Pastorale sanitaria. «In corsia da cristiani per vincere l’isolamento»
Al termine del biennio di emergenza pandemica l'Associazione italiana di Pastorale sanitaria (Aipas), come da quasi quarant'anni, accosta alla cura corporale degli infermi il bisogno spirituale e morale, offrendo un accompagnamento competente, sollecito e rispettoso. Siamo sacerdoti diocesani, diaconi, membri di istituti maschili e femminili di vita consacrata e laici impegnati nel servizio di cura. Particolarmente legati alla storia dell'Aipas sono gli ordini religiosi. Ogni anno al Convegno Cei di Pastorale della Salute – com’è accaduto anche quest’anno a Cagliari, dal 10 al 12 maggio – cerchiamo di alternare le loro voci: in questa edizione quella di tre operatori sanitari specialisti in cure palliative dell'Unità di Oncologia e Geriatria all'Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma. L'infermiera Chiara Innamorati e la coordinatrice Daniela Algenii hanno illustrato un'indagine sul «vissuto degli infermieri che hanno prestato assistenza ai pazienti affetti da Covid-19». È emerso che «per gli infermieri le emozioni provate hanno avuto un peso rilevante. La comprensione e la gestione del proprio stato d'animo in nessun modo potevano essere ignorate, pena burnout e scadente efficienza nell'assistenza prestata. Dunque, prestare attenzione alle esperienze degli infermieri durante la pandemia è un prerequisito per continuare a fornire cure sanitarie adeguate e migliorarne la qualità». Secondo Giulia Nazzicone, medico, «come operatori sanitari cristiani abbiamo la grande responsabilità di contrastare con responsabilità l'isolamento dei più fragili, la paura che ci fa fuggire davanti alla malattia, il tentativo di chiudere gli occhi alla sofferenza con scelte di morte in contrasto con il principio cardine della nostra professione: la salvaguardia della vita».
Presidente Associazione italiana di Pastorale sanitaria