Vita

Lo studio. Dialogo feto-mamma anche nella maternità surrogata

Antonella Mariani giovedì 24 settembre 2015
Che ci sia una comunicazione tra madre e figlio ancora in grembo, è pacifico da anni. Così come è ovvio che questo scambio – fisiologico, ma anche emozionale e psicologico – riguarda anche le gestanti e gli embrioni concepiti con ovuli non propri. Ma che la gestazione, laddove ci sia una fecondazione eterologa, provochi anche mutamenti genetici nel bambino, beh, questa ha tutti gli aspetti della novità. Lo studio pubblicato su Development porta la firma di Felipe Vilella e Carlos Simòn, due ricercatori della Fondazione Ivi. Vi si dimostra che una futura madre è in grado di modificare il genoma del figlio, anche quando l’ovulo è di un’altra donna. Il fattore che veicola la modifica è l’endometrio. Ecco come gli studiosi spiegano il fenomeno: alcune condizioni nelle quali si possono trovare le donne finiscono per modificare le cellule, anche quelle dell’endometrio. Questo fa sì che il fluido endometriale cambi e che nella sua secrezione venga rilasciata l’informazione genetica della madre, assorbita poi dall’embrione. «Il che spiega – afferma Daniela Galliano, direttore del centro Ivi di Roma – il processo di trasmissione di malattie come il diabete o l’obesità». Interessante sapere che la Fondazione Ivi è l’emanazione dell’omonima catena di cliniche per la riproduzione, che, partendo da Valencia nel 1990, oggi conta 23 centri tra Spagna, resto d’Europa e America. Per loro la ricerca apre nuove prospettive: laddove la maternità surrogata è consentita, infatti, «si potrà dare più importanza alla conoscenza delle abitudini, precedenti alla gestazione, della madre», sottolinea Galliano. L’ottica, ovviamente, è quella della buona riuscita della gravidanza, e dunque la nascita di un bambino doc, privo di «variazioni» genetiche impreviste. Come dire: si cercherà di garantire non solo le perfette condizioni della donatrice (o venditrice) di ovuli, ma anche della madre surrogata, visto che esse incidono sulla vita futura del nascituro e perfino dei suoi eredi. D’altra parte, però, ora si sa con certezza che tra madre surrogata e bambino «su commissione» si crea un legame non solo emotivo – e questo è già accertato – ma anche genetico. Nel Dna del bambino ci sarà anche un po’ della madre surrogata, nonostante il suo ruolo quasi da "incubatrice". A questo punto, come ignorarlo?