Vita

Il caso. «Censura» per Sgreccia? «Ecco perché è sempre più attuale. E laico»

Francesco Ognibene venerdì 22 gennaio 2021

Il cardinale Elio Sgreccia, morto il 5 giugno 2019. E' considerato il padre della bioetica cattolica e uno dei più grandi pensatori in materia


Non sarà certo una sgradevole polemica mediatica a ridimensionare la statura del cardinale Elio Sgreccia e il valore del suo Manuale di bioetica, denso di verità sull’uomo e, dunque, inevitabilmente contestato proprio per la sua chiarezza. Monsignor Andrea Manto è presidente della Fondazione «Ut Vitam Habeant» che lo stesso Sgreccia volle istituire e che custodisce la sua eredità. Oggi, semmai, più attuale di prima.

Qual è il principale lascito intellettuale del cardinale Sgreccia sulla bioetica?
Gli enormi sviluppi delle scienze biomediche pongono sfide etiche e chiedono una visione antropologica capace di reggere il confronto. Sgreccia è stato il primo studioso cattolico che con un metodo rigoroso ha coniugato le evidenze scientifiche della medicina e il pensiero filosofico-teologico cristiano. A lui si deve l’idea del personalismo ontologicamente fondato, di derivazione tomista, che afferma il valore oggettivo di ogni persona. L’essere umano è inscindibile totalità di corpo e spirito, ed è perciò dotato della dignità intrinseca propria della natura umana. Attraverso questa intuizione ha fatto alleare, con saggezza, scienza e fede a difesa della vita.

Si è messa in dubbio la capacità del suo pensiero di poter dialogare con la bioetica laica. La sua radice cattolica lo rende valido solo per chi ha fede?
Assolutamente no. Sgreccia è “scomodo” non per una visione fideistica ma perché, con argomentazioni fondate razionalmente, mette a nudo criteri e contenuti della bioetica laica che producono esiti talora disumani. Il suo pensiero, se letto con onestà intellettuale, nasce proprio dall’esigenza di aprire un dialogo con tutti sul significato e sul valore della vita umana. Il punto d’incontro possibile sta nel definire insieme la natura dell’uomo.

Alla scuola di Sgreccia, che contributo porta oggi l’antropologia cristiana al dibattito sui grandi nodi bioetici?
La consapevolezza che il valore della vita non può essere subordinato alle logiche del profitto o dell’efficienza e che non possono esistere esseri umani di serie A e di serie B. Una visione antropologica globale, la cui ricchezza ci aiuta a orientarci sempre nelle scelte etiche sui temi della vita: dal triage nella pandemia alla custodia dell’ambiente, dalla questione dei migranti alla manipolazione genetica, dall’enhancement umano all’intelligenza artificiale.

Cos’ha da insegnare oggi la figura di Sgreccia a chi si occupa di bioetica nella Chiesa?
L’impegno nell’affrontare i problemi etici e il coraggio di confrontarsi anche con visioni opposte per giungere a sintesi alte. Nella sua autobiografia Controvento scrive: «Quando sorge un ostacolo, un problema per il cammino dell’uomo, non ci si deve arrestare né nascondersi (...) ma dispiegare la vela alla ricerca di un approdo più valido, per una soluzione più piena e più alta di valore: non la fuga, non il compromesso, neppure l’opposizione per principio, ma la spinta verso il meglio».

Qual è il servizio della Fondazione cui diede avvio, e a cosa lavora?
La Fondazione si occupa di promuovere ricerca e formazione a livello scientifico e divulgativo in tutti gli ambiti della bioetica, principalmente la sanità, la disabilità, l’ambiente. Stiamo sviluppando progetti di intervento e sostegno alle famiglie e alle fragilità e abbiamo in programma di procedere alla nuova edizione del Manuale di Bioetica, che andrà aggiornato ma che rimane un testo fondamentale per lo studio della bioetica e per comprendere la profondità del pensiero di Sgreccia.

La polemica
Un contenitore di «pericolose e inquietanti affermazioni», che propugnerebbe una «educazione vetero-cattolica paternalistica» e «dittatoriale»: così è stato definito tra l’altro il Manuale di Bioetica del cardinale Elio Sgreccia da alcuni articoli apparsi tra fine 2020 e l’inizio del nuovo anno su quotidiani nazionali nei quali si esprimeva con strepito di aggettivi il più vivo scandalo per le posizioni espresse su temi come l’omosessualità e aborto dal padre della bioetica cattolica (e non solo), scomparso il 5 giugno 2019 a 91 anni. Il manuale – in due tomi, usciti nel 2007 e nel 2012 – è il riferimento in Italia e all’estero nella formazione di studenti di numerose università, anche se il dito accusatore si è puntato solo su Claudia Navarini, filosofa e bioeticista, docente all’Università europea di Roma, che l’ha adottato per il suo corso, come decine di colleghi in tutto il mondo. L’ateneo romano non ha esitato a replicare alle rumorose polemiche: «Respingiamo ogni tentativo di conculcare la libertà di insegnamento, specie di carattere morale, di ciascuno dei nostri docenti, a cominciare da chi voglia fare riferimento al modello cattolico-personalista».
Di «autentica censura» agitata con «volgarità» e «gratuità di toni» parla una nota di Scienza & Vita, di cui Claudia Navarini è tra i soci fondatori: «La vera dittatura – aggiunge l’associazione – è quella rappresentata dal mainstream» che si vorrebbe «imporre a tutti, Chiesa cattolica compresa». È una manifestazione di vera «ignoranza» quella di chi disprezza un pensiero bioetico «maturato proprio nei luoghi di dialettico confronto pluralista» per opera di un uomo dipinto come «un prete retrivo e bigotto» mentre «è nota la sua attitudine al confronto con le altre visioni bioetiche» che «andava di pari passo con la sua passione per tutte le persone che incontrava». Non meno vibrante il dissenso sulle critiche al Manuale e a Sgreccia espresso dal Movimento per la Vita che ricorda «don Elio» come «un uomo sinceramente innamorato della persona umana», «grande promotore dell’accoglienza incondizionata e senza giudizio, attivo difensore del rispetto della dignità di ogni vita attraverso la sua riflessione bioetica che contrapponeva il personalismo ontologico all’individualismo dilagante». Ferma anche la reazione del Centro Studi Livatino che, smontate le accuse, ironizza amaramente: «Si dica, in definitiva, che la libertà di educazione, di insegnamento e di manifestazione del pensiero sono bandite».