«La crisi mi ha costretto a fare molte scelte, a moltiplicare i sacrifici. Ma al contempo mi ha aiutato a capire per cosa vale davvero la pena di investire tempo, energie e denaro». Jacopo Riva è poco più che trentenne ma è tutt’altro che un bamboccione, definizione calzante per molti adultescenti della sua età. Lui non lo sa ma con le sue parole ha parafrasato il messaggio che la Cei ha dedicato alla Giornata per la vita che si celebra oggi: «Il momento che stiamo vivendo pone domande serie sullo stile di vita e sulla gerarchia di valori che emerge nella cultura diffusa» si legge nel messaggio. Che preosegue: «Abbiamo bisogno di riconfermare il valore fondamentale della vita, di riscoprire e tutelare le primarie relazioni tra le persone, in particolare quelle familiari, che hanno nella dinamica del dono il loro carattere peculiare e insostituibile per la crescita della persona e lo sviluppo della società» Caterina, Matteo e Maria – quattro anni e mezzo, tre anni e 15 mesi – riempiono le giornate di Jacopo, i suoi pensieri «e anche la mia camera da letto. Claudia e io dormiamo nella stessa stanza con i bambini». Più siamo e più ci divertiamo? «Mettiamola così... I bambini però stanno crescendo, e ci toccherà trovare un’altra soluzione. Potendo». Claudia è l’altro attore protagonista della storia, motore della scelta più importante di Jacopo, della sua «vocazione » – la definisce lui – per la famiglia: «Quando l’ho incontrata ho saputo quale era la mia strada e che volevo percorrerla con lei. L’unica compagnia per quel cammino che mi accingevo a iniziare. Il matrimonio, la famiglia, i figli».
In casa lavora solo Jacopo perché «Claudia un impiego lo ha – spiega – ma per le gravidanze è lontana da cinque anni. Adesso la sua azienda non può aspettare ancora perché ritorni. Abbiamo bambini piccoli e genitori giovani, che ancora lavorano e che non possono fare i nonni a tempo pieno ». Caterina va alla scuola materna paritaria «ma non potremo permetterci la stessa scuola anche per Matteo. Ci consoliamo pensando che sebbene non tutte le scuole si equivalgano, il bene dei figli non risiede solo in un’istruzione adeguata». La crisi non ha cambiato nulla? «Ha ristretto la scala delle priorità, ci ha costretto a chiederci perché facciamo una cosa invece di un’altra. Non ha cambiato l’origine e lo scopo di ogni decisione che è sempre la nostra famiglia e il suo benessere».
Quando hanno deciso di sposarsi, Matteo e Valeria, entrambi 26enni di Chieti, non si trovavano in quella che si potrebbe definire una condizione ottimale: lui, laurea in ingegneria elettronica, lavorava da pochi mesi in una piccola azienda, mentre la sua fidanzata, dopo mesi di impieghi precari e una causa di lavoro in corso, era disoccupata. Lo scenario economico era duramente segnato dalla crisi: la Val Pescara, fatta di microaziende in difficoltà e grandi gruppi in smobilitazione, per di più con una vocazione prevalentemente commerciale, la più colpita dal calo vertiginoso dei consumi. «Ma non ci siamo lasciati intimorire. Abbiamo ristrutturato un piccolo appartamentino e ci siamo sposati l’anno scorso il 5 agosto». Matteo ricorda con precisione un particolare: «Quando il ristorante ci propose alcune date, tra cui il 5 agosto, ci accorgemmo che il vangelo di quel giorno era quello che dice “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete”. Per noi è stato l’ennesimo messaggio chiaro». La Provvidenza ha ripagato la fiducia: il 14 novembre scorso Valeria ha vinto la sua causa di lavoro e il giorno dopo ecco una notizia ancora più bella: l’arrivo del primo figlio.
Un scelta «impegnativa ma possibile» – recita il messaggio della Cei – «che richiede alla politica una gerarchia di interventi – conclude – e la decisione chiara di investire risorse sulla persona e sulla famiglia, credendo ancora che la vita vince, anche la crisi».