L'inchiesta. Affidi illeciti a Reggio Emilia, riaperti 5 casi
Saranno avviate cinque nuove istruttorie su altrettanti casi finiti nell’inchiesta "Angelo e demoni" a Reggio Emilia. Il Tribunale dei minori di Bologna presieduto da Giuseppe Spadaro, che ha competenza su tutta la regione, alla luce di quanto emerso dagli accertamenti decisi dalla procura reggiana, ha deciso di rivedere alcuni procedimenti. Per esempio, a proposito di una famiglia in cui un bambino, era stato collocato in un altro nucleo familiare, è stato deciso di togliere la tutela ai servizi sociali della Val d’Enza, dopo che la dirigente dei Servizi, Federica Anghinolfi, è finita ai domiciliari insieme ad altri funzionari.
Finora sono 29 gli indagati e 17 le persone ai domiciliari. In questo caso la tutela è stata affidata a un servizio sociale di un’altra zona. Per gli altri casi che il Tribunale per i minorenni ha deciso di riaprire, saranno disposte nuove consulenze tecniche d’ufficio ("ctu"). L’incarico sarà affidato ad altri terapeuti che dovranno ridefinire i profili psicodiagnostici dei minori coinvolti e verificare la congruenza di quanto scritto nelle relazioni delle psicologhe finite sotto inchiesta. L’obiettivo è anche quello di verificare la capacità genitoriale dei padri e delle madri i cui figli erano stati allontanati dai servizi sociali della Val d’Enza. Nel caso in cui quelle valutazioni diagnostiche non venissero considerate opportune – come sembrerebbe emergere dalle circostanze descritte nell’ordinanza della procura di Reggio Emilia – si riaprirà la strada per il ritorno in famiglia dei minori.
È evidente che se le relazioni dei servizi e dei terapeuti sui bambini allontanati dalle famiglie e dati in affido con procedure tutt’altro che trasparenti, dovessero essere considerate incongruenti dalla nuova "ctu", il Tribunale dei minori di Bologna potrebbe anche valutare l’opportunità di costituirsi parte civile per frode processuale.
Insieme ai bambini e alla loro famiglie, anche i giudici minorili finirebbero per considerarsi in qualche modo vittime dell’azione delittuosa orchestrata da servizi sociali e dagli psicologi che operavano per far emergere i presunti abusi sui minori. Un’opportunità che, in ogni caso, verrà presa in esame solo in seguito. In questi giorni dagli uffici del Tribunale non trapela nulla. Sia perché sono ancora in corso gli accertamenti avviati dagli ispettori del ministero della Giustizia. Sia perché la delicatezza delle indagini e l’esigenza di tutelare per quanto possibile minori vittime di una doppia e terribile sofferenza – l’allontanamento dalle loro famiglie e gli interrogatori condotti con metodi capziosi e considerati dai magistrati viziati da "falso ideologico" – impone di procedere con ogni cautela.
Anche perché, giorno dopo giorno, altri episodi vanno ad aggiungersi a quanto emerso nei primi giorni dell’inchiesta e, anche su questi nuovi casi, dovrà essere fatta piena luce. C’è per esempio l’episodio di una psicologa che avrebbe adottato una bambina marocchina da lei stessa allontanata dai genitori perché accusati di aver abusato di lei. Nonostante gli accertamenti avessero escluso segni di violenza, il procedimento si è concluso con la condanna della madre e la dichiarazione di adottabilità delle due figlie. La minore sarebbe stata adottata, sulla base dell’articolo 44 della legge 183 – "adozione in casi speciali" – dalla stessa psicologa nonostante la sua condizione di single.
Un caso in più da mettere sotto la lente per il «monitoraggio capillare» annunciato mercoledì dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, nel corso del question time, rispondendo a un’interrogazione sulla vicenda proprio degli affidi illeciti in Val d’Enza. Bonafade intende fare luce sulle procedure di affido in tutto il territorio nazionale, incrociando il più possibile i dati che arrivano dai vari uffici giudiziari. Obiettivo, un «controllo rigoroso» sugli operatori del settore e gli addetti ai lavori.