Vita

Suicidio assistito. «Non ogni sofferenza può spingere a darsi la morte»

Marcello Palmieri martedì 2 luglio 2024

Sempre in tema di trattamenti di sostegno vitale, c’è attesa per una sentenza della Corte costituzionale che dovrebbe essere pronunciata a giorni. Ai fini di poter accedere al suicidio assistito, sono considerati tali solo i presìdi meccanici senza i quali la vita è impossibile, oppure qualsiasi terapia la cui sospensione provocherebbe in un tempo non necessariamente breve la morte del paziente? È questa la domanda a cui dovranno rispondere i giudici costituzionali, sollecitati dal gip di Firenze. Questi i fatti: Massimiliano, 44 anni, era affetto da sclerosi multipla. Almeno apparentemente recava in sé tutte le condizioni cui la Consulta, con la sentenza 242/2019, subordinava la possibilità di non perseguire penalmente chi lo avesse aiutato a morire. Ne mancava però una: la sottoposizione a trattamenti di sostegno vitale. Nonostante ciò, come avvenuto per altri casi, Marco Cappato e altri due esponenti radicali hanno accompagnato l’uomo per l’ultimo viaggio in un centro specializzato in Svizzera, salvo poi trovarsi indagati per aiuto nel suicidio dopo la loro autodenuncia.

Ed ecco la difesa, fatta propria dal gip di Firenze e ora al vaglio della Corte costituzionale: a loro avviso, integra il requisito della sottoposizione a un trattamento di sostegno vitale qualsiasi pratica medica la cui sospensione generi in breve tempo la morte. Non è però così per il Centro studi Scienza & Vita, che insieme all’Unione giuristi cattolici italiani si è avvalsa della possibilità di far pervenire alla Corte un proprio parere scritto, trasmesso in qualità di “amici curiae”. Insomma: da cultori del diritto, anche se tecnicamente estranei alla vicenda oggetto della futura pronuncia da parte dei giudici. Per loro la questione al vaglio della Consulta sarebbe irrilevante e inammissibile: prima ancora di parlare di trattamenti di sostegno vitale – così argomentano infatti le due realtà di ispirazione cristiana– bisogna considerare che nel caso in esame mancano in concreto anche altre condizioni previste dalla Corte costituzionale per depenalizzare l’aiuto nel suicidio. La prima di queste è la previa sottoposizione del paziente a un ciclo di cure palliative, che per la sentenza 242/2019 della Consulta avrebbero dovuto costituire il «prerequisito» di qualsiasi altra scelta, dunque anche del suicidio assistito. Vi sono poi seri dubbi sulla presenza di una vera libertà della volontà suicidaria in capo a Massimiliano: qui le associazioni cattoliche trascrivono parte della sentenza costituzionale 141/2019, pronunciata in tema di prostituzione, che rileva come «la linea di confine tra decisioni autenticamente libere e decisioni che non lo sono si presenta fluida già sul piano teorico», perché può accadere che tale vulnerabilità possa «condizionare e limitare la libertà di autodeterminazione dell’individuo».

Scienza & Vita e i Giuristi cattolici si addentrano poi in alcune questioni tecniche, che rivestono però grande importanza giuridica. Per loro la questione posta è inammissibile, anche perché il gip di Firenze non chiede alla Corte di pronunciarsi sulla costituzionalità o meno di una norma ma su quale sia l’interpretazione corretta di una precedente sentenza di quegli stessi giudici. Anzi: «A ben leggere l’ordinanza in questione – fanno notare le associazioni –, essa sembra presentarsi come un vero e proprio gravame contro la succitata decisione n. 242» della Corte. In parole povere: il gip chiede alla Consulta di rivedere la propria sentenza del 2019, allargandone le maglie. Una procedura inesistente per il diritto costituzionale. Venendo poi, verso la fine del proprio parere, a commentare la questione specifica su cui si pronuncerà a breve la Consulta, Scienza & Vita e Giuristi cattolici spiegano che considerare trattamento vitale anche una terapia farmacologica significherebbe eliminare «un requisito sostanziale indispensabile nella decisione del 2019», e dunque affermare «un principio di disponibilità della vita umana per ogni situazione di malattia inguaribile e sofferenza: un principio estraneo al nostro ordinamento».