Vita

Ricerca. Per curare i linfomi sempre meno chemio e sempre più terapie biologiche

Costanza Oliva giovedì 20 giugno 2024

Attività di ricerca in una foto di archivio

Scoprire quali sono le alterazioni neuro-cognitive dopo la chemioterapia per i linfomi. È l’obiettivo del progetto presentato quest’anno dalla Fondazione italiana linfomi (Fil), che coinvolgerà un gruppo di 148 giovani adulti di età compresa tra i 40 e i 55 anni affetti da Linfoma Hodgkin e non Hodgkin, sottoposti a chemioterapia con antracicline di prima linea.

Si tratta di uno dei cinque progetti che quest'anno verranno finanziati da Ail, l’Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma, che da 55 anni sostiene la ricerca scientifica, l’assistenza sociosanitaria, e promuove la conoscenza dei tumori del sangue. È solo grazie alla ricerca se è possibile sviluppare nuove terapie e dare speranza alle circa 500mila persone che in Italia convivono con un tumore ematologico. Le nuove diagnosi sono 30mila, ma grazie ai continui progressi i pazienti hanno maggiori probabilità di guarire o di convivere per anni con la malattia mantenendo una buona qualità di vita.

Importanti passi avanti sono stati fatti per la cura dei linfomi. «In futuro per il trattamento dei linfomi sarà sempre meno utilizzata la immuno-chemioterapia e aumenteranno sempre di più le terapie biologiche, cioè farmaci non chemioterapici mirati e strettamente indicati per particolari mutazioni dei vari tipi di linfoma», spiega Maurizio Martelli professore e direttore dell’unità operativa complessa di ematologia del Policlinico Umberto I di Roma. Martelli racconta che con questi farmaci sono state ottenute risposte complete in pazienti che avevano presentato una malattia refrattaria/recidivata dopo un trattamento standard chemio-immunoterapico. Risultati incoraggianti sono stati raggiunti anche con l’impiego delle Car-T e con l’immunoterapia. «La terapia con le Car-T rappresenta un cambio di passo, in particolare nei pazienti con malattia refrattaria/recidivante si è ottenuta una risposta completa e duratura nel tempo nel 30-35% dei casi a un follow-up di 4-5 anni. Una vera e propria rivoluzione per il trattamento dei linfomi non-Hodgkin», racconta Martelli. Nell’ultimo anno sono state approvate le Car-T per diverse patologie ematologiche: «Due nel linfoma follicolare, il secondo tipo di linfoma per frequenza; una per il linfoma diffuso a grandi cellule B, il primo per incidenza», spiega il professor Corradini, presidente della società italiana di ematologia. «Per la leucemia linfoblastica acuta, da dicembre scorso, viene rimborsata una nuova Car-T, per le persone con più di 26 anni. Novità anche per il mieloma multiplo: infatti, è disponibile in Italia da fine maggio di quest’anno una Car-T e un’altra è approvata, ma non ancora rimborsata dall’Aifa», aggiunge Corradini.

Gli anticorpi bispecifici rappresentano una seconda rivoluzione dopo le Car–T. L’idea alla base è usare gli anticorpi bispecifici per aiutare il sistema immunitario di un individuo malato che non riesce più a combattere il tumore da solo. «Ora ne sono disponibili due indicati per i linfomi a cellule B, e due che arriveranno a breve per il mieloma», racconta il professore.