Bioetica. Eterologa, le Regioni verso un accordo
Per rimediare a un comma cassato un po’ superficialmente dalla Corte Costituzionale – la prova è nel groviglio di questioni giuridiche, etiche e umane che quel tratto di penna ha prodotto – non si può far altro che ricorrere a un’altra legge. A questo paradosso si è arrivati, con la complicazione che a premere sulle Regioni, il Governo e l’opinione pubblica per una deregulation sono gli stessi centri privati che hanno spinto per l’abrogazione dell’articolo 4 terzo comma della legge 40 e che ora chiedono di poter aprire il promettentissimo mercato dei figli concepiti in provetta con gameti esterni alla coppia. Malgrado il Consiglio dei ministri dell’8 agosto abbia parlato chiaro rimandando la materia al Parlamento e spiegando che solo dopo una norma chiara si sarebbe potuto procedere su un terreno sostanzialmente inesplorato, alcune Regioni hanno fatto capire di voler accelerare i tempi senza attendere il varo di una disciplina uniforme sul piano nazionale, attesa – secondo il ministro della Salute Beatrice Lorenzin – non prima di fine anno, e sempre che partiti e Camere accettino di procedere in sede legislativa. La calma in vista dell’incontro tra i tecnici nominati dalle Regioni e, a ruota, tra gli assessori regionali mercoledì prossimo a Roma è dunque solo apparente. Prevalgono le dichiarazioni prudenti, anche perché non tutti sono entusiasti all’idea di allinearsi alla Regione Toscana che il 28 luglio ha varato una delibera con la quale apre all’eterologa nelle strutture regionali entrando anche in dettagli tecnici inquietanti. È il caso dell’allegato B, punto 3.3, dove si esplicita che per potenziali donatori e donatrici dovrà «essere specificata etnìa di appartenenza» mentre le «caratteristiche fenotipiche di donatori e donatrici devono includere peso e altezza, colore degli occhi – castani, verdi, neri, azzurri –, colore naturale dei capelli – nero, castano, biondo, rosso –, tipo naturale di capelli – lisci, ondulati, ricci –, carnagione – pallida, rosea, olivastra, scura». Sono le premesse per una vera e propria selezione della razza e del bambino desiderato, dalla quale non possono che scaturire i "cataloghi" per la scelta delle caratteristiche sinora negati con sdegno ma che sono diventati prassi commerciale in molti Paesi dove l’eterologa è stata legalizzata senza porre alcun limite efficace. La possibilità di aprire la porta all’eugenetica è stata categoricamente esclusa da Beatrice Lorenzin, che aveva chiarito come la donazione di gameti dovesse ispirarsi alle regole vigenti in materia di «di tessuti e cellule umani», come il sangue o il midollo osseo. Nella bozza di decreto legge con la quale si era presentata in Consiglio dei ministri – poi inviata alle Camere come testo base di lavoro – il ministro aveva anche chiarito altri princìpi come la gratuità della donazione, l’anonimato limitabile «ai fini della tutela della salute dell’embrione o del nato», il tetto di 10 nascite per donatore, l’informazione al nato da eterologa sulle «modalità del suo concepimento». Assicura «pressante vigilanza sugli aspetti etici» il coordinatore della Commissione Salute delle Regioni, l’assessore veneto Luca Coletto: «Con la vita non si scherza – dichiara ad Avvenire –: come Regioni, chiamate a garantire l’accesso a una prestazione sanitaria secondo il dettato dell’articolo 32 della Costituzione, abbiamo la preoccupazione di evitare lungaggini per prevenire fughe all’estero, ma è indispensabile mettere a punto protocolli uniformi, sicuri e controllati. Dobbiamo saper prendere la strada che presenta i rischi minori, ben sapendo che sarà in salita, ma chi ha fatto una scelta più facile ha anche generato situazioni caotiche ed eticamente molto problematiche». L’obiettivo della riunione tra le Regioni, specifica Coletto, è di «esaminare il testo del ministro e offrire al Governo e al Parlamento una nostra proposta condivisa come contributo per regolamentare in modo chiaro e definitivo una materia delicatissima». Quanto ai costi, Coletto condivide l’intento del Ministero di inserire l’eterologa nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) «facendo pagare solo un ticket», anche se non si nasconde «i problemi di bilancio». Ma dopo la sentenza della Consulta «non possiamo fare diversamente».