Alfie Evans. Oggi i giudici inglesi potrebbero confermare la sentenza
Un fermo immagine dell'intervista di Thomas Evans davanti all'ospedale pediatrico di Liverpool
Nell'attesa dell'ultimo round in tribunale, lunedì 16 aprile, sulla sorte del piccolo Alfie Evans, il bimbo di 23 mesi affetto da una malattia letale ancora ignota e bloccato dai giudici nell'ospedale di Liverpool, da più parti si contesta la presenza della polizia in corsia per evitare che i genitori mettano in atto il loro proposito di trasferirlo altrove.
Il Bambino Gesù di Roma si è già detto disponibile ad accogliere il bambino e i suoi genitori, ipotesi su cui spingono anche i giovanissimi papà Tom e mamma Kate, 21 e 20 anni appena. L'associazione che in Italia rilancia questa possibilità è Steadfast, che ha tradotto la lunga conferenza stampa di Thomas Evans ieri sera davanti all'Alder Hey Hospital di Liverpool.
Qui di seguito le parole di Tom Evans
«L'Alder Hey (AH) ha detto alla polizia che Alfie è sotto la giurisdizione della Corte. L'aereo era già lì, pronto e in attesa: dovevamo partire entro un'ora. In quel momento l'Alder Hey non aveva alcun dovere di assistenza. Non hanno alcun diritto di somministrare farmaci o qualsiasi altra cosa. Non hanno il mio consenso o della madre. Ma la scorsa notte ci hanno messo in stallo di proposito, sapendo che l'aereo avrebbe dovuto ripartire in orario. Il ventilatore era stato approntato accanto al letto di Alfie dai nostri medici, qualificati quanto i medici dell'AH, pertanto vogliamo sapere perché i medici dell'AH hanno combattuto con i nostri medici che avevano l'obbligo di assistenza. Avevamo un aereo pronto sulla pista. Speriamo che l'AH subisca conseguenze per aver mentito alla polizia».
«Alfie ci sta guidando in questo modo. Chiunque ha il diritto di vivere, e abbiamo la libertà di muoverci. Abbiamo il diritto di lasciare il paese, abbiamo il diritto di vivere. Siamo figli di Dio. È semplice, nessun medico o giudice può giocare a fare Dio. Altri ospedali vogliono fare di più per mio figlio di quanto l'ha abbia fatto l'AH. L'Alder Hey ha mentito alla polizia. Dovranno subirne le conseguenze. Il giudice Hayden ha affermato il falso [dicendo] che mio figlio ha una patologia mitocondriale. Se leggesse accuratamente la cartella clinica vedrebbe che non ha [una patologia] mitocondriale. Ha un difetto mitocondriale ma non ha alcuna diagnosi».
«Sebbene il giudice abbia stabilito una data, noi combattiamo finché Alfie non morirà da solo e non perché gli viene staccato un tubo, soffocando mentre è sedato al massimo così che non possa respirare anche se ne avrebbe la capacità. Stiamo facendo del nostro meglio per portarlo in un altro ospedale dove possa essere curato e abbia una diagnosi, per vedere se possiamo trovare una terapia. Qual è il senso di staccargli il tubo [che lo ventila] quando lo tollera al 100%? Noi vogliamo portarlo in un altro ospedale che voglia curare Alfie. Perché l'AH sta lottando così duramente con me e Kate? Cosa hanno da nascondere? Alfie è sotto alte dosi di farmaci e l'AH sta evitando di ridurre le dosi. Non abbiamo dato alcun consenso o la nostra firma».
«Cosa ci riserva il futuro per i nostri bambini con disabilità? Mio figlio potrebbe avere una semplice diagnosi, con una semplice sindrome, gene difettoso, che potrebbe non essere curabile ma ancora essere trattabile sintomaticamente. Io credo abbia una diagnosi semplice. Se fosse danneggiato, il suo volto non sembrerebbe quello di un bambino addormentato che cerca di svegliarsi. Ho chiesto alle infermiere cosa causano le malattie neurodegenerative, tu lo vedi sulle loro facce, sui loro corpi. Alfie non è uno di questi. Alfie sta crescendo, e questo convince me e sua madre che questa non è una patologia che se lo porterà via presto (...). Se lo portiamo in un [altro] ospedale, forse possiamo fermare le sue convulsioni, forse possiamo avere una diagnosi, svegliare Alfie».
«Non si dovrebbe valutare un bambino sulla base di una scansione del cervello. Ieri quando ho provato a prendere mio figlio in braccio ho avuto gli agenti di polizia davanti a me. Volevano farmi arrestare per potermi portare via mio figlio. Perché sanno che sto combattendo e ho ragione. E continuerò a combattere e so dov'è la linea [rossa] e io e Kate non l'abbiamo oltrepassata.Stiamo andando avanti come ci sta dicendo Alfie e vogliamo essere rispettati. Quello che stiamo facendo ce lo chiede Alfie e lo stiamo facendo al 100% per nostro figlio».
«AH in 15 mesi ci ha offerto solo di rimuovere il tubo, non ci hanno mai offerto un piano di trattamento. Non mi hanno mai messo seduto per spiegarmi le conseguenze delle dosi di farmaco. Non mi hanno mai fatto sedere per chiedermi alcun consenso. Non mi hanno mai messo a sedere per dirmi qual è il piano di trattamento. Mi hanno fatto sedere e mi hanno detto che cosa è nell'interesse di Alfie dal 31 dicembre 2016 fino ad ora: rimuovere il tubo, staccarlo dal ventilatore. E non volevano rimetterglielo. Quanto è sbagliato. Quando vedi un bambino che non è nemmeno in supporto vitale ma che ne ha bisogno di nuovo? È andato oltre tutte le aspettative. Anche se ha sfidato le aspettative, uccidiamolo, facciamolo morire. Questo è ciò che ci sta succedendo. Alfie è un combattente. Non lo lascerò morire qui. Lo porterò a casa o in un altro ospedale. Ci hanno tolto persino la possibilità di trasferirlo in un altro ospedale. Ci hanno portato via tutto».
«Abbiamo un appello lunedì ed è per la libertà di movimento. Io rimango calmo e devo rimanere sano di mente per il bene di Alfie. E lo farò fino alla fine. La polizia è lì e deve stare a guardarmi cambiare il pannolino, fargli le coccole. Loro possono arrestarmi per aggressione se provo a prendere Alfie. Voglio mantenere il rispetto verso gli altri genitori, che sono intimiditi dalla polizia. Sto facendo quello che ho sempre avuto intenzione di fare, che è mio figlio sia libero da condanne. Perché hai un po' di danni al cervello non significa che devi essere ucciso. Se domani ho un incidente e subisco un danno cerebrale del 20 %, vuol dire che devo morire? No, non è così. Si tratta di Alfie e ha il diritto di andarsene, e se dovesse succedere che lui muoia in Italia almeno ci abbiamo provato. E almeno abbiamo cercato di raggiungere una diagnosi. E credo in Italia che raggiungeremo una diagnosi. Vogliamo andare in Italia, il Papa sa che vogliamo andare lì. Stiamo aspettando che il Papa parli di nuovo. Vogliamo l'asilo. Vogliamo andare in Vaticano dove l'ospedale è pronto. Vogliamo andare».
L'associazione Steadfast Onlus, nell'ambito del progetto LifeAid, in contatto diretto con la famiglia, ha raccolto l'appello della famiglia di Alfie Evans e si augura che un nuovo intervento di papa Francesco, dopo il tweet pubblicato nei giorni scorsi, possa contribuire al fatto che «Alfie possa essere lasciato libero di venire in Italia all'Ospedale Bambino Gesù».