Vita

Nocera Umbra. Se il gender è un paradosso l'ironia serve

Luciano Moia sabato 2 maggio 2015
Il gender? Un paradosso da guardare con un misto di severità, ironia e misericordia. La severità nasce dall’esigenza di prendere le distanze in modo netto e senza tentennamenti da una “teoria” che pretende di cancellare la natura e di ricondurre tutto alla cultura se non, nei peggiori dei casi, all’arbitrio del momento. L’ironia sorge inevitabile osservando gli eccessi in cui i teorici del gender stanno cadendo nel tentativo progressivo e inarrestabile di destrutturazione del maschile e del femminile. Una caparbietà che ha ormai sfondato il muro del paradosso: il vecchio acronimo Lgbt, poi diventato Lgbtq e ancora Lgbtqai non basta ormai più per abbracciare i 70 “generi sessuali” a cui è arrivato Facebook Usa nello sforzo maniacale di offrire ai suoi utenti una varietà quando più possibile onnicomprensiva. E a ciascuna delle 70 varianti si possono applicare 6 “gradazioni”. In tutto 420 “generi” sessuali. Una gamma così vasta - e così assurda - da far impallidire le previsioni di Bauman sulla società liquida. Siamo arrivati all’affettività liquida, anzi liquefatta, fluida, aerea. Cioè inesistente. Perché l’affettività, per essere soddisfacente e serena, ha bisogno di relazioni autentiche, non di variabili infinite che riflettono solo l’incapacità di uscire da sé, in un contorcimento narcisistico che configura solitudine, incertezza, infelicità. E qui entra in gioco la misericordia. Se è vero che le bugie del gender possono ingannare tutti, è altrettanto vero che sono proprio le persone più fragili, più insicure della propria identità sessuale, a soffrirne maggiormente. Perché, dopo essere cadute nella spirale dell’agglomerato luccicante e sconvolgente della trasfigurazione sessuale perenne – un giorno uomo, l’altro donna, poi trans, poi queer, poi asexual secondo un percorso che può toccare tutte le 420 possibilità di Facebook – queste persone finiranno presto o tardi per lanciare un grido di disperazione e di aiuto. E andranno accolte con spirito di fraternità e di com-passione, nella logica di una Chiesa che include e integra, senza escludere nessuno. Giusto, ma come? La Settimana nazionale Cei di studi sulla spiritualità coniugale e familiare, in corso a Nocera Umbra, mette a fuoco proprio bugie, paradossi e sofferenze che nascono dalle “gender theory” nella consapevolezza però che la contrapposizione non serve, il muro contro muro rischia di diventare una guerra di opposte ideologie che non fa bene a nessuno. Don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la famiglia, fa addirittura ricorso a un passaggio della liturgia pasquale per sintetizzare l’atteggiamento che deve segnare la svolta pastorale auspicata anche dal Sinodo: “Felice colpa che meritò un così grande Salvatore”. Cioè la guarigione portata da Cristo è superiore anche al disegno originario. Di conseguenza anche la Chiesa deve attrezzarsi per trovare la modalità più opportuna nell’affrontare le macerie del gender. Con equilibrio, simpatia, misericordia. E si tratta di un abbraccio da rivolgere, con la stessa intensità, a credenti e non credenti. Perché, come fa notare il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, il “percorso sinodale è aperto a tutti, persone di fede e persone in ricerca, nella consapevolezza che il Vangelo della famiglia va annunciato in modo nuovo, più efficace, più penetrante per gli uomini del nostro tempo”. Parlare allora di complementarietà e di reciprocità, fa notare il cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona, vuol dire andare alla radice della verità coniugale, ricordando che all’inizio Dio “maschio e femmina li creò”. E che quello nuziale è un progetto che attraversa tutta la storia della salvezza. Altri contributi di grande spessore presentati alla “Settimana” – tra cui quelli dello psichiatra Tonino Cantelmi, della docente di filosofia morale Susy Zanardo, del rettore dell’Istituto cattolico di Parigi Philippe Bordeyne e del direttore dell’Istituto di teologia del corpo di Lione, Yves Semen – troveranno spazio con ampie sintesi sul nostro mensile “Noi genitori & figli” in edicola con Avvenire domenica 31 maggio.