Vita

Liverpool. L'ordine dei giudici ai genitori: «Non potete trasferire Alfie»

Francesco Ognibene venerdì 13 aprile 2018

La polizia inglese in ospedale per impedire ai genitori di Alfie di portarlo altrove (Fermo immagine da Facebook)

Ai genitori di Alfie è stata recapitata una notifica dai toni perentori nella quale il giudice ingiunge loro di non far uscire il figlio dall'ospedale per trasferirlo altrove, com'è loro desiderio (al Bambino Gesù di Roma, scrive ora per la prima volta apertamente il loro avvocato, e l'ospedale conferma a disponibilità).

In un primo momento il documento, che impedisce loro di replicare la clamorosa iniziativa con la quale giovedì sera avevano tentato di uscire dall'Alder Hey Children's Hospital di Liverpool e bloccato l'esecutività della sentenza per il distacco della ventilazione e della nutrizione assistite, era parso una vera e propria sottrazione della patria potestà con affidamento dei destini del bambino ai Servizi sociali.

Ma se la forma è diversa, la sostanza non cambia: Alfie resta "recluso" (è il termine usato dal legale della famiglia) in ospedale, impossibile portarlo con l'eliambulanza già pronta all'aeroporto di Liverpool (intitolato a John Lennon, cantore della libertà di fare ciò che si preferisce) almeno fino a lunedì, quando il dossier sul bambino tornerà davanti ai giudici. Per uscire dall'impasse nella quale sembrava che il drammatico caso fosse finito, la magistratura inglese aveva infatti rimandato ospedale e genitori davanti alla Corte d'appello, che già aveva stabilito come nel suo "miglior interesse" il bambino dovesse morire.

L'udienza è fissata per lunedì 16.

Imponendo ai genitori di non muovere il figlio senza l'autorizzazione dei giudici, viene ora tolto loro il diritto di poter decidere cosa fare attribuendo allo Stato il pieno controllo del caso. Un atto che potrebbe anche essere l'anticamera per poter passare all'immediata esecuzione di una nuova sentenza favorevole al distacco delle macchine. Diversamente, la mossa resterebbe una gratuita umiliazione di due genitori che solo pochi giorni fa il tribunale aveva comunque lodato per il loro amore verso il figlio malato grave.

Alla famiglia non resta che chiedere di mostrare pubblicamente il sostegno alla loro disperata causa: su Facebook, insieme all'invito a non seguire chi sta cercando di strumentalizzare il caso per altre battaglie non chiare, è apparso l'appello a presidiare pacificamente l'area davanti all'ospedale, con l'avvertenza - molto british - di non occupare la strada e non disturbare le attività del grande ospedale pediatrico. Un modo per prevenire eventuali eccessi e per mostrare uno stile che anche la polizia di Liverpool ha apprezzato riferendosi alla compostezza della manifestazione spontanea inscenata nella tarda serata di giovedì.

Quella che è trascorsa tra giovedì e venerdì è stata una notte - molto breve - di riposo per i genitori di Alfie Evans dopo le scene convulse di giovedì sera, quando la polizia è intervenuta in forze su invito della direzione dell'Alder Hey Children's Hospital di Liverpool per evitare che Tom, Kate e il loro bambino potessero andarsene e sottrarsi così all'esecuzione della sentenza che prevede - non si sa né dove né quando, ma certamente molto presto - il distacco dei supporti vitali e dunque la morte per soffocamento del piccolo la cui vita (sono parole del tribunale) è ritenuta ormai "inutile".

L'intervento degli agenti ha come sollevato l'immediata reazione di quanti sostengono la causa degli Evans e che, richiamati dalle notizie diffuse via social, sono accorsi in centinaia sotto l'ospedale dando vita a una clamorosa manifestazione spontanea di sostegno. La scena surreale che si è creata - polizia fuori dall'ospedale, polizia dentro - ricordava più l'intervento per sedare una rivolta, e in effetti di rivolta in corso si tratta: la commovente mobilitazione in Inghilterra e nel mondo di una schiera di persone di ogni tipo che si sentono toccate nel profondo dalla vicenda di un bambino al quale uno Stato tra i più sviluppati e ricchi del mondo vuole spegnere la vita solo perché gravemente disabile e senza apparente speranza di poter migliorare. L'ondata di indignazione e di affetto ha dato straordinaria forza a Kate e Tom. Il papà a notte fatta è sceso in strada per ringraziare la folla del sostegno.

Nel frattempo i legali della famiglia hanno avviato una serrata trattativa con l'ospedale, che pare preoccupato anzitutto di essere sollevato da ogni responsabilità per il trasporto del piccolo - ovviamente a cura della famiglia - e di non subire conseguenze per la mancata esecuzione della sentenza del giudice, confermata mercoledì. La situazione nella mattina di venerdì dunque appare di stallo, in attesa di sviluppi.

Quali? La comparsa di un'équipe medica polacca pronta a prendere in carico Alfie trasferendolo in condizioni di sicurezza in un altro centro clinico poteva far supporre che la destinazione finale fosse la Polonia, Paese nel quale si è registrata una mobilitazione informale (e ignorata da quasi tutti i media) analoga a quella alla quale, come per Charlie Gard l'estate scorsa, stiamo assistendo in Italia. Ma si tratterebbe solo della società che gestisce il servizio di eliambulanza contattata dalla famiglia, e che sarebbe pronta a portare il bambino dove i genitori hanno scelto di farlo ricoverare. E qui la partita si fa più complessa, anche perché qualunque decisione sarà successiva alla soluzione del già ingarbugliato nodo legale della "liberazione" del bambino dall'ospedale di Liverpool dove - di fatto - in questo momento si trova trattenuto con tanto di agenti di polizia sulla porta della camera nel reparto.

Il Bambino Gesù di Roma nel pomeriggio si è detto "pronto ad accogliere il piccolo Alfie Evans, qualora la famiglia possa trasferirlo in Italia". "Siamo stati contattati diversi mesi fa, e una nostra équipe ha visitato il bimbo", fanno sapere dall'ospedale del Gianicolo.
Agli specialisti italiani era stata chiesta una 'second opinion'. Alfie è stato visitato in settembre da un'equipe di anestesisti e
neurologi del Bambino Gesù. Il piccolo soffre di una rara malattia neurologica che appartiene alla famiglia delle epilessie. "Abbiamo
suggerito un supplemento d'indagine per identificare il tipo specifico di malattia rara del bimbo, a scopo di ricerca", dicono dal Bambino Gesù. Per Alfie, infatti, non ci sono possibilità terapeutiche.

La situazione era precipitata nella serata di giovedì per Alfie Evans, il bambino di 23 mesi affetto da una malattia degenerativa per la quale i medici dell’Alder Hey Children’s Hospital dov’è ricoverato da mesi non sono riusciti ancora a identificare neppure il nome. Il magistrato della Corte di Londra, al quale l’ospedale si era rivolto per ottenere la disposizione definitiva di staccare i macchinari che consentono nutrizione e respirazione, aveva indicato giorno e ora per procurare la morte al bambino ritenendolo ormai senza speranze di migliorare e, anzi, oggetto di accanimento.

Dove andrà dunque Alfie? La domanda è legittima, ma non ha senso porsela finché non sarà risolta la questione legale: è tutt'altro che scontato infatti che il bambino venga liberato, e dunque la sua sorte è ancora appesa a un filo. Ma di certo sarà impossibile dimenticare l’irruzione in ospedale degli agenti di polizia che hanno preso il controllo di un ospedale per bambini come se al suo interno fosse asserragliato un pericoloso criminale.

Nel video la polizia in ospedale:


Una folla crescente di manifestanti convocati dal tam tam dei social network, dove rimbalzano i video di papà Tom e mamma Kate intenti a cercare di uscire e dei poliziotti nel reparto pediatria, si è radunata sotto l’Alder Hey Hospital. Per chiedere, se non il buon senso di affidare il bambino ai suoi genitori, almeno un poco di residua umanità a uno Stato che pare accecato dalla volontà di disporre della vita altrui ove la giudichi – come ha detto il magistrato – ormai «futile».

Nel video il padre vuole portare altrove il figlio: