Fine vita. Suicidio assistito per i malati terminali, l’Inghilterra ci riprova
L'inizio dell'anno parlamentare a Westminster, il 1° ottobre
La data c’è: il 16 ottobre. La volontà politica pure. Sono le premesse della svolta eutanasica che potrebbe compiersi nei prossimi mesi nel Regno Unito. La legge attesa a Westminster porta la firma della laburista Kim Leadbeater. Si tratta di un provvedimento che riconosce ai malati terminali adulti di Galles e Inghilterra, ancora capaci di intendere e volere, il diritto a ottenere dai medici l’aiuto necessario a morire. È il cosiddetto suicidio assistito che il Codice penale contempla al momento tra i reati punibili con la reclusione fino a 14 anni.
Non è la prima volta che al Parlamento approda un testo del genere. Nel 2015 ci ha provato, ai Comuni, il laburista Rob Marris; nel 2021, ai Lord, la baronessa Molly Meacher. Tutti i tentativi sono finora falliti ma questa volta è diverso. Il testo della Leadbeater gode dell’appoggio (neppure troppo tacito) del governo. Il premier Keir Starmer ha ribadito che lascerà liberi i deputati di votare come vogliono. Ma è indubbio che la sua personale apertura alla legge, maturata durante gli anni da procuratore della Corona, conta. Ieri, per esempio, ha dichiarato senza mezzi termini di essere «molto contento» di poter mantenere la promessa fatta a Esther Rantzen, la presentatrice televisiva affetta da un cancro in stadio terminale diventata testimonial del diritto a morire.
La svolta eutanasica potrebbe essere favorita anche dall’appoggio di alcuni deputati Tory.
«L’atmosfera è cambiata – ha commentato Sarah Wootton, del movimento Dignity in Dying – allineandosi finalmente all’opinione pubblica». Secondo un sondaggio Savanta, il 48% dei britannici è favorevole alla legge, il 21% contrario. Il resto non sa. Per le associazioni di ispirazione cristiana, invece, il provvedimento è, semplicemente, «pericoloso e ideologico». «Il governo si concentri piuttosto sulle cure palliative – ha tuonato Gordon Macdonald, direttore di Care Not Killing – visto un quarto dei britannici non ha la possibilità di accedervi».