Indagine. Figli in provetta sempre più tardi e a ogni costo
Cresce l’età media delle coppie che fanno ricorso alla procreazione assistita: l’Italia diventa così detentrice di un altro primato che fa il paio in negativo con il record di denatalità saldamente e tristemente detenuto dal nostro Paese. È il dato più eclatante che emerge da un rapporto del Censis («Diventare genitori oggi: il punto di vista delle coppie in procreazione medicalmente assistita»), presentato al Senato. Si è passati dai 37,7 anni di media del 2008 ai 39,8 anni del 2016 per gli uomini, e dai 35,3 ai 36,7 anni per le donne. «C’è un problema di informazione, ma ancor prima culturale – ha detto Ketty Vaccaro, responsabile dell’area Welfare e salute del Censis – che porta a sottovalutare i limiti alla fertilità e il tema delle genitorialità. Un limite culturale che investe anche la sfera politica, mancando un piano organico di interventi a favore della natalità». «La possibilità di avere un bambino è molto ridotta oltre i 40 anni e viene definita "aneddotica" a 44 – ha detto Filippo Ubaldi, direttore del Centro Genera della Clinica Valle Giulia di Roma –. Sono dati ben conosciuti dai ginecologi, ma poco presenti nella percezione diffusa, in cui prevale il mito della donna quarantenne ancora nel pieno dello splendore». Il racconto degli operatori descrive donne che, alla soglia dei 37-38 anni, prendono atto della amara verità delle leggi naturali e vengono prese da improvvisa fretta e da un’ansia che va incontro, man mano che l’età cresce, a una percentuale sempre maggiore di insuccessi nelle pratiche procreative. Interessante anche il dato che vede il 30 per cento delle coppie che praticano la fecondazione assistita aperta anche all’adozione di un bambino. La ricerca, curata in collaborazione con la fondazione Ibsa di Lugano (il Canton Ticino è fra le zone dove si pratica il mercato libero della procreazione assistita, dunque appena oltre confine) evidenzia anche una spinta forte, ma pur sempre minoritaria, proprio verso la piena liberalizzazione che viene dalle coppie che in Italia fanno ricorso alla procreazione assistita. Il 46 per cento di esse è favorevole alla maternità surrogata, il 45 per cento ritiene che la procreazione assistita dovrebbe essere consentita anche ai single e il 42 anche alle coppie omosessuali, mentre il 46 dice sì all’eterologa. Un campione, per ovvie ragioni, non particolarmente rappresentativo proprio alla luce del diffuso errore di prospettiva che porta a guardare in ritardo e come ultima chance a queste pratiche riproduttive, con il rischio più alto, fra chi vi fa ricorso, di cadere nella sindrome del "figlio a tutti i costi" abbattendo ogni regola o divieto. Ma dal convegno arriva un’importante novità anche sul piano dei lavori parlamentari. La porta la senatrice del Pd Donella Mattesini, che annuncia che «per fine giugno» inizierà alla Commissione Sanità del Senato, con la fase delle audizioni, l’esame della riforma della legge sulla procreazione assistita (la legge 40) alterata da alcune sentenze della Consulta. Secondo la tesi di chi vorrebbe allentare ulteriormente i vincoli dellalegge, si tratterebbe di riadattare il testo alla luce di questi pronunciamenti, ma c’è già chi chiede molto di più. «Sarebbe il caso di eliminare anche tutti i residui divieti», auspica Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Luca Coscioni, che indica nell’utilizzo ai fini della ricerca degli embrioni sopranumerari uno dei prossimi obiettivi. L’associazione prende la palla al balzo, partendo da una discutibile interpretazione di questi dati: «Italiani più avanti della politica», dice con un comunicato a commento del rapporto Censis.