Sciopero e tensioni nel Paese. Polonia e aborto, l'appello del Papa
La protesta contro la sentenza della Corte polacca che ha abrogato l’aborto eugenetico sbarra l’accesso alla chiesa della Santa Croce a Varsavia
Ma cosa sta succedendo in Polonia? Manifestazioni di piazza, irruzioni durante le Messe, esercito schierato a difendere le chiese, «sciopero delle donne» (ieri), e poi presìdi davanti ad ambasciate e consolati polacchi... A scorrere i media internazionali, pare che nel Paese abbia preso il potere un regime autoritario che conculca i diritti dei cittadini. Poi si legge meglio – o si legge Avvenire... – ed ecco emergere la verità: una porzione rumorosa dell’opposizione politica e sociale (contro il governo l’una, contro la Chiesa l’altra) sta contestando la sentenza con la quale il 22 ottobre la Corte Costituzionale polacca ha dichiarato incostituzionale l’aborto in caso di possibile malattia o malformazioni del nascituro, il cosiddetto «aborto eugenetico ».
In piazza si reclama un asserito «diritto di abortire», che però non esiste: accogliendo un ricorso presentato nel 2019 da 119 deputati, secondo i quali la norma viola i princìpi costituzionali che proteggono la vita di ogni individuo, la sentenza ha infatti cancellato una delle tre eccezioni in base alle quali l’aborto era depenalizzato secondo la legge del 1993, che lo proibiva sempre salvo «quando test prenatali o altre ragioni mediche indicano un’elevata probabilità di serio e irreversibile deterioramento del feto o un’incurabile malattia pericolosa per la vita». La presidente dell’Alta Corte Julia Przylebska ha sottolineato che la legge è «incompatibile» con la Costituzione polacca e che la legge del 1993 vìola i diritti umani costituzionalmente protetti.
Dunque non una decisione politica ma giudiziaria, non un intervento del governo ma una sentenza a norma di Costituzione. Ma l’interpretazione del «diritto cancellato » ha preso il sopravvento, con tutte le conseguenze cui stiamo assistendo. Peraltro, la legge che consente l’aborto resta in vigore: nel Paese continuerà a essere consentita l’interruzione volontaria della gravidanza nel caso di stupro e di pericolo per la vita della madre, ma non più in caso di malformazioni del feto.
Un cambiamento notevole tenendo conto dei dati del Ministero della Salute: nel 97% dei casi gli aborti oggi sono giustificati per motivi eugenetici. Secondo gli oppositori della sentenza sarà ora inevitabile l’aumento dei viaggi all’estero per abortire e la conseguente possibilità negata ai meno abbienti di accedere ai servizi di Ivg. Tanto basta per scatenare le proteste: dopo le chiese imbrattate e le Messe interrotte da manifestanti con striscioni e urla, ieri è andato in scena nel Paese lo «sciopero delle donne», dall’impiego privato a quello pubblico, con l’adesione solidale di molti uomini.
Per il settimo giorno consecutivo la Polonia ha visto scendere in piazza manifestanti contro il governo e la Chiesa, che aveva accolto la sentenza con un giudizio molto positivo. Intanto a Roma sono state deposte rose bianche e rosse davanti all’ambasciata polacca da dimostranti al termine di una marcia, mentre l’ex presidente della Camera Laura Boldrini chiede che «l’Italia alzi la voce».
A confortare l’impegno della Chiesa di Polonia ieri è intervenuto il Papa, che nel saluto ai pellegrini polacchi al termine dell’udienza generale ha speso parole indirette ma inequivoche: «Il 22 ottobre – ha detto Francesco – abbiamo celebrato la memoria liturgica di san Giovanni Paolo II, in questo anno centenario della sua nascita. Egli ha sempre esortato a un amore privilegiato per gli ultimi e gli indifesi e per la tutela di ogni essere umano, dal concepimento fino alla morte naturale. Per intercessione di Maria Santissima e del Santo Pontefice polacco, chiedo a Dio di suscitare nei cuori di tutti il rispetto per la vita dei nostri fratelli, specialmente dei più fragili e indifesi, e di dare forza a coloro che la accolgono e se ne prendono cura, anche quando ciò richiede un amore eroico. Dio vi benedica!».
Il presidente della Conferenza episcopale polacca monsignor Stanislaw Gadecki all’indomani della sentenza aveva dichiarato che «questa decisione ha confermato che il concetto di 'vita non degna di essere vissuta' è in netta contraddizione con il principio di uno Stato democratico governato dalla legge». Affermazioni contro le quali si è scagliata la contestazione della sinistra e dei gruppi pro choice come la Federazione per le donne e #WyroknaKobiety, sfociata nel «National Women’s Strike» di ieri. Le manifestazioni sono state generalmente pacifiche, come a Varsavia davanti al Parlamento, ma in alcuni casi si sono accesi tafferugli con l’aperta rivolta contro il premier Mateusz Morawiecki già impegnato a fronteggiare il malcontento popolare per la stretta sulle attività nel tentativo di contenere il dilagare del Covid che sta mettendo in ginocchio il Paese.
E mentre in Parlamento si studia come aiutare le famiglie ad accogliere bambini con disabilità alla nascita – vero nodo della questione –, 800 medici hanno firmato una lettera aperta alla Corte Costituzionale nella quale sostengono che il divieto di aborto in caso di feti malformati costituisce una minaccia per la salute fisica e mentale delle donne. Un’anticipazione, a ben vedere, della nuova giustificazione che sarà addotta per motivare gli aborti eugenetici.