Il libro. C'è futuro oltre la sclerosi multipla. «Perché siamo legati da mille fili»
Silvia Bonino
Silvia Bonino aveva 51 anni quando avvertì i primi disturbi. In sei mesi arrivò la diagnosi: sclerosi multipla, il nome per tutti i suoi malesseri. Insegnava Psicologia dello sviluppo all’Università di Torino, e per lei fu naturale chiedersi: cosa può dirmi (e darmi) la psicologia nella malattia? Iniziò un percorso di riflessione che la portò a riesaminare le relazioni con se stessa e le proprie inevitabili fragilità, con la famiglia, con l’ambiente di lavoro, con gli amici... La Silvia Bonino malata cronica e la Silvia Bonino psicologa diventarono un tutt’uno. «Pian piano ho capito che la mia esperienza pote- va costituire una ricchezza e aiutare me e gli altri: sani o malati, tutti noi siamo legati qui da mille fili».
E Mille fili mi legano qui, vivere la malattia è il titolo del libro che diede alle stampe nel 2006 per Laterza. Da allora la malattia ha fatto passi avanti, ma anche il suo libro: tradotto in diversi Paesi, una versione ampliata e aggiornata da pochi mesi. Lei è diventata un punto di riferimento tra i malati di sclerosi multipla: ha creato, con l’Università di Torino, il Centro Regionale Sclerosi multipla ottenendo il finanziamento della Fondazione Cosso di Pinerolo, un percorso di accompagnamento per coloro che hanno ricevuto la diagnosi.
«Li aiutiamo a ristrutturare la propria identità – spiega ad Avvenire –. Con questa malattia ci si convive, ed è necessario ridarsi obiettivi significativi e realistici, e poi rivederli continuamente, dentro i limiti imposti dalla sclerosi». Così è stato per lei: dopo la diagnosi, ricevuta nel 1998, ha lavorato per alcuni anni a tempo pieno, per poi ricorrere nel 2006 a un pensionamento anticipato che ha però aperto la strada ad altre esperienze. Con il suo progetto Silvia Bonino ha incontrato centinaia di persone, aiutandole ad affrontare in modo positivo una malattia che le accompagnerà per tutta la vita. Nel libro Mille fili mi legano qui, così come negli incontri, la psicologa parla della necessità di non nascondersi, di essere chiari nella comunicazione della malattia e del suo prevedibile decorso.
«E di imparare anche a chiedere aiuto, perché di aiuto abbiamo bisogno». Da quando ebbe inizio il suo personale viaggio nella malattia, molte cose sono cambiate: le terapie si sono evolute, le diagnosi sono più precoci e dunque i malati sono più giovani. Poiché sono in prevalenza donne, spesso affrontano una gravidanza. «Lo stereotipo del malato di sclerosi in carrozzina non è più predominante. È un vantaggio, ma bisogna affrontare la realtà di persone che apparentemente sono in salute ma hanno molte limitazioni. E il mondo circostante in genere non ama e non tollera le limitazioni...». Tutti coloro che «ricevono una diagnosi di sclerosi multipla – conclude Silvia Bonino – dovrebbero essere aiutati a capire che non è la fine della vita ma che si può vivere, seppur in modo diverso».