Vita

Carlo Casini. «Aprire il suo processo di canonizzazione darebbe coraggio a tanti»

Paola Binetti martedì 19 novembre 2024

Carlo Casini, ricordato dalla Camera dove fu a lungo deputato

Quello che segue è l’intervento di Paola Binetti al convegno “Impegno pubblico e virtù. L’esempio di Carlo Casini, magistrato, deputato, europarlamentare, leader del Movimento per la Vita” (15 ottobre 2024) nella Sala Regina della Camera dei Deputati.

Carlo Casini ha sempre suscitato in me la sensazione di stare vicino a una persona santa, tanto è vero che – la figlia Marina lo sa – poco dopo la nascita al Cielo di Carlo, ho espresso alla famiglia l’idea di promuoverne la causa per la canonizzazione. La famiglia, proprio all’inizio, sembrava un po’ restia, non certo per mancanza di convinzione circa la santità di Carlo ma per una sorta di pudore. Tuttavia, con l’incoraggiamento e la convinzione di moltissime persone dei più diversi ambienti si è lasciata coinvolgere.
La sua fama di santità era più diffusa di quanto non potesse apparire ad uno sguardo frettoloso e superficiale. Sono personalmente convinta non solo della santità personale di Carlo ma anche della necessità di mostrarne in modo speciale la santità nell’impegno pubblico. La gente oggi ha spesso un atteggiamento ambivalente nei confronti della politica, c’è perfino chi dubita che un politico possa essere onesto, ma quasi nessuno crede che un politico possa essere santo, cioè che possa vivere in grado eroico le virtù umane nella sua vita privata e soprattutto in quella pubblica.

Carlo è un Santo in tutti i sensi e non a caso, come ha detto papa Francesco, ad accoglierlo in Cielo c’è stata una miriade di bambini, nati anche grazie alla sua incessante difesa della vita, dall’inizio alla fine. Questo convegno mette in evidenza le virtù di Carlo nella vita pubblica, cominciando dalla sua giovinezza, quando non era ancora “nessuno” in termini di popolarità ma le sue qualità spiccavano nel suo ambiente di studio e di lavoro, nel suo impegno sociale, con la naturalezza propria di una vita vissuta con umiltà e coerenza, con spirito di servizio e fermezza nei valori in cui credeva.

Chissà come sarà stato Carlo studente liceale e universitario, fortemente impegnato nell’Azione Cattolica. La sua competenza giuridica era solidissima, sintesi forte di fede e ragione, allievo di un Maestro altrettanto Santo e decisamente controcorrente, come Giorgio La Pira.

Stamattina, nella Santa Messa che ha preceduto questo convegno, don Francesco ci ha ricordato come Carlo si sforzasse di vivere nella verità, perché è la verità che ci fa liberi, mentre non è la libertà che ci fa veri e ci rende coerenti. In questa convinzione evangelica Carlo ha fondato la sua professione di uomo di diritto, e misurava la legge dall’angolo di visuale della verità. Riconosceva la verità proprio nel profondo valore della vita e al senso della vita era legato dall’amore e dall’amore illuminato dalla fede.

Voglio pensare anche alla sua straordinaria competenza professionale come magistrato. Quel giovanissimo magistrato, che per la prima volta ha il coraggio di prendere posizione contro determinate “pratiche”, che erano la negazione della vita. Allora Carlo, pur essendo un giovane magistrato, ha trovato in sé stesso una forza straordinaria per andare controcorrente. È possibile trovare tracce della sua santità nello studio rigoroso, nel suo impegno sociale, nel suo lavoro professionale, nella vita di famiglia, e in tutta la sua vita pubblica.

Da lui tutti abbiamo imparato molto, dalla sua conoscenza diretta ma anche dalla forza appassionata e coerente delle sue battaglie pubbliche. Prima di conoscere personalmente Carlo mi sono trovata a fare battaglie analoghe alle sue: io da giovane medico e lui da magistrato e da uomo già socialmente impegnato. Nonostante la differenza di età tra noi fosse poca – lui era del 1935, io del 1943 –, era già un gigante. Ha costruito il suo impegno pubblico sull’esercizio delle virtù vissute in maniera eroica. Virtù eroiche che non potevano restare chiuse nel circuito del privato, perché la verità esige di essere declamata sui tetti, ha bisogno di essere manifestata, non si può non comunicare ciò in cui si crede profondamente.

Poi ho conosciuto personalmente Carlo e ho condiviso con lui alcune esperienze significative, come quella fatta nel Comitato nazionale di bioetica, dove il pluralismo delle presenze e delle partecipazioni rende essenziale il valore costante e continuo della mediazione. La mediazione, però, è tanto più possibile quanto maggiori sono la competenza concreta sull’argomento e l'abilità nel sapere argomentare in maniera convincente e persuasiva ciò che si afferma. Carlo conosceva bene di cosa parlava ed era anche straordinariamente convincente e persuasivo, perché sapeva instaurare rapporti di amicizia con tutti, anche con coloro che non condividevano le sue posizioni. In questo aveva i migliori compagni di strada, in particolare san Giovanni Paolo II e santa Teresa di Calcutta. Una amicizia, la loro, che aveva profondi risvolti di reciproca stima e apprezzamento. Carlo sapeva citare a memoria passi importanti della Evangelium vitae o del discorso di Madre Teresa a Stoccolma.

Mi colpiva, sempre commuovendomi, come Carlo citasse a memoria il discorso di Madre Teresa di Calcutta quando ricevette il premio Nobel per la pace. Nessuno si aspettava che in occasione della consegna del premio Nobel per la pace madre Teresa di Calcutta facesse un appello in difesa dei bambini non ancora nati e una denuncia dell'aborto. Carlo quel discorso lo citava a memoria con una commozione, una partecipazione, una condivisione tali che sembrava che quel premio Nobel l'avesse ricevuto lui. Era talmente eloquente la potenza e la forza dell'argomentazione che l’interlocutore non pensava che stesse citando Madre Teresa di Calcutta.

A livello personale sono debitrice verso Carlo per avermi presentato proprio Madre Teresa in occasione di una cerimonia sul sagrato di San Pietro. È stato un episodio che mi ha commosso molto: mi trovavo tra due santi – Madre Teresa e Carlo – e vidi Carlo come l’uomo del dialogo, che creava continuamente ponti, che tesseva reti tra persone che potevano condividere valori e impegni concreti, anche sul piano della testimonianza pubblica.

Carlo era un uomo che gettava ponti. Attraverso il Movimento per la Vita ha saputo stendere ponti tra donne in difficoltà davanti alla loro maternità e donne che erano in grado in quel momento di farsi carico di quelle difficoltà. Ha saputo creare quel “cortile delle donne” che è qualcosa che preesiste di gran lunga al “cortile dei gentili”, perché il cortile delle donne è il cortile in cui le donne parlano tra di loro, aprono il loro cuore, condividono esperienze, difficoltà, speranze, illusioni. Condividono il sentimento della loro “sorellanza” (parola che in questo momento è di moda), cioè quella fraternità forte che fa sì che nessuna donna possa fare a meno delle altre per perseguire questo ideale grande che è dare vita alla vita. Anche quando la vita appare difficile.

L'ultima cosa che vorrei sottolineare è che la santità di Carlo si è manifestata pienamente, in un modo luminosissimo, nel tempo della sua malattia. Sono convinta, e Marina lo sa perché l’ho detto tante volte, che la santità di Carlo abbia raggiunto il vertice proprio nella malattia; è allora che lui è stato davvero un Cristo in croce. La Sla è una malattia difficile, faticosa, tanto che per alcuni è stato un motivo per chiedere di essere aiutato a morire, arrivando fino alla richiesta di eutanasia; ma per altri è stato un motivo per vivere la santità attraverso l'esperienza personale del dolore. Noi chiediamo che la santità di Carlo venga riconosciuta anche per come ha vissuto la sua malattia.

Carlo era un uomo brillantissimo come magistrato; brillantissimo come parlamentare, e a questo riguardo spero che vengano presto pubblicati i suoi discorsi in Parlamento; era un uomo attivo e pieno di energia, un apostolo che viaggiava in lungo e in largo per diffondere nella comunità civile ed ecclesiale il Vangelo della Vita... ed è stato privato del dono della parola e della capacità di muoversi. Quelli che sembravano talenti speciali, doni di cui era davvero dotato in materia eccezionale, a un certo punto gli sono stati tolti. È stata davvero la spoliazione di quanto di più intimo e più profondamente radicato c’era in lui. Il distacco da tutto ciò che lo aveva reso famoso e ne aveva caratterizzato la immagine pubblica: sempre in viaggio come testimone, dovunque lo chiamassero, e sempre efficace nel suo eloquio, chiunque fossero i suoi interlocutori. Ma i suoi occhi hanno continuato a parlare per lui, perfino per dettare alcune delle considerazioni che riteneva necessario e urgente far arrivare agli altri.

La sua è stata una santità assoluta perché è stata una spoliazione assoluta; una spoliazione accettata in una logica di donazione totale... accettando di essere quel “chicco di grano” che se non muore non dà tutto il frutto che potrebbe. È così che la santità di vita si traduce nella concretezza dell’abbandono fiducioso nelle mani di Dio.

«Di un Amore Infinito possiamo fidarci» diceva Carlo e questa fiducia lui l’ha vissuta fino in fondo. Mi auguro proprio che al Carlo dolente, al Carlo dell'apparente insuccesso della Croce sia riconosciuta in maniera fulgida la santità piena di vita.
Credo davvero che la santità di Carlo Casini meriti il riconoscimento della Chiesa. Me lo auguro con tutto il cuore e spero di essere presente quando verrà riconosciuta ufficialmente. Spero anche che il processo di beatificazione cominci l'anno prossimo, subito dopo il compimento del quinto anno, come è prassi nella Chiesa. L’esistenza di Carlo nella varietà dei momenti, degli impegni, delle diverse fasi che ha attraversato ha sempre avuto una totale adesione al Vangelo; tutto ciò che ha vissuto è sempre culminato in una fedeltà assoluta, non solo nelle virtù cardinali ma anche e soprattutto nelle virtù teologali della fede, della speranza, di un amore indiscusso.

Per concludere, credo che portare avanti la causa di beatificazione di Carlo Casini possa offrire per tantissime persone un messaggio di grande speranza su due degli aspetti più problematici del nostro tempo. La politica, da un lato, e la magistratura dall’altro. Carlo è stato un testimone forte di come si possa fare un’azione politica in modo del tutto disinteressato al servizio di un grande valore, nel suo caso la vita, la famiglia, senza mai porsi con un atteggiamento aggressivo ma sempre in modo inclusivo, comprensivo, benevolo e nello stesso tempo senza mai rinunciare a riaffermare la verità. Anche il suo modo di gestire la giustizia non è mai stato contro qualcuno ma sempre a favore di un valore che meritava di essere messo in primo piano nella coscienza di tutti noi. Ognuna delle sue iniziative culturali e legislative ognuno dei tentativi che lui ha fatto per intervenire a livello del Parlamento nazionale ed europeo è sempre stato improntato alla massima rettitudine di intenzioni. Non ha mai cercato qualcosa per sé, ha sempre cercato qualcosa che fosse un bene per tutti.

Amabile disponibile competente e generoso, distaccato dagli onori ma sempre disposto a sobbarcarsi gli oneri. Riconoscerne le virtù eroiche, anche nella fase finale della sua vita quanto era malato e nell’impossibilità di esprimersi, significa offrire a tutti malati un messaggio di forte speranza ancora una volta sul valore della vita. Carlo Casini ha vissuto tante vite, in modi e tempi diversi, ma in ognuna di queste fasi è sempre stato un testimone della fede, della speranza e dell’amore.

A mio avviso vale la pena sostenerne il processo di beatificazione, pensando a tante persone: per i malati, per le donne in difficoltà davanti alla loro maternità, per i politici, per i magistrati. Basta pensare a quante persone diverse lui ha saputo parlare, in quante persone ha saputo suscitare il sogno di una vita più buona pacificata, piena di amore per gli altri.
Grazie, grazie a tutti!