’eterologa (fino ad oggi per l’omologa mi sembra si siano privilegiate le strutture private a quelle pubbliche); a quali e a che tipo di esami sottoporre i donatori; se, per chi e per quanto tempo deve essere garantito l’anonimato del donatore e come si regolamenta la sua tracciabilità; se e chi paga la prestazione: quanto il cittadino e quanto il servizio sanitario regionale». Al Parlamento il compito di «affrontare la questione su alcuni punti etici e normativi ancora da chiarire come l’anonimato, la compatibilità genetica, l’inserimento della Pma eterologa nei Lea e il recepimento delle direttive europee su questa materia».Anche Giuseppe Del Carlo, capogruppo Udc in consiglio regionale, osserva come la delibera della giunta regionale «forse ha prodotto notorietà al governatore Enrico Rossi, ma non può sciogliere tutti i nodi della questione». Commenta: «sull’eterologa il consiglio regionale non è stato coinvolto. Ma a settembre studieremo le forme per riaprire il dibattito in sede istituzionale».