Vita

Suicidio assistito. L'Emilia Romagna strappa. Opposizioni e cattolici pronti al “no”

Chiara Pazzaglia, Bologna lunedì 12 febbraio 2024

Il governatore della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini

Quarantadue giorni per morire: non è il titolo di un film, ma è il tempo che potrà intercorrere, in Emilia-Romagna, tra l’espressione del desiderio di ricorrere al suicidio assistito e la sua esecuzione. A luglio 2023 l’Associazione Luca Coscioni ha depositato le 7mila firme necessarie per la proposta di legge popolare. Così è partito l’iter che, passati sei mesi, obbliga la Regione a portare il tema in discussione. Si tratta di un atto formale, che si è concretizzato con il rinvio in IV Commissione Politiche per la salute e sociali. Nel frattempo, però, il governatore Stefano Bonaccini ha cercato di evitare un “Veneto bis”, anticipando il voto d’aula con una delibera di giunta regionale che dà applicazione alla sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale. La delibera, infatti, dettaglia il percorso per il suicidio medicalmente assistito: la richiesta va inviata dal cittadino che desidera ricorrervi alla Direzione sanitaria dell’Ausl, che la passa alla Commissione di valutazione di Area Vasta, che effettuerà una prima visita al paziente. In 20 giorni questa dovrà produrre una relazione che invierà al Corec, il Comitato regionale per l’etica nella clinica. Quest’ultimo esprimerà un parere (non vincolante) entro sette giorni, mentre la Commissione stilerà la relazione conclusiva. Entro ulteriori 7 giorni, se la Commissione darà il via libera, si avvierà la procedura. Ma perché Bonaccini non ha portato la legge al voto dell’aula? «Semplicemente perché rischia di non avere voti sufficienti» osserva Valentina Castaldini, consigliera regionale di Forza Italia.

Il “fronte del no” non è una sparuta minoranza di contrari, bensì un nutrito fronte bipartisan. Castaldini sta preparando un ricorso al Tar e oggi presenterà una risoluzione per richiedere un parere all’Avvocatura dello Stato proprio sulla legittimità della delibera. Anche Giuseppe Paruolo, Consigliere Pd, non ha mai fatto mistero di essere contrario al suicidio assistito e al fatto che sia la Regione a dover decidere. «Io continuo a pensare che dovrebbe essere il Parlamento a legiferare, senza abbandonare il campo alle sentenze, alle interpretazioni e lasciare che ogni Regione proceda in modo diverso» dice. La delibera, infatti, al di là del fatto che sia stata scritta correttamente o meno (lo stabiliranno i ricorsi), è chiaramente un palliativo: la cosiddetta “Sentenza Cappato” del 2019 è stata applicata in Italia per la prima volta nel 2021, da allora i beneficiari si contano sulle dita di una mano.

Sul tema è ovviamente intervenuto ieri nuovamente il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini. «Noi ci auguriamo che ci sia una legge nazionale, altrimenti saremo di fronte a qualcosa di clamoroso se ogni regione dovesse muoversi a seconda della propria volontà o non volontà. Io credo che l'appello più grande vada fatto al Parlamento” - ha detto -. Il nostro obiettivo è quello di applicare la sentenza della Corte Costituzionale. Non vogliamo vedere ciò che si è visto in altre Regioni, dove cittadini in condizione di grande sofferenza inseguono le istituzioni o si rivolgono a un tribunale per avere una risposta».
Domenica, in occasione della Giornata mondiale del malato, il cardinale Matteo Zuppi ha ribadito nella sua omelia che occorre «favorire al massimo l’assistenza a casa, la rete di relazioni, evitando l’anonimato che disorienta e deprime». Non solo: secondo l’arcivescovo di Bologna, «quello che è decisivo è togliere il dolore e, allo stesso tempo, garantire un livello di cura alto, che si prenda sempre cura della tua condizione ed eviti i due rischi: quello di un’ostinazione irragionevole nelle cure (l’accanimento, le cure sproporzionate che producono inutili sofferenze), o la desistenza (lasciare perdere, fare mancare terapie o condizionarle alla convenienza economica). Per tutti occorre sia sempre garantita un'appropriata terapia del dolore, compresa la sedazione palliativa sempre in associazione con la terapia del dolore. Gesù vuole che nessuno soffra. Non ama la sofferenza, non scappa e non risolve la sofferenza togliendo la vita ma togliendo il dolore. Perché io sia davvero libero di decidere debbo poter avere queste condizioni. Come possiamo gioire del diritto alla morte? Gioiremo solo per il diritto alla vita, quando questa viene protetta dalla sofferenza da cure adeguate che diano dignità fino alla fine, perché la cura è il vero diritto».