Sul campo. Chi restituisce ai bambini disabili il diritto di giocare
Un'esperienza di espressività tattile in una sede de L'Abilità
Giocare significa vivere un tempo e uno spazio in cui l’unica cosa che importa è il gioco stesso. Giocare non è solo un’attività, ma una condizione esistenziale. E se per gli adulti non è più scontata, per i bambini sembra essere la cosa più spontanea possibile. Non vale però per tutti: i bambini con disabilità infatti, dal momento della diagnosi in poi, si ritrovano immersi in attività riabilitative e didattiche, che lasciano poche possibilità per il gioco. A Milano esiste – da 25 anni tondi – un posto, forse l'unico in Italia, pensato unicamente per permettere a bambini con disabilità di dedicarsi all’attività più semplice del mondo. Si chiama LudoLab ed è un centro ideato e gestito dall'associazione “L’Abilità onlus”. Dal lunedì al venerdì circa 70 bambini fino agli 11 anni con diverse tipologie di disabilità hanno a disposizione spazi e giochi pensati appositamente per loro.
«Giocare è un’attività fondamentale per lo sviluppo, ma soprattutto per il benessere del bambino – afferma Elisa Rossoni, pedagogista e coordinatrice del LudoLab –. Il gioco deve essere un piacere, un’espressione di libertà fine a sé stessa, non solo qualcosa di didattico o terapeutico». È una forma di superamento del limite dettato dalla patologia e della considerazione della disabilità prima dell’attenzione alla persona, in questo caso un bambino che, secondo la Convenzione Onu sui Diritti dell’infanzia, ha diritto al gioco. Rossoni sottolinea come «giocare con un bambino con disabilità non è affatto semplice: per questo abbiamo realizzato diverse stanze, curate nei minimi dettagli, per sviluppare percorsi e attività differenziate e adattabili a seconda delle esigenze ». Sono state realizzate sei stanze per sei modalità di gioco differenti dove per un’ora e un quarto a settimana un bimbo, anche con una grave forma di disabilità, può giocare con un’educatrice oppure con un gruppetto di coetanei. E così esiste un posto dove si alternano luci colorate e proiezioni sul soffitto, dove tra pouf e materassi ad acqua si può ascoltare la musica. La chiamano stanza incantata ed è un ambiente multisensoriale per rilassarsi o addirittura, grazie ai suoni e ai materiali, sperimentare una diversa percezione del proprio corpo.
Nella stanza dei saperi invece si può giocare a memory, fare un puzzle o sfidarsi in un giro dell’oca. Sono dei giochi che a volte sono semplificati, ma più spesso semplicemente diversi, perfezionati in vent’anni di sperimentazioni e collaborazioni con tanti enti diversi. Il memory, per esempio, è stato realizzato in collaborazione con studenti della Naba (la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano), ha tessere spesse e sagomate e non si basa su uno sforzo mnemonico ma sull’individuazione di immagini che rappresentano oggetti simili. Per altri giochi invece basta una semplice aggiunta o modifica, come un portacarte per bambini che non riescono a tenerle in mano, per permettere a tutti di partecipare.
C'è poi la stanza delle magie, dedicata al gioco simbolico e funzionale, mentre in quella dell’esperienza si praticano attività motorie. Il bowling e la pallacanestro, per esempio, vengono riprogettati nelle modalità e nei materiali diventando accessibili e divertenti anche per bambini con mobilità ridotta. Nella stanza degli intrecci si praticano giochi basati sull’interazione sociale: per far scoppiare le bolle di sapone o creare piccoli oggetti bisogna rispettare alcune regole precise. L’ultima stanza è quella della poesia dove ai bambini si leggono e raccontano le storie attraverso libri tattili, con linguaggio semplificato o aumentativo alternativo. Qui si vuole trasmettere il piacere della lettura e la bellezza di poter vivere avventure attraverso le parole. «Uno dei nostri sogni nel cassetto - dice Elisa Rossoni è aprire questo spazio anche a bambini che non hanno alcuna disabilità, così da favorire sia l’inclusione che l’educazione alla diversità ». Un altro progetto è la creazione di una biblioteca dei giochi in modo da permettere il prestito alle famiglie o alle scuole.
«Abbiamo molte idee, per realizzarle stiamo cercando di implementare la raccolta fondi, che già coprono il 70% dei costi del Ludo Lab». La maggior parte delle spese riguardano il personale e la progettazione: per ogni ora con un bambino l’educatore ne dedica 9 a studio, programmazione, colloqui con i genitori, con i colleghi, con gli insegnanti e con tutti gli altri specialisti che seguono il bambino. «L’attenzione al contesto è il tratto distintivo de “L’Abilità”: tutte le persone che stanno intorno al bambino entrano in un percorso educativo» spiega Carlo Riva, fondatore dell’associazione. “L’Abilità” organizza momenti di orientamento, supporto e sollievo per i genitori, e anche gruppi di ascolto e formazione per i fratelli, le sorelle e i nonni. Oltre allo spazio dedicato al gioco, “L’Abilità” gestisce un centro diurno, una comunità alloggio, un centro riabilitativo per bambini con disturbo dello spettro autistico. Riva sottolinea che «anche se i nostri servizi nascono come sperimentali, non manca mai l’attenzione al rigore scientifico». Infatti, le tecniche messe in pratica al LudoLab sono state codificate nel metodo della Ludotecnica inclusiva validato dal Dipartimento di Scienze umane per la formazione dell’Università di Milano- Bicocca.
Nell’ampiezza di questo approccio si può riconoscere in atto una nuova cultura della disabilità basata sulla visione integrata e globale del soggetto con disabilità considerato in primis come persona e portatore di diritti. Favorire e accrescere la diffusione di questo sguardo è anche l’obiettivo del primo G7 per la Disabilità e l’inclusione che si svolgerà in Umbria dal 14 al 16 ottobre. La grande sfida è sempre superare la segregazione delle persone con disabilità ed essere in grado di fornire aiuto, attenzione e sostegno, senza trascurare l’educazione, l’autodeterminazione e la libertà. Un equilibrio tanto essenziale quanto delicato, raggiungibile solo con grande impegno, attenzione costante ed esempi riusciti da cui imparare.