Fine vita. Primo via libera alla Camera. E molti deputati non hanno votato
Primo via libera alla legge sul fine vita. Con 326 sì, 37 no e 4 astenuti la Camera ha approvato il testo che regola il consenso informato, la tutela di minori e disabili gravi e le disposizioni anticipate di trattamento, le cosiddette Dat. A favore, oltre a Pd e M5S, Sinistra italiana, Mdp, Psi, Alternativa libera e Des-Cd (con libertà di coscienza). Contrari, invece: Ap, Lega, Udc, Fratelli d’Italia, Idea, Civici e innovatori e Forza Italia. In dissenso ai rispettivi gruppi di opposizione hanno votato a favore Fabrizio Cicchitto, Stefania Prestigiacomo e Daniele Capezzone. Molti i deputati che non hanno partecipato al voto.
Regge quindi l’asse Pd-M5S, anche se il Pd ha mosso dei passi per venire incontro ad alcune obiezioni provenienti oltre che dalle opposizioni pure da ampi settori della maggioranza, per ampliare il ruolo del medico e tentare di contenere la deriva verso il suicidio assistito. Ieri, su proposta del presidente della Commissione Affari sociali Mario Marazziti, è passato un nuovo correttivo in base al quale il medico potrà non tener conto delle Dat ove appaiano «manifestamente inappropriate» o «non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente» ovvero «qualora sussistano terapie non prevedibili o non conosciute dal disponente all’atto della sottoscrizione, capaci di assicurare possibilità di miglioramento delle condizioni di vita».
Una previsione, quest’ultima, che stride con la premessa del testo (che definisce le volontà "disposizioni" e non più mere "dichiarazioni" rese dal paziente ancora in piena capacità di intendere e di volere) e soprattutto con la possibilità di rifiutare le cure che diventa un diritto, esteso anche a idratazione e alimentazione artificiale. Vietato - con una definizione che ha messo d’accordo tutti - l’accanimento terapeutico, nel testo è stata anche inserita una obiezione di coscienza "soft" (la relatrice Donata Lenzi del Pd esclude però che possa essere definita tale) che dovrebbe comunque consentire ai medici di rifiutarsi di staccare la spina.
Questi due giorni di maratona in aula hanno un po’ smussato gli attriti nella maggioranza, con queste mediazioni andate in porto, ma senza cambiare l’impostazione di fondo sui due temi più controversi dell’idratazione/alimentazione e della vincolatività delle disposizioni. Di qui il voto negativo, confermato, anche di settori della maggioranza che si erano fin dall’inizio opposti al testo. Il che - al di là dei numeri larghissimi che la norma ha riportato a Montecitorio - consente già di dire che la maggioranza non sarà autosufficiente al Senato. Per cui delle due l’una: o dovrà essere sancita una vera alleanza fra Pd e M5S, o dovranno essere concordate nuove e più sostanziali modifiche nella maggioranza.
«Pur votando convintamente no, fino all’ultimo, senza risparmiarci, abbiamo lavorato e ci siamo confrontati per apportare modifiche necessarie», rivendica Raffaele Calabrò, relatore di minoranza, di Ap. Avverte la capogruppo al Senato del partito di Alfano, Laura Bianconi: «Chi pensa che Palazzo Madama si limiterà a certificare il lavoro dei colleghi deputati si sbaglia. Ed anche di molto».
«Ci siamo opposti con tutte le nostre forze perché si vuole fare entrare nel nostro ordinamento giuridico l’eutanasia e nel modo più barbaro: la morte per fame e per sete», prende posizione un nutrito gruppo di deputati cattolici: Paola Binetti e Rocco Buttiglione (Udc), lo stesso Calabrò di Ap, Benedetto Fucci (Cor), Gianluca Gigli (Des-Cd), Cosimo Latronico (Cor), Domenico Menorello (Civici e Innovatori), Alessandro Pagano (Lega Nord), Antonio Palmieri e Francesco Paolo Sisto (Fi), Eugenia Roccella (Idea).
«Offriamo la nostra unità - avvertono - a quanti condividano con noi la volontà di difendere i valori umani e cristiani che stanno alla base della cultura del nostro popolo per fare in modo che il Senato possa sentire, prima di decidere, la forza della loro voce». Per Gigli infatti «malgrado i miglioramenti, il grimaldello per l’eutanasia resta, e si apre la strada a molti contenziosi». Una «brutta legge, un’occasione perduta», conferma Binetti. Un uomo «isolato dalla dimensione familiare e persino dalla compagnia qualificata del medico», denuncia Menorello. Mentre Gianpiero D’Alia, dei Centristi per l’Europa, che non ha partecipato al voto, parla di «legge pasticciata» e di «invasione» dello Stato «nella più intima delle sfere private». «Questa norma possono chiamarla come vogliono ma si legge solo in un modo: eutanasia. Un testo – denuncia Alessandro Pagano, della Lega – che vede anche evidenti profili di incostituzionalità».
«Attenzione, c’è una spinta più o meno consapevole delle persone più fragili fuori dalla cura e dall’assistenza sanitaria», denuncia il presidente di Scienza & Vita, Alberto Gambino. Per il centro studi "Livatino" viene meno «la relazione di fiducia» medico-paziente, «fondata da millenni sul giuramento di Ippocrate in vista del bene-salute dell’ammalato, sostituita dal principio della disponibilità della vita umana». Di medico «ridotto a mero esecutore testamentario» parla Massimo Gandolfini, presidente del comitato "Difendiamo i nostri figli". E promette una nuova mobilitazione in vista del voto al Senato.