Il direttore risponde. Famiglia e figli: quel silenzio eccellente e il tempo della «ragione quotidiana»
Caro direttore,
c’è un solo modo per evitare che una grande manifestazione di piazza, anche se significativa e provvidenziale, resti un evento isolato: usare quotidianamente la ragione per informare e convincere. In piazza San Giovanni sabato scorso si è ripetuto: “Non siamo contro nessuno. Siamo per la famiglia, quella vera”. A me pare che per convincere bisogna premere l’acceleratore ancora di più su ciò che è positivo, bello, vero, entusiasmante, stupefacente, moderno. Il punto di partenza è il figlio. Il dibattito sul disegno di legge Cirinnà e sul “gender” è l’occasione per una riflessione profonda sul figlio. Perché nessuno può esistere se non come figlio? Perché il succedersi delle generazioni? In definitiva: chi è il figlio? Queste domande appartengono alla modernità, tant’è vero che la convenzione universale sui diritti del fanciullo del 1989 (art. 3) stabilisce che in ogni scelta bisogna tener conto prioritariamente dei diritti e degli interessi del bambino. Dunque proprio pensando ai figli possiamo interpretare la realtà e organizzare meglio il nostro vivere insieme. Questo è anche un modo di ragionare laico, tant’è vero che proprio pensando ai figli si comprende la ragione per cui la laicissima dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (e le convenzioni che ne sono derivate) qualifica la famiglia come nucleo fondamentale della società e dello Stato. Perché la “fondamentalità” se non perché la famiglia attraverso i figli garantisce l’esistenza stessa delle società e la loro speranza? Ciò che è fondamentale riguarda il bene comune: dunque la famiglia deve essere promossa e collocata nell’ambito del diritti pubblico. Certo: lo Stato moderno deve anche garantire la libertà di tutti, anche di coloro che hanno diverse tendenze sessuali. Ma l’esercizio di queste tendenze non può essere considerato fondamento della società e dello Stato. Appartiene alla sfera privata dove è richiesta soltanto la garanzia contro possibili violenze e compressioni della libertà.
Dobbiamo essere molto grati a coloro che con tanta fatica, passione e intelligenza hanno organizzato la manifestazione di piazza San Giovanni “Difendiamo i nostri figli”. Ora dobbiamo impedire che l’uso della ragione sia ostacolato da operazioni di diversione (già in corso) che vorrebbero immiserire la coralità dell’incontro in nome dei figli, rappresentandolo come frutto e manifestazione di divisione tra associazioni e movimenti cattolici, tirando addirittura in ballo il Papa e i vescovi e contrapponendo, manco a dirlo, i cattolici ad altri credenti e laici (che in piazza con i cattolici, e in modo davvero significativo per il nostro Paese, invece c’erano). Per evitare che in questo modo l’evento del 20 giugno sia chiuso tra parentesi e alla fine privato delle sue potenzialità, è ora necessario l’uso della ragione quotidiana, la dimostrazione della bellezza ed essenzialità della famiglia fondata su un pubblica permanente assunzione di responsabilità di un uomo e di una donna, la prova di una unità, non solo ideale ma anche strategica, dei credenti, compresi coloro che sono impegnati in politica. È la condizione e il presagio di una unità più grande: quella di tutti gli uomini.
Carlo Casini