INIZIATIVA DEL CIPOMO. Giovani oncologi a scuola di umanità
Da sinistra, Alberto Scanni e il vescovo Vincenzo Paglia
Venti giovani oncologi provenienti da varie regioni del Paese hanno conseguito il mese scorso il diploma finale del primo Corso di umanizzazione della Scuola Cipomo (Collegio italiano primari oncologi medici ospedalieri). Esperienza a loro giudizio molto positiva e arricchente. Tornati nelle loro sedi trasferiranno quanto appreso divenendo gli “apripista” di una medicina che vede non solo nel curare ma nel “prendersi cura” la vera ragione del proprio esistere.
Perché Cipomo ha deciso di istituire una Scuola di umanizzazione? Perché in università si insegna poco a essere empatici con i pazienti. Molte nozioni tecniche, molti quiz, molte lezioni ex cathedra, ma quasi nulla sull’essere umani verso i malati.
Un grande oncologo, Gianni Bonadonna, diceva: «Ci vorrebbe una “cattedra di umanità” dove insegnare che fare diagnosi, dare buone cure e far fare esami non è tutto. Che a volte è più importante l’ascolto e una buona parola, che dare al malato tempo di esprimersi è indispensabile, che una “mano sulla spalla” può essere più utile di una iniezione, che chi sta male non vuole stare solo e ha bisogno di un esperto che lo accompagni e non lo abbandoni mai».
E allora partendo da queste premesse Cipomo ha creato una vera e propria “Scuola di umanità” (Humanities in oncology) per giovani oncologi. Una scuola residenziale, con sede propria a Piacenza, con docenti ad hoc, gratuita con frequenza obbligatoria (20 posti per ogni corso), per approfondire le tematiche del rapporto medico-paziente e le motivazioni alla base dell’arte medica.
“Una scuola” che formi giovani oncologi a essere attenti verso “malati difficili” che auspicano un medico empatico. Organizzativamente si parte sempre dalla testimonianza di un paziente, a cui seguono approfondimenti di esperti (oncologi, eticisti, psicologi), per passare a formatori che guidano una discussione tra i partecipanti e i relatori. Segue una fase in cui gli “studenti” vengono spinti a cimentarsi, in prima persona, attraverso esercitazioni e role-playing (giochi di ruolo).
Il corso si articola in tre moduli su aree specifiche (Il tempo e la parola, Il dolore e la speranza, Il gruppo e i sistemi), due giornate per modulo, 35 ore in totale, 50 crediti formativi, diploma finale. Di fronte a una medicina sempre più burocratizzata e tecnologizzata, dove le regole della economia mettono in un angolo i bisogni spirituali del malato, quello su cui non si possono fare sconti è la “tenuta” del senso umano dell’atto medico.
Alla base vi deve essere un addestramento ad avere una “carità interpretativa” che permette di entrare in sintonia col malato. Gestire emozioni, vivere il silenzio come propedeutico a un incontro e non come barriera a un dialogo, comprendere come un comportamento possa essere determinante quanto le cure mediche, sono tutte cose importanti per una buona medicina.
Con questa iniziativa Cipomo se ne fa concretamente carico di fronte al disorientamento, la sofferenza e il dolore di una persona. Per agire, consolare e ascoltare bisogna possedere arte e stile, serve un equilibrio emotivo e queste cose vanno insegnate.
Presidente emerito Cipomo
(Collegio italiano Primari oncologi medici ospedalieri)