Vita. Eutanasia, suicidio assistito, cure palliative: 4 interventi del Papa in 4 mesi
Quattro interventi in quattro mesi, tutti più che espliciti. Sui temi oggi al centro del dibattito italiano e globale sul fine vita il Papa non si è certo risparmiato. E ieri è tornato a occuparsene nel messaggio per la Giornata mondiale del malato 2020, in programma come sempre l’11 febbraio, memoria della Vergine di Lourdes, invitando gli «operatori sanitari» a impegnarsi perché «il vostro agire sia costantemente proteso alla dignità e alla vita della persona, senza alcun cedimento ad atti di natura eutanasica, di suicidio assistito o soppressione della vita, nemmeno quando lo stato della malattia è irreversibile». Infatti «la vita va accolta, tutelata, rispettata e servita dal suo nascere al suo morire: lo richiedono contemporaneamente sia la ragione sia la fede in Dio autore della vita», che ci ricorda come «la vita è sacra e appartiene a Dio», e «pertanto è inviolabile e indisponibile». Una scelta di campo che può costare. «In certi casi – aggiunge il Pontefice – l’obiezione di coscienza è per voi la scelta necessaria per rimanere coerenti a questo “sì” alla vita e alla persona». Comunque, sempre «la vostra professionalità, animata dalla carità cristiana, sarà il migliore servizio al vero diritto umano, quello alla vita» perché «quando non potrete guarire, potrete sempre curare con gesti e procedure che diano ristoro e sollievo al malato», una «persona» avvolta nella «notte del corpo e dello spirito» che è la malattia. «Ogni intervento diagnostico, preventivo, terapeutico, di ricerca, cura e riabilitazione è rivolto alla persona malata, dove il sostantivo “persona”, viene sempre prima dell’aggettivo “malata”».
C’è in queste nuove parole l’eco di quelle spese il 2 settembre ricevendo l’Associazione italiana di oncologia medica: «La pratica dell’eutanasia – disse –, divenuta legale già in diversi Stati, solo apparentemente si propone di incentivare la libertà personale; in realtà essa si basa su una visione utilitaristica della persona, la quale diventa inutile o può essere equiparata a un costo, se dal punto di vista medico non ha speranze di miglioramento o non può più evitare il dolore». Pochi giorni dopo, il 20 settembre, tornò sul tema con la Federazione dei medici italiani cui disse che «si può e si deve respingere la tentazione – indotta anche da mutamenti legislativi – di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’eutanasia. Si tratta di strade sbrigative di fronte a scelte che non sono, come potrebbero sembrare, espressione di libertà della persona, quando includono lo scarto del malato come possibilità, o falsa compassione di fronte alla richiesta di essere aiutati ad anticipare la morte». Una riflessione integrata il 29 novembre con i giuristi del Centro Studi Livatino spiegando che «in tema di diritto alla vita vengono talora pronunciate nelle aule di giustizia» sentenze «per le quali l’interesse principale di una persona disabile o anziana sarebbe quello di morire e non di essere curato» o che «secondo una giurisprudenza che si autodefinisce “creativa”, inventano un “diritto di morire” privo di qualsiasi fondamento giuridico, e in questo modo affievoliscono gli sforzi per lenire il dolore e non abbandonare a sé stessa la persona che si avvia a concludere la propria esistenza».