Il caso. La speranza per Charlie è sbarcata dall'America. Medici a consulto
I genitori di Charlie, Chris Gard e Connie Yates (Ansa)
«Gli esperimenti possono dare beneficio alla scienza medica, ma non a Charlie». Il giudice Nicholas Francis è tipo di poche e lapidarie parole. Chiamato a presiedere l’Alta Corte di Londra, che deve pronunciarsi sulla sorte del bambino di 11 mesi affetto da una gravissima malattia mitocondriale, non ricorse a giri di parole per giustificare la bocciatura del primo ricorso di mamma Connie e papà Chris. Era l’11 aprile, e pareva che per Charlie fosse prossima la fine per sentenza. Anche perché per fermare la decisione di far morire il piccolo assunta dai medici, convinti che ogni ulteriore cura configurasse accanimento terapeutico, avevano già calato la loro carta migliore: la disponibilità a tentare su Charlie una cura sperimentale offerta da un neurologo americano, Michio Hirano. Niente da fare: per Francis faceva testo solo quel che avevano deciso gli specialisti del Great Ormond Street Hospital dove Charlie era giunto in gravi condizioni nell’ottobre 2016, fagottino di appena due mesi incapace di crescere.
Sindrome da deplezione mitocondriale, avevano chiarito i medici di quello che è uno dei più prestigiosi presìdi pediatrici al mondo. Un trattamento allo stadio sperimentale – aveva detto Francis non può far migliorare Charlie, dunque stacchiamogli il respiratore e lasciamolo morire.
Tre mesi, tre gradi di giudizio e molte peripezie dopo, Francis torna a incrociare Hirano. E questa volta lo può interpellare direttamente: il medico newyorkese di origine orientale è infatti da ieri a Londra, convocato dallo stesso giudice per visitare Charlie e riferirgli quali chance possano esserci per un bambino nelle sue condizioni. Il magistrato ha dunque dovuto fare una prima marcia indietro – in aprile semplicemente inimmaginabile – e riaprire un caso che dopo la sentenza emessa dalla Corte europea per i diritti dell’uomo il 27 giugno a Strasburgo pareva definitivamente chiuso con l’autorizzazione di “staccare la spina”.
Ma Charlie, destinato quattro volte a morire da altrettanti verdetti, è ancora vivo, tra lo stupore di molti medici che ne collegavano la sindrome di origine genetica a un collasso fisiologico pronosticato come inevitabile.
A ben vedere, è il suo stesso risveglio ogni mattina nel lettino dell’ospedale londinese dove avrebbe dovuto morire a costringere medici e giudici ad ascoltare quei due ostinati genitori attorno ai quali si è coagulato l’affetto di milioni di persone in tutto il mondo. L’arrivo del professor Hirano a Londra è dunque la vera notizia di ieri, sebbene non sia filtrato nulla dal Great Ormond dove lo studioso di malattie mitocondriali ha incontrato per cinque ore i colleghi inglesi che seguono il bambino.
Che non si tratti di un «esperimento» – come disse il giudice Francis in aprile – lo certificano anche i sei specialisti arrivati con Hirano a Londra da diversi centri clinici, legati in un network scientifico nato attorno alla malattia e al caso di Charlie. Tra loro, anche un ricercatore dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, che per impulso del Papa e su iniziativa della presidente Mariella Enoc ha offerto – e confermato ancora nei giorni scorsi – la disponibilità ad accogliere Charlie per curarlo secondo il protocollo messo a punto da Hirano. Il consulto al capezzale del bambino con le migliori competenze mondiali sulla sua malattia è l’impensabile risultato di una commovente mobilitazione globale. La parola torna alla scienza, che a questo atto non si sarebbe certo prestata se avesse pensato che su Charlie ci si sta inutilmente accanendo. Il suo responso sarà ascoltato da Francis. E chissà che il 25, per la nuova sentenza, si possa ascoltare un’altra musica.