Il titolo tiene alla larga i lettori non specialisti:
Cellule staminali mesenchimali: terapie ambientalmente responsive per la medicina rigenerativa. Ma l’articolo che ha firmato in novembre per la rivista scientifica
Experimental & Molecular Medicine, del gruppo
Nature, sta facendo discutere il mondo della ricerca sulle staminali. E a suo modo si intreccia, seguendo una strada tutta propria, con il rompicapo-Stamina. Il biologo americano Arnold I. Caplan non è nuovo ai colpi clamorosi. "Padre" riconosciuto delle staminali mesenchimali – le cellule adulte assai diffuse nel nostro organismo, tra midollo, vasi sanguigni e adipe, con capacità rigenerative ancora largamente inesplorate –, luminare mondiale con cattedra alla Case Western Reserve University di Cleveland, in Ohio, preferisce non entrare direttamente nelle complicate vicende italiane: ma ad
Avvenire spiega il suo punto di vista oggi alternativo rispetto a molta scienza "ufficiale".
Professore, che novità rappresentano per la medicina le cellule che lei ha scoperto?«Le cellule staminali mesenchimali (Msc) vanno naturalmente nei luoghi del corpo dove si verificano danni nei tessuti e infiammazioni. Le Msc sentono l’ambiente locale, e questa informazione le induce a produrre un ampio spettro di molecole chiamate "farmaci sito-specifici". Questi farmaci (si tratta di molte differenti molecole prodotte dalle cellule) funzionano in due modi: primo, esse modificano le cellule immunitarie locali in modo che riducano o spengano i loro effetti. Secondo, le Msc producono molecole che incoraggiano il tessuto locale a rigenerarsi lentamente per proprio conto (non producono tessuto cicatriziale, che è il meccanismo di riparazione rapida del nostro organismo). Dunque, le Msc sono farmacie locali sito-specifiche nelle ferite e nei tessuti per rigenerarli».
Che questioni solleva la strada aperta da queste cellule staminali?«Le terapie multi-farmaco basate sulle cellule sono regolate come se si trattasse di un farmaco, in base a logiche che non si applicano propriamente a questa tecnologia. Quindi sono necessarie nuove vie per approvare e regolare terapie basate sulle cellule. I princìpi guida devono essere che simili terapie sono sicure e non fanno male. L’unico modo che ci consentirà di scoprire se funzionano e sono efficaci è di condurre test scientifici rigorosi e di insistere che ci sia un controllo a lungo termine per garantire che non vi siano effetti negativi imprevisti. Una volta verificato che il prodotto è sicuro, credo che dovrebbe essere approvato per un uso ad ampio raggio ma solo da parte di produttori approvati dall’autorità regolatoria e di medici adeguatamente preparati. Inoltre, l’autorità regolatoria dovrebbe ordinare i risultati da divulgare, in tempo reale, su un sito Web pubblicamente accessibile in modo che tutti possano vederli. Quando il prodotto avrà mostrato di essere statisticamente efficace l’agenzia regolatoria negozierà con i produttori quali richieste possono essere avanzate. Approvando tempestivamente nel corso dei test il prodotto basato su cellule si assicura che il produttore verrà pagato per il suo lavoro secondo il valore di mercato e che non ci sarà bisogno di centinaia di milioni di dollari per le fasi 2 e 3 dei test (
nella fase 2 si indaga l’attività terapeutica del potenziale farmaco, nella 3 lo si somministra a un vasto campione di pazienti confrontandolo con un placebo; ndr). In più, se l’agenzia regolatoria constata troppi eventi avversi può richiedere rapidamente modifiche o la conclusione del test».
Qual è la sua proposta per sfruttare il promettente potenziale delle cellule mesenchimali?«Per quanto ho detto prima, dovrebbe essere chiaro che nel campo delle terapie basate su cellule sostengo con forza l’uso di stringenti regole scientifiche ed etiche. La realtà è che senza un confronto sicuro con le malattie umane non sapremo mai se queste terapie funzionano davvero. È anche ovvio che esse funzioneranno su alcuni pazienti e non su tutti. La chiara comprensione di chi siano le persone che risponderanno a queste terapie cellulari e quelle sulle quali invece non daranno risultati arriverà solo da test scientifici su di esse. Queste terapie basate su cellule devono essere regolate, ma dobbiamo individuare nuove logiche, nuove regole e nuovi metodi per condurle a un uso terapeutico per persone che soffrono di terribili malattie. Nuove terapie richiedono nuove procedure. Quelle attuali previste per testare "farmaci" non funzionano per terapie cellulari. È necessario cambiare».