Pontificia Accademia Vita. Il Papa: tecnologie sempre più pervasive, difendiamo l'uomo
Nel tempo che sperimenta l’affermarsi (ma sarebbe meglio dire il dilagare) delle tecnologie digitali, immerse nella nostra stessa vita quasi a confondersi con essa – dagli algoritmi all’intelligenza artificiale –, «è importante una seria riflessione sul valore stesso dell’uomo». Ad ascoltare il Papa mentre riflette sull’«impatto delle nuove tecnologie sulla definizione di “uomo” e di “relazione”, soprattutto in merito alla condizione dei soggetti vulnerabili» sono scienziati, filosofi, teologi e bioeticisti che da tutto il mondo convergono a Roma per il workshop internazionale «Convergere sulla persona. Tecnologie emergenti per il bene comune», ricevuti in udienza nella mattina di lunedì 20 febbraio proprio all’inizio dei loro due giorni di lavori. Nel magistero di Francesco – dalla Laudato si’ alla Fratelli tutti, a innumerevoli interventi – è ben presente la consapevolezza della criticità del nostro rapporto con le nuove tecnologie, risorsa indispensabile e insieme presenza che può portare a forme di idolatria, spersonalizzazione e scarto.
Il Papa avverte che «la forma tecnologica dell’esperienza umana sta diventando ogni giorno più pervasiva: nelle distinzioni tra “naturale” e “artificiale”, “biologico” e “tecnologico”, i criteri con cui discernere il proprio dell’umano e della tecnica diventano sempre più difficili». La questione è culturale: «Occorre ribadire con decisione l’importanza del concetto di coscienza personale come esperienza relazionale, che non può prescindere né dalla corporeità né dalla cultura. In altre parole, nella rete delle relazioni, sia soggettive che comunitarie, la tecnologia non può soppiantare il contatto umano, il virtuale non può sostituire il reale e nemmeno i social l’ambito sociale. E noi siamo nella tentazione di far prevalere il virtuale sul reale: è una tentazione brutta, questa».
Quella dell’umano insidiato da una tecnologia lasciata spadroneggiare senza controllo è una delle tre «sfide» indicate dal Papa. Le altre due sono «il cambiamento delle condizioni di vita dell’uomo nel mondo tecnologico» e «il concetto di “conoscenza”».
Quanto alla prima, Francesco osserva che «il rapido sviluppo dei mezzi tecnici rende più intensa ed evidente l’interdipendenza tra l’uomo e la “casa comune”», esplicita nel fatto che «c’è un’accelerazione geometrica, non matematica –, sia nell’ambiente che nelle condizioni di vita dell’uomo, con effetti e sviluppi non sempre chiari e prevedibili». Gli effetti di questo moto impetuoso sono sotto i nostri occhi nella forma di «varie crisi, da quella pandemica a quella energetica, da quella climatica a quella migratoria, le cui conseguenze si ripercuotono le une sulle altre, amplificandosi a vicenda». Per uno sviluppo «sano» occorre tenerne conto.
Quanto allo statuto della conoscenza oggi – terza sfida indicata dal Papa – la questione si fa sottile ma decisiva, perché «il tipo di conoscenza che mettiamo in atto ha in sé dei risvolti morali»: «È ad esempio riduttivo – spiega Francesco – cercare la spiegazione dei fenomeni solo nelle caratteristiche dei singoli elementi che li compongono. Servono modelli più articolati, che considerino l’intreccio di relazioni di cui i singoli eventi sono intessuti. È paradossale, ad esempio, riferendosi a tecnologie di potenziamento delle funzioni biologiche di un soggetto, parlare di uomo “aumentato” se si dimentica che il corpo umano rinvia al bene integrale della persona e che dunque non può essere identificato con il solo organismo biologico. Un approccio sbagliato in questo campo finisce in realtà non con l’“aumentare”, ma con il “comprimere” l’uomo». Determinante perché ciò non accada è il pieno esercizio del diritto alla salute, che scongiura le derive disumanizzanti: il Papa qui tocca uno dei temi che, nella difesa della vita, più gli sono chiari parlando di «urgenza che la distribuzione delle risorse e l’accesso alle cure vadano a vantaggio di tutti, perché siano ridotte le disuguaglianze e sia garantito il sostegno necessario specialmente ai soggetti più fragili, come le persone disabili, ammalate e povere».
Il compito di «vigilare sulla velocità delle trasformazioni, sull’interazione tra i cambiamenti e sulla possibilità di garantirne un equilibrio complessivo» è «enorme». Un contributo importante può arrivare dalla «saggezza secolare» delle «grandi tradizioni religiose», che già hanno collaborato – auspici la Pontificia Accademia per la vita e il suo presidente monsignor Vincenzo Paglia – su fine vita e intelligenza artificiale in due recenti riflessioni condivise. Un nuovo documento dell’Accademia sui temi del convegno di questi giorn