Vita

Droghe. Il Cbd è una sostanza stupefacente e d'ora in poi sarà venduto solo in farmacia

Viviana Daloiso mercoledì 10 luglio 2024

Prodotti a base di cannabis

Sono – o meglio sarebbe dire “sono stati finora” – i protagonisti indiscussi sugli scaffali dei cannabis shop: infiorescenze da fumare, cristalli da fondere e inalare, resine, olii sublinguali, compresse. Tutti rigorosamente a base di cannibidiolo, noto anche come Cbd, una delle sostanze estratte dalla cannabis sativa insieme al ben più noto tetraidrocannabinolo (Thc). Sulla differenza tra i due s’è scritto molto, e cose molto diverse. Chi dei derivati della cannabis cosiddetta “legale” ha fatto il proprio business, anche nel nostro Paese, sostiene convintamente che il Cbd sia cosa buona e giusta, capace cioè di curare numerose problematiche di salute (dagli attacchi di panico all’insonnia, dai dolori cronici alle artriti fino all’epilessia) senza nessun tipo di rischio, visto che la sostanza non avrebbe proprietà stupefacenti come il Thc. Chi tutti i derivati della cannabis, invece, considera dotati di proprietà psicoattive, capaci cioè di alterare il nostro stato psichico e percettivo, raccomanda che anche sul Cbd ci sia attenzione: non a caso anche questa sostanza presenta effetti collaterali documentati come nausea, vertigini, sonnolenza, danni al fegato e – ciò che più conta, e anche questo è stato dimostrato da studi e recenti pubblicazioni – può influire sullo sviluppo cerebrale dei più giovani.

Il governo italiano sull’argomento ha preso da subito una posizione chiara: anche il cannabidiolo va maneggiato con cura. E questo proprio per tutelare i più giovani, tra i principali fruitori dei cannabis shop, su cui la “normalizzazione” del consumo di prodotti derivanti dalla canapa ha sortito un effetto anche culturale dirompente: si compra in negozio come qualsiasi altra cosa? Allora non fa male, non ci sono rischi, si può fare... Di qui la decisione presa già un anno fa – poi congelata dal Tar del Lazio, poi ripresa, poi di nuovo congelata – che ora è diventata legge per decreto del ministero della Salute: il Cbd a uso orale è stato inserito nella tabella delle sostanze stupefacenti. Il che vuole dire, concretamente, che i prodotti a base di cannabidiolo d’ora in avanti non potranno più essere venduti nei negozi, nelle erboristerie e nei tabaccai, ma solo nelle farmacie con ricetta medica non ripetibile. La decisione, confermano dall’entourage di Orazio Schillaci, arriva dopo aver ricevuto i pareri aggiornati sia dall’Istituto superiore di sanità che dal Consiglio Superiore di Sanità, entrambi nella direzione presa col decreto. Ma l’industria della canapa e la solita Associazione Luca Coscioni sono sul piede di guerra: «Chiederemo immediatamente e formalmente i pareri dell’Iss e del Css. Se sono davvero favorevoli all’inserimento del cannabidiolo nella tabella B dei medicinali, contrasteremo tali decisioni, poiché vanno in direzione contraria a tutta la letteratura scientifica disponibile e contro le disposizioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e della Comunità europea sulla sicurezza del cannabidiolo».

Il riferimento è proprio alla pronuncia del 2017 dell’Oms che raccomandava come il Cbd non andasse classificato a livello internazionale come sostanza controllata e a una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 2020 con la quale si chiariva che un divieto di commercializzazione del Cbd può essere adottato «soltanto qualora tale rischio risulti sufficientemente dimostrato». Gli imprenditori sollevano poi dubbi «sul fatto che questa serie di manovre legislative possa essere volta a favorire indebitamente le case farmaceutiche, consegnando loro un mercato dal grande potenziale economico», ciò che senz’altro li interpella maggiormente. Ma sul tavolo, prima dei guadagni, c’è la salute.