Marche. Battaglia legale su Mario, la Regione non vuole la morte
La sede del Consiglio regionale delle Marche ad Ancona
Sulla vicenda di Mario, 43 anni, tetraplegico – immobilizzato da oltre 10 per un grave incidente stradale –, che ha chiesto l'accesso al suicidio assistito, si inserisce anche una denuncia per tortura nei confronti dell'Asur e della Regione Marche che – secondo l'autotrasportatore, residente in provincia di Ancona, che da 15 mesi si batte con l'Associazione radicale Luca Coscioni per l'applicazione della sentenza Cappato della Corte Costituzionale, tuttavia non ancora "tradotta" in legge dal Parlamento – frenerebbero il perfezionamento dell'iter destinato a concretizzare la sua aspirazione di morte. Il nuovo passo legale rappresenta un altro tentativo di sbloccare la situazione, che ha visto nelle ultime settimane una sequela di ricorsi giudiziari e lettere di diffida, attivati – sostiene l'Associazione – per riuscire a concretizzare i passaggi, previsti dalla sentenza per arrivare alla soluzione finale. Il nodo è la verifica delle condizioni per poter accedere alla "morte medicalmente assistita".
La materia è molto delicata e complessa. L'Asur si è affidata, come prevede la sentenza, al Comitato etico regionale, che ha espresso un suo articolato parere, riconoscendo alcuni dei requisiti cui si riferisce la Corte ma esprimendo anche dubbi sul farmaco da utilizzare per la dose letale, sulle modalità di somministrazione e sulla quantità necessaria. In virtù di questo parere, che non ha sbloccato la situazione né ha dato via libera alla pratica, la Regione ha deciso di rivolgersi all'Avvocatura di Stato ritenendo che solo un'ulteriore pronuncia del Tribunale possa chiarire l’esito del caso. Mario ha quindi deciso di presentare un esposto alla Procura di Ancona, portando la battaglia anche in sede penale e citando l'istituzione pubblica per gli «ostruzionismi e le omissioni che – si legge – continuano a ostacolare l'accesso a un diritto costituzionale». Secondo i radicali, che cercano di fare del dramma di Mario il primo caso di suicidio assistito in Italia, l'Asur Marche non aveva verificato l'idoneità del farmaco e le relative modalità di somministrazione e il Comitato etico, nell'individuare le linee che l'Asur avrebbe dovuto seguire per le verifiche, aveva omesso qualsiasi riferimento al farmaco, contribuendo a determinare uno stallo nella procedura indicata dalla Corte.
Di qui la denuncia, con lettera aperta, indirizzata anche al governo, per avere procurato «acute sofferenze fisiche, dovute all'aggravarsi delle sue condizioni negli ultimi sedici mesi, cioè da quando è stata presentata la sua richiesta di accedere alla verifica delle condizioni». Nella denuncia si parla anche di «crudeltà, da parte di chi ha accertato una sofferenza intollerabile, senza porvi fine». Secondo l’organismo radicale – che sta sostenendo anche il referendum per legalizzare l’eutanasia – il rischio è che le condizioni di Mario possano aggravarsi fino a non consentirgli di procedere con l'autosomministrazione del farmaco letale. La Regione, da parte sua, con l'Asur, ha espresso solidarietà a Mario ma ha anche fatto presente come a questo punto l'unica strada da seguire sia quella dell'affidarsi all'autorità giudiziaria, dopo avere attivato tutti gli strumenti che la norma consente in queste circostanze.
Sul dramma di Mario si erano espressi sia la Conferenza episcopale italiana sia il cardinale Edoardo Menichelli, assistente nazionale dei Medici cattolici, in un'intervista ad Avvenire. A Mario era giunta tramite Avvenire la commovemte lettera di una malata di Sla.