Sentenza. La Cassazione strappa sulla stepchild
La Cassazione supera in curva il legislatore e dice sì alla "stepchild adoption", l'adozione del figlio del partner «in casi particolari». La prima sezione civile della Suprema Corte si è pronunciata sul tema con la sentenza 12962/16, respingendo il ricorso del procuratore generale e confermando la sentenza della Corte di Appello di Roma con la quale era stata accolta la domanda di adozione di una minore proposta dalla partner della madre. Secondo quanto stabilito dalla Cassazione, si spiega in una nota, questa adozione "non determina in astratto un conflitto di interessi tra il genitore biologico e il minore adottando, ma richiede che l'eventuale conflitto sia accertato in concreto dal giudice". In pratica l'adozione del figlio del partner (in questo caso si tratta di una coppia omosessuale) potrebbe creare un problema con l'altro genitore biologico, ma questo eventuale problema, secondo i giudici, va valutato caso per caso. Ancora, per la Suprema Corte l'adozione in questi casi "prescinde da un preesistente stato di abbandono del minore e può essere ammessa sempre che, alla luce di una rigorosa indagine di fatto svolta dal giudice, realizzi effettivamente il preminente interesse del minore". Come si sa, la possibilità della stepchild adoption è stata stralciata dalle leggi sulle unioni civili approvata all'inizio del 2016 ed entrata in vigore il 5 giugno scorso. Ma negli ultimi mesi si sono moltiplicati i casi di richieste ai giudici di legittimare con lo status di figlio adottivo bambini nati da maternità surrogate all'estero da coppie formate da persone dello stesso sesso. Ultimo, il caso di due donne a Torino, cui la Corte d'Appello ha concesso l'adozione. >>> EVIDENTE FORZATURA CONTRO LA LEGGE
Un altro elemento discutibile contenuto nella sentenza della Cassazione è laddove essa ricorda come "si sta sempre più affermando, in particolare nei procedimenti adottivi, il principio secondo il quale il rapporto affettivo che si sia consolidato all'interno di un nucleo familiare, in senso stretto o tradizionale o comunque ad esso omologabile per il suo contenuto relazionale, deve essere conservato anche a prescindere dalla corrispondenza con rapporti giuridicamente riconosciuti, salvo che ci sia un accertamento di fatto contrario a questa soluzione". Un salto nel vuoto.
IL CASOIl caso trattato dalla prima sezione civile della Corte di Cassazione, il primo in Italia da parte di una coppia omosessuale (gli altri casi sono approdati finora alla Corte d'Appello), fa riferimento alla domanda di adozione di O.A., una bambina che oggi ha sette anni, da parte di una partner stabilmente convivente con la madre. Un primo via libera era stato dato dal tribunale dei minorenni di Roma nell'estate del 2014, presidente Melita Cavallo. L'anno dopo c'era stato la conferma della pronuncia da parte della Corte d'appello (ottobre 2015. Le due donne, entrambe romane, vivono assieme dal 2003 e la piccola, nata in Spagna con la procreazione assistita eterologa nel 2009, grazie a questo provvedimento poteva essere adottata dalla mamma non biologica e avere il doppio cognome. Contro la sentenza aveva fatto ricorso in Cassazione la Procura Generale di Roma: era stata lo stesso Pg Giovanni Salvi, con una nota del 24 febbraio scorso, a spiegare la decisione del suo ufficio di ricorrere contro la sentenza d'appello del 20 ottobre 2015. Il magistrato aveva spiegato l'iniziativa chiarendo che "in assenza di una espressadisciplina normativa è infatti necessario raggiungere un'interpretazione univoca della norma, che superi gli attuali contrasti di giurisprudenza e assicuri a tutti eguale trattamento". Nel caso specifico, l'impugnazione riguardava principalmente la necessità di nomina di un curatore speciale della minore ai sensi dell'articolo 78 cpc per la possibilità di conflitto di interessi del minore con il genitore. Una possibilità che i giudici di primo grado, e poi quelli di secondo, avevano escluso senza alcun dubbio ritenendo superflua la presenza di un curatore.
Successivamente, il sostituto procuratore generale della Cassazione Francesca Ceroni in maggio aveva chiesto che a pronunciarsi fossero la Sezioni unite (LEGGI) – cioè al vertice più autorevole della Suprema Corte – la decisione sull’adozione all’interno di una coppia omosessuale, oppure l'alternativa dire no alla stepchild adoption in quanto la legge sulle adozioni non è applicabile in casi come questo. Un richiamo che non è stato ascoltato, visto che ad emettere la sentenza sul caso di Roma, oggi, è stata la prima sezione civile, presieduta sa Salvatore Di Palma, che ha scansato le critiche dicendo che la Cassazione "ha pronunciato a sezione semplice su numerose questioni collegate a temi socialmente ed eticamente sensibili".
ADOZIONE IN CASI PARTICOLARINelle motivazioni della sentenza si dice che la fattispecie non è la legge sulle unioni civili, ma la legge sulle adozioni 184 del 1983, laddve parla di "adozioni in casi speciali", istituto al quale possono accedere sia i singoli sia le coppie di fatto. Tra i requisiti, sostengono i giudici, non c'è la disanima "dell'orientamento sessuale del richiedente". Dunque l'adozione considera solo l'interesse del minore, il rapporto affettivo con il richiedente, senza riguardo ad alcun "contenitore giuridico".
Di fatto, è la prima adozione coparentale riconosciuta dalla Cassazione, che ha stabilita l'applicabilità della norma sulle adozioni in casi particolari anche quando non si è in presenza di minori abbandonati o orfani. Un modo per far rientrare dalla finestra quello che era uscito dalla porta,
LE REAZIONI: LEGGE AGGIRATALa sentenza ha suscitato reazioni contrastanti. Da un lato molte manifestazioni favorevoli, dall'altra pesanti perplessità da parte di molti esponenti della politica che vedono ribaltato il contenuto della legge sulle unioni civili recentemente approvata. A spiegarlo la deputata Paola Binetti di Area Popolare: "Il Parlamento ha previsto la tutela di una serie di diritti per le coppie omosessuali, ma esclude esplicitamente quegli aspetti che chiamerebbero in causa i diritti dei bambini. Considera infatti il pur legittimo desiderio della coppia di rango decisamente inferiore rispetto a quello che è a tutti gli effetti un diritto naturale dei bambini: il diritto ad avere un padre e una madre".
"Sconfortante", dice lapidario il deputato del Pd Edoardo Patriarca: si è lavorato per mesi "tentando una mediazione sulle unioni civili senza stepchild doption, per poi vedere una sentenza della magistratura che vanifica tutto".
"La Cassazione sdogana la stepchild adoption, naturalmente con l'ipocrita giustificazione che essa sia fatta nell'interesse del minore. L'Italia ora sarà pure un paese più 'civile', ma lo diventa sulla pelle dei bambini"; lo dichiara in una nota il deputato Gian Luigi Gigli, capogruppo di Democrazia Solidale-Centro Democratico. "La sentenza della Cassazione sulla stepchild adoption rende chiaro l'accordo-truffa tra Alfano e Renzi sulla legge Cirinnà. Un accordo per prendere in giro gli italiani, sbandierando lo stralcio dell'adozione gay, mentre con il comma 20 si delegava la questione ai tribunali": è il pensiero di Eugenia Roccella e Gaetano Quagliariello, parlamentari del movimento Idea. "La sentenza di oggi è una ulteriore sconfitta della tutela dei minori: che può essere rimediata solo da un approfondito e coraggioso rilancio delle ragioni della famiglia e dei figli" è il commento che arriva dal Centro studi Livatino.C'è poi il capitolo della maternità surrogata: secondo Elena Centemero, deputata di Forza Italia, riconoscere la stepchild adoption all'interno di una coppia omosessuale significa aprire la strada all'utero in affitto, "mercificazione della maternità".