La mappa. Culle per la vita, quella rete che salva i bambini (e anche le mamme)
Culla per la Vita a Palermo
«Nata stamattina. In casa solo io e lei. Le auguro tutto il bene del mondo». Il 3 maggio la mamma della piccola Noemi, messa in salvo nella Culla per la vita di Bergamo, scrive poche parole, piene di dolore: «Vi lascio un pezzo importante della mia vita che sicuramente non dimenticherò mai».
Dal 2007 a oggi è il 14° neonato salvato grazie a una delle 66 moderne “ruote degli esposti” presenti in diverse regioni e attrezzate con sistemi di videosorveglianza. Culle ancora oggi necessarie, e ispirate a quelle che alla fine dell’Ottocento erano attive (circa 1.200) in tutta Italia, capaci di salvare un totale stimato di 40mila neonati. La prima ruota realizzata in Italia nel 1198 presso l’Ospedale di Santo Spirito in Sassia a Roma, ancora visibile nella sua struttura integra, è un esempio di tutte le altre che si diffusero rapidamente nei Paesi latini del Mediterraneo. La storia si ripete: «Ecco perché ancora oggi è necessario rilanciare questo servizio di accoglienza dei bambini abbandonati» racconta Rosa Rao, fino al 2018 referente delle Culle del Movimento per la Vita italiano, volontaria per 30 anni e ora autrice del libro Le culle per la Vita. «Le antiche ruote furono chiuse nel 1923 dal fascismo e poi riaperte nel 1992 da Giuseppe Garrone a Casale Monferrato, la prima con il nome di “Cassonetto per la Vita”. Ebbe persino una denuncia penale per la sua iniziativa, sembra una cosa obsoleta...».
Anche Rosa Rao, ora vicepresidente del Mpv della Sicilia, ha tribolato parecchio per aprirne una nella sua regione. «La Sicilia è sempre stata terra di accoglienza, ma ho lottato molto – ricorda - per inaugurare la culla a Palermo, la quinta a livello nazionale. Ho dovuto aspettare nove anni prima che qualche istituzione la prendesse in carico. Il nostro intento è far comprendere che chi lascia il bambino nella culla ha lo stesso diritto di chi va a partorire in anonimato in ospedale. Noi accogliamo tutte. Non dimentichiamo che spesso le donne che non hanno documenti in regola hanno timore di recarsi in una struttura pubblica. Se lasciano il loro bambino in una culla evitano di essere ricattabili: noi non sappiamo, infatti, in quali mani si trovino, se si tratta di donne clandestine, abbandonate a sé stesse. Con le culle diamo un aiuto alle donne, dando loro la certezza che questo servizio funziona».
Ma perché ci sia continuità non può bastare l’iniziativa di un gruppo di volontari. «Il nostro desiderio è che queste culle siano assunte come servizi essenziali di assistenza alla vita. Serve un protocollo stipulato tra le parti a livello locale, deve diventare un servizio di cui risponde tutta la sanità pubblica, non il singolo direttore sanitario o la singola associazione. Finora in Parlamento sono state depositate oltre venti proposte di legge». I costi anche solo iniziali di una culla moderna richiedono un certo investimento. «L’ultima è costata 30mila euro – dice Rao – ma si può arrivare anche a 60mila».
Oggi le culle realizzate sono 66, altre nel tempo sono state aperte, anche se spesso in modo discontinuo, da diverse realtà. Oltre ai volontari del Mpv, se ne sono occupati anche Rotary, Lion’s, Inner Wheel International, Soroptimist, Donne Medico, Fondazione Rava. Alcune culle sono state inserite come servizi complementari all’interno o nei pressi degli ospedali, con nomi particolari: Cullina a Vittoria, Culla segreta a Melegnano, Cassetta rosa a Biella, Chioccia a Pedriano, Ruota 2.0 a Monopoli, e poi Salvabebè, Culla termica, Ruota high tech, Baby box... «Varie associazioni – ricorda Rao – misero in campo anche progetti per la divulgazione della legge sul parto in anonimato, ma il mancato coordinamento nazionale fece sì che alcune culle fossero costruite nelle stesse città dove da tempo era già presente il servizio realizzato dai volontari. Restano sprovviste, invece, alcune regioni italiane: Trentino, Friuli Venezia Giulia, Molise, Calabria, Sardegna». Un modo per diffondere il servizio, rivalutando allo stesso tempo le vecchie ruote degli esposti chiuse settant’anni fa, ci sarebbe.
«Grazie a Rita Cedrini, fino al 2013 titolare della cattedra di Antropologia culturale all’Università di Palermo, sono state scoperte diverse opere architettoniche che potrebbero essere riadattate. Non dimentichiamo che fu Brunelleschi a realizzare la ruota di Firenze... In questo modo, si potrebbe evitare di sperperare soldi per la costruzione ex novo di una culla moderna, mentre si potrebbe utilizzare quella antica aggiornandola con i meccanismi di video-sorveglianza». Le culle fanno parte della nostra storia. Grazie a questi semplici marchingegni in passato è stato salvato anche Leonardo da Vinci. «Noi partiamo dal presupposto che ogni essere umano che viene concepito – ribadisce Rao – ha già un ruolo e un destino segnato nella storia dell’umanità. Non è mai un errore mettere al mondo un bambino».
Le culle per la vita oggi attive sono 66, in 14 regioni: Piemonte (Casale Mon-ferrato, Aosta, Torino, Biella, Asti, Giaveno), Veneto (Treviso, Padova, Verona, Vicenza, Camposampiero, Venezia Mestre, Padova, Schiavonia/Monselice), Lazio (Civitavecchia, Roma, Cassino, Tarquinia), Sicilia (Palermo, Paternò, Giarre, Vittoria, Caltanissetta, Messina, Bagheria, Trapani), Toscana (Firenze, Massa, Empoli), Emilia Romagna (Finale Emilia, Piacenza, Bologna, Parma, Ravenna), Lombardia (Bergamo, Marcallo con Casone-Magenta, Brescia, Milano, Melegnano, Abbiategrasso, Cremona, San Giuliano Milanese-Pedriano, Vigevano), Liguria (Albenga, Ceriale, Genova, Sestri Levante/Chiavari, Genova Sampierdarena), Campania (Napoli, Salerno), Marche (Ancona, Senigallia, Fabriano), Abruzzo (Pescara), Umbria (Città di Castello, Perugia), Basilicata (Potenza), Puglia (Bari, Taranto-Faggiano, Monopoli). Altre culle saranno aperte presto a Terni, Cagliari, Brindisi, Pisa. Le culle della Fondazione Francesca Rava N.P.H. si trovano a Napoli, Varese, Parma, Padova, Firenze. Per richiedere il libro Le culle per la Vita, di Rosa Rao Cassarà (edito dal Movimento per la Vita italiano, 2023, 276 pagine, 20 euro), con prefazione di Marina Casini, presidente nazionale, basta inviare una email a ordini@mpv.org.