Vita

INCHIESTA. Consultori, servizio a misura di famiglia

Paolo Ferrario venerdì 4 gennaio 2013
​Non solo per la donna ma per tutta la famiglia. È questa la direzione indicata dal Forum nazionale delle associazioni familiari, per la «profonda rivisitazione» della rete dei consultori familiari ipotizzata dal Piano nazionale per la famiglia approvato dal governo. A quasi quarant’anni dalla sua istituzione, questo servizio, si legge in un documento diffuso in questi giorni dal Forum, deve essere in grado di «leggere i nuovi bisogni, le esigenze e le difficoltà emergenti della persona, della coppia e del nucleo familiare, non più in chiave individuale, ma nel loro naturale contesto relazionale», che è, appunto, la famiglia. Ad essa è, infatti, chiesto di «prendersi cura dei legami che costituiscono la fitta trama che sostiene la persona nel suo processo di crescita e che incrementano la qualità della vita di una comunità» e il suo «capitale sociale».«La famiglia – si legge nel documento del Forum – intesa come bene relazione che produce a sua volta beni relazionali, per essere sostenuta ha bisogno di “servizi relazionali” che sappiano, attraverso il lavoro di rete, generare capitale sociale, nella logica della sussidiarietà per sviluppare le proprie potenzialità. In questa prospettiva il consultorio familiare può essere visto come un servizio che opera sulle relazioni familiari per potenziare l’alleanza tra i sessi e tra le generazioni. Un servizio, quindi, che centra il suo raggio d’azione non sul singolo quanto piuttosto sulle relazioni familiari».Anche per questa ragione, prosegue il documento del Forum delle famiglie, «i consultori sono chiamati a nuovi compiti di ascolto, prevenzione, consulenza e mediazione familiare, non certo di minore interesse e rilevanza per la società civile, arricchendo le competenze professionali necessarie e avvalendosi delle esperienze maturate dalla rete dei consultori del privato non profit e del volontariato familiare».In prima fila ci sono le strutture, circa trecento distribuite sull’intero territorio nazionale, di ispirazione cristiana, la cui fondazione risale addirittura all’immediato dopoguerra. Come ricorda il Forum, «il primo consultorio familiare nasce a Milano nel 1948 nell’ambito delle attività dell’Istituto “La Casa”, promosso da don Paolo Liggeri». Da allora, la rete si è andata via via consolidandosi e oggi è rappresentata dalla Confederazione italiana dei consultori di ispirazione cristiane e dalla Ucipem, l’Unione dei consultori italiani prematrimoniali e matrimoniali. L’attività di ascolto professionale prestata dagli operatori è completamente gratuita e supera le 150mila ore all’anno. Un patrimonio da non disperdere e da valorizzare secondo il principio di sussidiarietà, «coinvolgendo come risorse attive e in forma integrata le famiglie, le loro reti consultoriali non profit e le associazioni familiari nella progettazione, gestione e verifica degli interventi». La collaborazione tra pubblico e privato sociale è caldeggiata dallo stesso Piano nazionale del governo - che auspica la realizzazione di un’Alleanza italiana per la famiglia - soprattutto per quanto riguarda il «sostegno alla donna in gravidanza», in special modo quando si trova in situazione di difficoltà, economica e relazionale, ma desidera comunque portare a termine la gravidanza, senza ricorrere all’aborto. In queste situazioni, centrale diventa la figura del medico obiettore di coscienza, la cui presenza nell’equipe consultoriale, ricorda il Forum, «è del tutto coerente con la ratio e le finalità» della legge 194. Contro i medici obiettori è stata invece pensata la riorganizzazione della rete consultoriale della Puglia, approvata dalla giunta Vendola nel mezzo delle festività natalizie, scatenando le proteste del locale Forum delle famiglie (vedi altro articolo in pagina).Per un’efficace prevenzione del fenomeno abortivo, sono due, secondo il Forum delle famiglie, le attenzioni da riservare alle donne e alle famiglie, soprattutto quando sono chiamate ad affrontare una crisi: l’incontro e l’ascolto.«A tal fine – conclude il documento – il lavoro di accoglienza, accompagnamento ed aiuto concreto alle donne gravide in difficoltà prestato dalle strutture e volontari dei 329 Centri di aiuto alla vita presenti sul nostro territorio nazionale, appare meritevole di ben maggiore considerazione sul piano della sua rilevanza sociale, ed è al tempo stesso testimonianza concreta che la maternità è un valore di rilevanza sociale e un dono non solo personale, ma anche per la coppia, per la famiglia e per l’intera comunità».