Ru486. L'aborto farmacologico diventa fai-da-te, l'annuncio (via tweet) del ministro
La pillol abortiva
Via libera all'aborto farmacologico in privato, ciascuna a casa sua, con la dotazione di pasticche consegnate dall'ospedale. È di questa mattina presto il tweet con il quale il ministro della Salute Roberto Speranza annuncia che le nuove linee guide prevedono l'aborto farmacologico in day hospital e fino alla nona settimana di gravidanza.
Il tweet del ministro Speranza - Twitter
Un annuncio a sorpresa, anticipato solo da Repubblica, che oggi ne ha fatto il titolo di apertura della prima pagina, e dal Messaggero. A sorpresa perché si parla di un parere favorevole del Consiglio superiore di Sanità del quale al momento non c'è traccia ufficiale, e di Linee guide che "saranno approvate" (così scrive Repubblica) e che il ministro invece dà per approvate ("prevedono"). Secondo Repubblica inoltre le linee guida "invitano a favorire il day hospital". Si attende chiarezza su un tema così importante, al quale certamente non si addice la politica degli annunci non accompagnata dalla trasparenza e dalla pubblicità dei documenti.
L'aborto chimico ricorrendo alla pillola abortiva Ru486 e dopo alcuni giorni a un farmaco che permette l’espulsione del feto, è utilizzabile negli ospedali italiani come alternativa a quello chirurgico. Quando il metodo fu accettato nel nostro Paese, si dispose che l’intera procedura avvenisse in regime di ricovero, come accade per il metodo "tradizionale".
Le precedenti linee guide risalgono al 2010, quando il mifepristone (RU486) fu registrato in Italia. Prevedevano per l'appunto tre giorni di ricovero, il tempo necessario per l'espulsione del feto e le verifiche sullo stato di salute della donna. Inoltre prevedevano il limite massimo di applicazione alle 7 settimane di gestazione, mentre ora, a quanto è dato capire, si potrà arrivare alle 9 settimane (63 giorni di gestazione).
Alcune Regioni nel tempo hanno superato le linee guida, bypassando il ricovero con la firma delle dimissioni volontarie e rendendo la pratica (la somministrazione delle pillole) sempre più ambulatoriale. Lo stesso Consiglio superiore di Sanità si era già pronunciato per tre volte (2004, 2005 e 2010) sempre indicando il ricovero ospedaliero.
Tra i primi a gioire per la novità c'è il ginecologo Silvio Viale, responsabile del Day Hospital ginecologico del Sant'Anna di Torino, su Facebook: «Sono sette anni che applico il Day Hospital e vado oltre le 7 settimane di gestazione. Non ero io il fuorilegge».
La senatrice Leu Loredana De Petris parla di "un passo avanti fondamentale sulla strada della civiltà", idea ripresa anche dal collega senatore Nicola Fratoianni e da parlamentari di altri partiti, come la senatrice del Movimento 5 Stelle Emma Pavanelli. Si tratta di un concetto da chiarire meglio. Infatti non c'è alcuna conquista di civiltà nel togliere tutele alle donne e fare dell'aborto un fatto privatissimo. Che si tolgano tutele alle donne è un fatto: secondo quanto si legge su Repubblica, le gestanti riceverebbero il mifepristone in consultorio o in ambulatorio e dopo mezz'ora potranno tornare a casa, per poi ripresentarsi dopo due settimane per la visita di controllo. Ma i sanitari devono verificare che la donna non sia sola a casa (e come?) e che non sia in stato di ansia. Tra le donne che sarebbe meglio escludere, infatti, ci sarebbero quelle con bassa soglia del dolore, molto ansiose e che vivono in condizioni igieniche precarie. Si capisce da una parte come sia difficile verificare queste condizioni, e dall'altra come la donna in molti casi finirebbe per vivere l'aborto in totale solitudine, lasciata a se stessa. Sconcertante poi come tante reazioni esultanti parlino di un passo verso una maggiore libertà delle donne. Libertà di essere sole, di certo. Libertà, probabilmente, di fare tutto di nascosto, deresponsabilizzando in tanti casi i compagni.
Una possibile spiegazione alla scelta del ministro si può trovare in un altro passaggio: nel parere del Consiglio superiore di Sanità, infatti, si sottolineerebbero anche i vantaggi economici, in termini di risparmi per la sanità pubblica. Su questo, non c'è dubbio.
L'aggiornamento delle Linee guida interviene dopo il caso Umbria: lo scorso giugno la Regione a guida leghista aveva deciso di cambiare il proprio orientamento, riformando la delibera pro-day hospital del 2018 (firmata da una Giunta a guida Pd) e adottando il regime del "ricovero ordinario", com’è in suo potere, secondo le raccomandazioni ministeriali del 2010 e in base a quanto prevede la legge 194 (articolo 8: «L’interruzione della gravidanza è praticata da un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso un ospedale generale»). La decisione umbra ha suscitato una valanga di proteste e la richiesta da parte dell'opposizione di centro sinistra al ministro Speranza di fare chiarezza. Ora, dopo il pronunciamento a sorpresa del ministro, arriva da più parti la richiesta alla governatrice dell'Umbria, Donatella Tesei, di rivedere la sua delibera. Ad esempio Laura Boldrini, deputata del Pd, che in un tweet ringrazia il ministro Speranza a nome delle "deputate dell'intergruppo per le donne" e aggiunge: «Ora in Italia l'IVG con Ru486 si può fare senza ricovero, come in altri paesi UE», come se questo fosse un criterio di per sé buono e auspicabile.
Di parere opposto la presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, che parla di «balzo indietro per le donne e non un passo in avanti verso una maggiore 'libera autodeterminazione femminile' come vuol far credere la sinistra. Non calcolare il rischio potenziale che questa scelta comporta è da irresponsabili - prosegue - si fa furore ideologico sul corpo delle donne, calpestando il principio della tutela della salute e contravvenendo anche a quanto contenuto nella legge 194/78, sulle condizioni di sicurezza richieste per l'interruzione volontaria della gravidanza".
Il Movimento per la vita: donna lasciata sola
Con le nuove linee di indirizzo sulla Ru486 "la donna viene lasciata sola in una situazione non esente da rischi per la salute". Lo afferma la presidente nazionale del Movimento per la Vita Marina Casini. "Si tratta di un aborto vero e proprio. Non è 'meno aborto' per il fatto che non avviene con gli strumenti chirurgici. Siamo di fronte ad una propaganda a favore di questa pillola abortiva Ru486. Siamo di fronte ad una provocazione - sottolinea la presidente di Mpv in un'intervista a Vatican News - che ha uno scopo ideologico: quello di rendere l'aborto un fatto tanto banale, basta in fondo bere un bicchiere d'acqua, da far dimenticare che c'è in gioco la distruzione di un essere umano nella fase prenatale della propria vita".
La nota di Scienza & Vita
"Si aggira il fatto che l'interruzione della gravidanza vada eseguita in condizioni di sicurezza per la donna, prevedendo la legge 194 il ricovero fino all'interruzione della gravidanza che nell'aborto chirurgico coincide con l'asportazione del feto". È il parere espresso da Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita e prorettore vicario dell'Università europea di Roma.
"Consentire invece - prosegue il giurista - che la pillola Ru486 sia somministrata in ospedale e poi la donna possa uscirne ed espellere l'embrione-feto in privato e in totale solitudine, con rischi di gravi e fatali emorragie, è un modo per ridurre la portata della norma di garanzia per la donna, dettata soprattutto dall'interesse di diminuire i costi della procedura abortiva, riducendo i giorni di ricovero". "Si sottovaluta inoltre - conclude Gambino - anche l'impatto sociale del dramma dell'interruzione della gravidanza, che con questa procedura lampo si vorrebbe rendere sostanzialmente una pratica 'fai-da-te', ma che certamente non si attenua normalizzando l'aborto, i cui strascichi psicologici accompagnano la vita di chi lo ha praticato, ma soltanto con un'efficace opera di prevenzione su cui il legislatore è da anni gravemente inadempiente".
Pro Vita & Famiglia parla di un «colpo di mano che legalizza l'aborto a domicilio». «L'aborto che avviene "comodamente" a casa, magari in solitudine, senza assistenza medica per far fronte agli effetti sarebbe segno di progresso e civiltà?», si chiede l'associazione. «La sostanza è che si tratta solo di un impiccio in meno a carico del SSN e che siamo al ritorno a un aborto di tipo 'clandestino', che tanto femministe e sinistre avevano combattuto chiedendo l'ospedalizzazione e il sostegno medico per le
donne».
Domenico Menorello, coordinatore dell'Osservatorio Vera Lex? ha notato: "Prosegue il tentativo di negare la realtà (come per la pdl Zan e le dat) quando essa interroga verso Altro. Essendo il fatto abortivo comunque una decisione provocante, difficile è drammatica, meglio nasconderla e ovattarle, e togliere,rispetto ad essa, ogni coscienza e dunque responsabilità. Così con la ru 486 assunta addirittura senza ricovero una donna non saprà nemmeno se ha o meno effettivamente abortito: il gesto viene nascosto e reso invisibile alla libertà"